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Santa Prisca
La Carretera Federal 95 scende dai 2240 metri di altitudine di Ciudad de México fino alle sponde del Pacifico, ad Acapulco. Percorrendola si incontrano alcune località di notevole interesse paesaggistico e storico, che la Sectur (Segreteria del Turismo messicana) definisce pueblos màgicos.
La prima di queste cittadine è Cuernavaca, rinomata per il suo clima salubre, tanto da essere soprannominata la città dell'eterna primavera. Tra i molti siti da visitare in Cuernavaca vi è la villa e i giardini Borda, ricchi di vegetazione, fontane e un laghetto artificiale. Qui soggiornò anche l'Imperatore asburgico del Messico, Massimiliano, durante il suo breve e infelice regno. Prendiamo nota di questo nome - Borda - perché lo ritroveremo ancora durante il nostro viaggio.
A 150 chilometri dalla capitale federale, lasciato lo stato di Morelos e entrati in quello di Guerrero, si giunge ad un altro pueblo màgico: Taxco de Alarcón, cittadina di circa 50mila abitanti, adagiata su un declivio, a 1780 metri sul livello del mare e circondata da montagne ricche di vegetazione. Il tratto di carretera che entra nella città è stato intitolato a los plateros (gli argentieri). Taxco è infatti il centro messicano più importante per la lavorazione della plata (argento). Un tempo lo era anche per l'estrazione.
Ciò che colpisce di più il viaggiatore, non appena si affaccia sul panorama di Taxco, è la grande chiesa di santa Prisca, che domina la città dall'alto dei suoi due campanili gemelli. L'effetto è straordinario: appare come una grande chioccia circondata dai suoi pulcini. L'abitato, infatti, è costituito da case basse e ravvicinate, intersecato da stradine caratteristiche che confluiscono nel sagrato della chiesa. Non stupisce lo stile, detto churrigueresco, derivato dal barocco e nato in Spagna, che è caratterizzato da un'esasperata decorazione di facciate e interni, in quanto piuttosto comune in questa parte del continente americano sottoposto alla sfera di influenza ispanica. Notevole è piuttosto l'unità di stile, dovuta al fatto che la chiesa di Santa Prisca fu costruita in soli sette anni (1751-1758) e per volontà di una sola persona. L'edificio è imponente: rimase infatti per diversi anni l'edificio di culto più alto di tutto il Messico. Non voglio tuttavia dilungarmi nella descrizione dei contenuti artistici di questa chiesa: ognuno volendo può approfondire la conoscenza dei particolari costruttivi e delle opere pittoriche e scultoree che essa contiene visitando i relativi siti presenti in rete. Ciò che mi ha fortemente incuriosito e che ho cercato di approfondire è stata l'intitolazione di questo tempio a Santa Prisca e la singolare personalità dell'uomo che volle con estrema decisione costruirlo a sue spese: don Josè de la Borda.
Fu un uomo eccezionale, pur se poco conosciuto in Europa in quanto visse la maggior parte della sua lunga vita (78 anni) in Messico. In Europa era tuttavia nato, nelle terre al confine tra Francia e Spagna, da padre francese e madre spagnola. È quasi certo che nacque a Oleron, una cittadina del Bearn, storica regione dei Pirenei francesi, anche se taluni ritengono sia nato a Jaca, in Aragona, paese d'origine della madre Magdalena Sanchez. Il padre era Pierre Laborde, un ufficiale dell'esercito di Luigi XIV. La coppia ebbe almeno due figli maschi, Francois, il maggiore e Joseph, che nacque intorno al 1700. Francois nel 1708 emigrò in Messico in cerca di fortuna e la trovò nei pressi di Taxco de Alarcòn, sistemandosi in casa di un possidente minerario, il Capitano Verdugo, di cui sposò la figlia maggiore. Francisco de la Borda (aveva ispanizzato il proprio nome) chiamò a sé il fratello, che lo raggiunse, appena diciassettenne, nel 1716. Qui anche Josè si accasò, sposando Teresa, la figlia minore di Verdugo. La coppia ebbe due figli: Ana Maria e Manuel. La bimba morì poco dopo la nascita di Manuel. Dopo alcuni anni Josè lasciò il fratello Francisco e si dedicò alla ricerca di nuovi siti minerari. La fortuna (o la capacità) lo favorì e riuscì ad accumulare una ragguardevole somma, anche grazie all'eredità fraterna (Francisco morì nel 1738) Ebbe poi alterne vicende: alcune delle miniere si esaurirono, ma egli, a volte in extremis, riuscì sempre a trovarne di nuove e altamente produttive. Si dice che divenne l'uomo più ricco dell'intero Messico e tra i più ricchi del mondo. Oltre alla casa in Taxco possedeva una sontuosa abitazione, Casa Borda, a Ciudad de México e la tenuta Giardini Borda a Cuernavaca. Qui si ritirò negli ultimi anni della sua vita e morì nel 1778. Ebbe come motto: "Dio dà a La Borda e La Borda dà a Dio".
Questa in breve è la biografia di Josè de la Borda, documentata e reperibile in rete, da dove ho attinto le informazioni che qui ho riassunto.
Fin dal momento in cui seppi che l'imponente chiesa di Santa Prisca in Taxco fu costruita per volontà e con i denari di un solo uomo, mi chiesi quali fossero i motivi che lo avevano spinto a prendere questa decisione. Facendo ricerche su de la Borda mi sono imbattuto in diverse contraddizioni. Lo si ricorda come un uomo pio e dedito ad opera di bene: ce lo dice il suo motto, lo disse l'arcivescovo della Nuova Spagna Antonio Jimenez y Frias: "Un possidente minerario che si distingue per la sua carità, raro per la sua virtù, eccezionale per la sua umiltà, una fenice per le sue vedute liberali e, in una parola, un eroe tra i proprietari di miniere di questa parte dell'America!" In una pergamena inviatagli dal Vaticano, il papa Benedetto XIV (che non era certo un papa reazionario) lo dichiara suo amico.
Nel contempo è ricordato per il crudele e inumano sfruttamento dei nativi nelle sue miniere. Per dovere di cronaca dobbiamo dire che nel secolo XVIII lo schiavismo era purtroppo largamente praticato e senza alcuno scrupolo di natura etica o religiosa in tutte quelle parti del mondo assoggettate alle potenze coloniali. La stessa chiesa cattolica era piuttosto ondivaga nella condanna di questa pratica ignobile e, in ogni caso, le sue esortazioni venivano tranquillamente ignorate da coloro che la sfruttavano ricavandone enormi profitti.
Il fatto che Josè de la Borda spendesse una fortuna per costruire una monumentale chiesa in una cittadina tutto sommato di secondaria importanza può apparire una stranezza, ma per alcuni uomini (che ovviamente se lo possano permettere economicamente) la smania di voler perpetuare il ricordo del proprio nome nei secoli a venire può essere una motivazione più che plausibile. D'altronde spinse anche a commettere gesti insensati, come ad esempio bruciare il tempio di Diana in Efeso! Intorno all'edificazione di Santa Prisca nacquero due leggende. Si racconta infatti che Josè de la Borda, in un momento in cui la fortuna pareva averlo abbandonato, proprio il giorno della commemorazione della Santa (18 gennaio) perlustrasse i dintorni di Taxco alla ricerca di nuove vene di minerale. All'improvviso il suo cavallo inciampò in un sasso, che si rivelò essere l'affioramento di un esteso giacimento di minerale d'argento. La nuova miniera ridiede enormi ricchezze a La Borda, che volle ringraziare la Santa dedicandole la grandiosa costruzione. Si narra poi che durante la edificazione del tempio, un violento temporale stesse per scatenarsi sulla cittadina. Si era in una fase della costruzione in cui tale evento avrebbe prodotto la devastazione del cantiere. Ma in alto, nel cielo sopra le montagne intorno a Taxco, apparve Santa Prisca che provvide a scacciar via i neri nuvoloni carichi di tempesta.
L'unico figlio di Josè, Manuel prese gli ordini sacerdotali, non è dato sapere se per vocazione propria o spintovi dal padre, e divenne parroco di Santa Prisca Accudì il padre in tarda età e lo convinse a trasferirsi in Cuernavaca, dove morì nel 1778. Appassionato di botanica, curò ed abbellì i giardini e i frutteti della tenuta. Oltre alla notevole fortuna economica, aveva evidentemente ereditato anche la passione paterna di erigere chiese. Infatti a lui si deve la costruzione di Nuestra Señora de Guadalupe, nei pressi dei Giardini Borda di Cuernavaca. Ecco dunque un altro tempio dovuto alla devozione e alle fortune economiche di questa straordinaria famiglia! L'intitolazione della seconda chiesa appare del tutto ovvia, in quanto la Vergine di Guadalupe è assai venerata nel Messico e a lei sono dedicate numerose chiese messicane e non solo.
Molto più intrigante è invece chiedersi il perché della fortissima devozione del possidente minerario per una vergine e martire romana dei primordi dell'era cristiana. Le notizie che ci sono pervenute circa questa santa sono poche e controverse, in primis riguardo al periodo in cui visse e subì il martirio. C'è chi colloca la sua morte durante il regno dell'imperatore Claudio (41-54 e. v.) mentre appare più plausibile che il suo martirio sia avvenuto durante il regno di Claudio II il Gotico (268-270 e. v.). Come si vede non è una differenza da poco. Il Martirologio Romano accredita la prima ipotesi, attribuendo importanza al nome Prisca che significa "la prima". E per essere tale, andava collocata nel I secolo. Si dice che fu battezzata da S. Pietro e all'età di tredici anni decapitata, essendosi rifiutata di adorare gli dei pagani. Altra confusione l'ha creata una frase contenuta nell'Epistola ai Romani di S. Paolo, che manda i propri saluti a due coniugi, suoi collaboratori in Roma: Aquila e Prisca. Ma qui cadrebbe evidentemente l'appellativo di vergine conferito alla santa. Sembra inoltre che quella Prisca destinataria dei saluti paolini fosse più nota come Priscilla. Come si è visto la confusione è tanta: l'importante è avere fede!
La chiesa romana a lei dedicata si trova sull'Aventino ed è molto antica (IV o V secolo), già nel 499 viene indicata come "chiesa titolare" ovvero come chiesa di cui viene attribuito il titulus ad un cardinale del Sacro Collegio. Detto per inciso, uno dei più noti cardinali insigniti del titolo di Santa Prisca è Angelo Roncalli, divenuto successivamente papa Giovanni XXIII. Anche la storia della costruzione di questa chiesa ha degli aspetti interessanti. Fu edificata sopra i resti di una casa romana che si dice fosse appartenuta a Traiano prima di salire al potere. Altri reputano sia la casa che ospitò San Pietro nel suo soggiorno romano. Quel ch'è certo è il fatto che la chiesa fu edificata in contemporanea con la costruzione di un sottostante mitreo, ovvero luogo di culto del dio persiano Mitra. Recentemente il mitreo è stato ritrovato, restaurato e oggi è visitabile. Colpisce questa contiguità di lavori: mentre al di fuori si edificavano le navate di un tempio cristiano, si scavava per ricavare un tempio pagano sotterraneo. Ciò conforta la teoria che i due culti, entrambi pervenuti a Roma dall'Oriente, abbiano molte somiglianze e che, quindi, almeno in quel periodo convivessero pacificamente.
Abbiamo visto come questa santa possa essere considerata, stando a quanto c'è stato tramandato, una e trina. Giovinetta tredicenne martire del I secolo, oppure martire del III secolo, o ancora sposa di Aquila e collaboratrice di S. Paolo nel suo apostolato? Se ci dobbiamo attenere alle decisioni delle gerarchie ecclesiastiche, constatiamo che agli inizi prevalse la terza ipotesi e la chiesa fu intitolata ad Aquila e Prisca, ossia i devoti coniugi. Successivamente Aquila fu depennato e rimase soltanto la dedica a Prisca, considerata martire del I secolo. Infatti nell'edificio troviamo un fonte battesimale costituito da un capitello romano incavato, che si ritiene usato da S. Pietro per impartire il sacramento. Nel 1600 fu poi commissionata ad un noto pittore la pala d'altare tutt'ora presente, che raffigura appunto il battesimo di Santa Prisca per opera del principe degli apostoli.
Nella chiesa romana è conservato il corpo della santa (o presunto tale) qui traslato dalle catacombe di Santa Priscilla dove fu inizialmente depositato. E ancora dobbiamo rilevare un ulteriore motivo di ambiguità, perché Priscilla non è altro che il diminutivo di Prisca.
Quello delle reliquie, corpi od oggetti che siano, appartenuti a santi o addirittura allo stesso Gesù Cristo, è un aspetto molto interessante e controverso del Cattolicesimo Romano. Per chi volesse approfondire l'argomento consiglio la lettura de "Le chiavi di San Pietro" dello scrittore francese Roger Peyrefitte. Ogni edificio di culto che si rispetti si fa vanto di possedere importanti reliquie da esporre alla devozione popolare, con particolare riguardo a quelle dei santi a cui il tempio è dedicato. Fu per questo motivo che a Roma molti corpi di santi martiri dapprima inumati nelle catacombe furono traslati, durante i secoli successivi, nelle chiese ad essi intitolate, come nel caso di santa Prisca. Periodicamente succede che vengano effettuate ricognizioni sui corpi santi conservati nelle chiese. Le ossa della Santa furono oggetto di una di queste ricognizioni nel 1104. In questa occasione era presente un prelato francese di nome Galon (o Walon secondo altre fonti) che chiese ed ottenne un frammento del cranio da portare in Francia, dove assurse alla cattedra di vescovo di Parigi. Secondo lo storico francese Louis de Tillemont anche un altro frammento prese la strada per la Francia. Nel 1280 il conte Jean de Soissons portò a Chimay en Hainaut la reliquia, che fu conservata fino al 1552 nella locale abbazia. Nel XVI secolo quel territorio, che oggi si trova suddiviso tra la Francia e il Belgio, era oggetto di aspre contese tra il re francese e il Sacro Romano Imperatore. Fu appunto nell'anno 1552 che Chimay fu messa a ferro e fuoco e della santa reliquia si perse ogni traccia.
Giunti a questo punto, mi sembra opportuno chiarire per quale motivo ho raccontato tutto ciò, facendovi fare a un balzo transoceanico lungo 10. 000 chilometri dal Messico a Roma. Come ho già detto in precedenza, quando scoprii l'esistenza di questa imponente chiesa messicana dedicata ad una santa che è oramai quasi caduta nell'oblio, mi chiesi quale poteva essere la spiegazione della particolare devozione di Josè de la Borda per santa Prisca. Esaurite le notizie documentate che sono riuscito a reperire, non rimaneva che far lavorare l'intuito e la fantasia. Ho quindi focalizzato la mia attenzione sul padre francese di Josè, quel Pierre Laborde ufficiale del Re Sole. Poteva essere stato lui ad inculcare nel giovane figlio un culto speciale per questa santa. In Francia erano state portate due reliquie, una a Parigi, l'altra a Chimay. Entrambe le località sono piuttosto distanti da Oleron sui Pirenei. Inoltre, sul finire del XVII secolo una reliquia era andata perduta, mentre l'altra doveva trovarsi al sicuro (almeno fino alla successiva epoca della Rivoluzione Francese) nella cattedrale di Parigi. Dall'incendio dell'abbazia di Chimay alla nascita di Joseph Laborde passa circa un secolo e mezzo, in termini umani almeno cinque generazioni. Era plausibile che un altro Laborde, soldato anch'esso, antenato del nostro, fosse stato presente alla devastazione di Chimay e, approfittando del marasma generale, si fosse impossessato del reliquiario. Questo, rimasto in possesso della famiglia, sarebbe poi pervenuto a Francois o a Joseph e portato nel Messico. È anche plausibile che la famiglia Laborde attribuisse alla reliquia poteri taumaturgici e propiziatori, come dimostrerebbero le intenzioni di Josè nei riguardi della santa romana.
Se fosse vera questa mia ipotesi, il reliquiario, se esiste ancora, dovrebbe trovarsi conservato presso la Chiesa di santa Prisca in Taxco de Alarcon. Basterebbe chiedere notizie al riguardo, scrivendo al parroco della chiesa messicana. Un giorno lo farò e vi darò prontamente notizia della risposta.
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