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Dal diario di Cesca 2
Questa è una trascrizione dal mio diario che ho fatto per Lei, Prof, e ci terrei che la leggesse, per favore!:
“CD, era la mattina del 5 Giugno, il giorno del mio compleanno, due anni fa, papi mi aveva promesso che saremmo andati tutti a pranzo fuori, sarebbe venuto a prendermi all’uscita da scuola e via, a quel ristorantino sul mare, là, fuori città, lontani dal casino, dallo smog, dal traffico, io, mami e papi, come sempre, in ogni occasione di festa, vicini, uniti, a farci le coccole!
E quel giorno le coccole sarebbero state tutte per me; 15 anni!!! Ci pensi? 15 anni, già grande dentro, ancora piccola per loro due, già “donna” (e questo già te l’ho detto), ma ancora bambina per i miei genitori, 15 anni è già avevo paura di guardarmi allo specchio, e sulle cosce? È cellulite quella? E le faccia? Sembro una mongoloide! Non ho personalità, non ho stile, non so camminare decentemente, non so portare i tacchi alti! Sono una frana, nessuno mi guarderà mai come una donna, ma solo come una bambola di pezza! Una BRUTTA Bambola Di Pezza!
Credo non fossero neppure le 6, quando gli urli di mami mi fecero saltare giù dal letto, stupita, all’inizio incuriosita e infastidita, poi col passare dei secondi e col continuare dei suoi strilli, terrorizzata!
In pochi attimi ho rivissuto tutti i film visti, ed ho prima pensato che i ladri fossero entrati in casa, e sorpresi dai miei, li stessero picchiando, poi le immagini nella mente si sono fatte sempre più brutte e negative, NO non è possibile che sia papi a picchiare mia madre, No lui non le fa queste cose, sono cose da film, No lui NO!!!
Cosa fare? Nascondermi sotto il letto? Chiudere a chiave la porta della mia stanza? Correre in
camera dei miei per vedere cosa sta succedendo?
A piedi scalzi mi sono letteralmente catapultata nel corridoio e da lì nella stanza dei miei…..
Pochi istanti, pochissimi istanti per connettere al cervello quel che i miei occhi videro: mia madre con in braccio il corpo esanime del marito; mio padre con le labbra viola e della schiuma che gli usciva dalla bocca, abbandonato fra le sue braccia come un pupazzo, come il clown di cenci che mi aveva regalato ai miei 4 anni!
Pochi attimi, per capire che un infarto, (il Golem di mio padre, la sua eterna paura), lo aveva davvero, infine, colpito e ucciso. La sua malformazione miocardica aveva avuto ragione della sua forza, del suo coraggio ostinato, della sua voglia di vivere e ridere e cantare al karaoke con me e la mamma.
Poi, la casa invasa da medici prima, e parenti poi; tutto un frastuono, un mulinare di facce, di odori,
di abbracci consolatori; tutto un frullare di immagini, sale e corridoi di ospedale, poi la chiesa e un mucchio di gente mai vista prima, e ancora gente che ti tocca, ti stringe le spalle, ti bacia in fronte, mentre sono lì, come un ebete, senza riconoscere nessuno, senza voler riconoscere nessuno.
Sono stata lontana da scuola per una settimana intera, poi, il Lunedì successivo, (e non avrei voluto farlo) sono tornata al Liceo; devo riconoscere che le compa si comportarono benissimo, qualche abbraccio, tanti, tanti baci, ma pochissime parole, sarebbero state parole di circostanza, inutili, parole maledette e stronze! E loro non me le dissero!
Le ho subite però da tutti quegli imbecilli dei miei Proffi, tutti a fare la stessa faccia di circostanza, tutti a dire fregnacce, la vita è così, la vita è colì e bla!”
Tutti meno che Lei, PDL, Lei fu l’unico, forse per timidezza o forse (e credo sia questa la vera ragione) perché ha un animo gentile che sa percepire il dolore, lo sa condividere senza intrusioni, senza bisogno di dire boiate di circostanza!
Ricordo, quando al cambio di lezione, Lei, entrato in classe e salutati tutti col solito agitare delle mani ( lo faceva sempre anche papa Karol, lo sa?)( no Lei è un ateaccio convinto, non credo nemmeno conosca Papa Karol), mi è venuto vicino, e mi ha appoggiato una mano sulla testa,
e per un attimo molto breve ho percepito il Suo calore e la Sua partecipazione.
Poi mi ha donato quel Suo sorriso speciale, quello tenero, più triste del solito, e quando sono scoppiata a piangere, mi ha dato un fazzolettino di carta, di quelli al profumo di limone, di quelli che usa solo Lei al mondo!!! E sempre senza dir niente, un pat pat sulla spalla, e un:
Andiamo ragazzi, vediamo cosa possiamo scrivere, ognuno a modo suo, ognuno secondo il suo stile, in modo anonimo, per offrire il proprio conforto ad una compagna che soffre.
In modo anonimo, per non aver limiti di pensiero, ognuno di noi scriverà qualcosa su un foglio e poi, faremo un pacchetto di questi pensieri e li legheremo con un nastro verde, e uno bianco, e lo daremo a Cesca, come nostro viatico in questo mondo di dolore.
Forza al lavoro, non perdiamo tempo, su, su, svelti!!!
Ricordo il brusio della classe, chi rimase interdetto per un po’ e poi tutti che scrivevano con la testa piegata sui quaderni, tutti coinvolti, tutti emozionati…..
Ho ancora nel cassetto del mio comodino, quel pacchettino di fogli, alcuni con una sola parola, altri con ragionamenti e spiegazioni…sono ancora qui con me, coi nastrini verde e bianco.
È passato tanto tempo, ora può dirmi perché quei colori? Può dirmi come le è venuta in mente questa cosa dei biglietti anonimi? Può dirmi qualcosa di se che non ha già detto in classe?
Mi vergogno a dirlo ma mi manca il calore della Sua mano sulla mia testa! Non mi ricordo neanche se l’ho mai ringraziata per il suo modo di essere e di comportarsi con noi tutte, aggiungo di mia volontà anche le ragazze, perché credo che anche loro la trovino speciale. Grazie PDL! GRAZIE PROF DI LETTERE!!!! ( di quelle lettere che conserverò per tutta la vita!)
E credo di aver capito, quale fra quei fogli sia il Suo, c’è scritto :
“ chi non soffre non può amare, chi non prova il dolore non può lenire quello altrui, chi non piange non potrà asciugare le lacrime degli innocenti, chi non ride non potrà godere della gioia altrui, chi non vola non potrà conoscere il cielo, chi non prova emozioni non vive, ma vegeta! Cesca, VIVI!!!!!!”
È così? È questa la Sua “lettera“ per me?
Cesca
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