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L'aurora nel deserto
Tunisia marzo 2008
Che freddo che faceva in quella tenda berbera in piena notte, prima di partire avevo comprato un nuovo sacco a pelo ma non mi ero accorto che la taglia era piccola. Così ho rimediato qualche coperta, sporca, ed ho cercato di scaldarmi ma stavo troppo male.
Aspettai che iniziasse a schiarire per uscire. Prima non mi ero fidato, si sentivano strani versi di animali nella boscaglia del'oasi. Durante le precedenti ore passate semisveglio vicino ai miei compagni d'avventura avevo sentito passare il vento el deserto. Ne avevo sentito parlare ma non immaginavo fosse così. È iniziato con un fruscio lontano, è aumentato gradualmente provenendo dalla mia destra è diventato un ululato spaventoso che ha scosso la tenda in modo incredibile. È passato diminuendo d'intensità verso la mia sinistra. Sarà durato 10 secondi, velocissimo. Gli altri nemmeno si sono mossi, forse le mie condizioni me lo hanno fatto immaginare così!
Feci capolino verso le 5 con diffidenza all'esterno, quindi uscii nell'aria gelida. Altra cosa che non avevo mai provato di persona le violente escursioni termiche del deserto, si passa dai 30 gradi diurni allo 0 notturno. Subito rientrai per indossare una giacca pesante, tornai fuori e per prima cosa gettai un'occhiata alle moto, ferme, statuarie e bellissime sotto la luce della luna. Non sapevo cosa fare, rimasi immobile qualche minuto ascoltando ed annusando per decidere il da farsi, probabilmente ero l'unica persona in piedi a qull'ora in tutta l'oasi. Lentamente, quasi automaticamente mi incamminai verso i bagni, la violenza del freddo stava facendo effetto sulle mie reni.
Dovetti sbrigarmi ad espletare e scappare nel buio completo e nella sporcizia.
Prvai ad andare verso la zona ristoro sperando di incontrae qualcuno che mi offrisse una tazza di tè. Nessuno, silenzio assoluto rotto ogni tanto dai versi striduli di chissà che razza di uccelli. Passai accanto alla pozza di acqua sulfurea fumante sorgiva ed arrivai alla fine degli alberi. Scollinai l'ultima duna e mi trovai, ancra nella penombra, davanti al deserto sconfinato e silente. Mi sedetti e mentre l'intensità della luce aumentava iniziai a volare con la mente.
Due giorni prima avevo rischiato di morire, veramente, forse devo dire grazie al mio cuore ed al mio fisico sempre allenati dallo sport.
Soffrendo io molto il caldo ero partito per quel raid africano con abbigliamento tecnico troppo leggero. Grave errore, venivo da 2 mesi di influenze con alti e bassi e negli ultimi 10 giorni mi ero imbottito di antibiotici per non rinunciare a quel viaggio. Inoltre avevo smontato il cupolino alla moto per timore di romperlo nelle probabili cadute tra le piste di sabbia.
A Tunisi-la goulette trovammo temperature più rigide di quelle italiane, pioveva anche e dopo una veloce quanto comica vestizione delle tute antipioggia ci avviammo per il primo trasferimento verso Hammamhet, di notte sotto la pioggia e visibilità bassissima.
Il giorno dopo ci aspettava il trasferimento più lungo fino a Matmata, circa 500 km. Praticamente lo affrontai con abbigliameto estivo visto che c'era il sole ma la temperatura non era molto alta, anzi.
Dopo la sosta pranzo riprendemmo il cammino col sole ancora alto. Riuscii a sopportare le temperature proprio perchè c'era stato il sole tutto il giorno che bene o male mi scaldava. Non mi insospettivano le vestizioni più pesanti degli altri ne tantomeno nessuno mi ha consigliato di ripararmi di più. Come il sole cominciò a calare iniziai a sentire freddo m ormai era troppo tardi. Indossai la cerata antipioggia ma tremavo e sentivo i brividi, e mancavano ancora 100 km. Gli ultimi 50 furono un'agonia. Ero in trance e la strada dopo centinaia di km di rettilinei cominciò ad arrampicarsi e diventare curvosa con asfalto scivoloso. Ormai era buio mi misi in coda al gruppo senza dire niente a nessuno. Rallentavo sempre di più ma riuscii a non perdere di vista le luci posteriori degli altri.
Fortunatmente continuava a starci l'asfalto anche se stavamo addentrandoci nel deserto, se fosse stata sabbia sicuramente non ce l'avrei fatta a continuare, non riuscivo quasi più a gestire la moto, una bestia di 300kg.
Arrivammo all'albergo troglodita, così si chiama perchè scavato nella roccia, e crollai. Non ce la feci nemmeno a scaricare il bagaglio entrai come un fantasma nella hall e mi buttai su un divano di pelle freddissima.
Non c'era un medico disponibile. Ero sdraiato e mi si formò un capannello di persone intorno coi loro pareri sul da farsi. Ma io stavo malissimo, tra me ripetevo"sto morendo".
Passai una delle notti più brutte della mia vita, sempre sveglio, col cuore che batteva velocissimo e sentivo molt freddo dentro quella caverna. Solo la matina dopo mi portarono ad una specie di pronto soccorso a circa 30km. Dai controlli eseguiti coi pochi mezzi che avevano tutto sembrava a posto ma non mi reggevo in piedi, ero svuotato e sentivo sempre freddo. Solo al ritorno a casa e spiegando tutto al mio medico capii di essere andato in ipotermia ed avevo rischiato veramente grosso.
Il trasferimeto da Matmata all'oasi di Kshar Ghilane dove mi trovavo ora era stato un calvario, sotto il sole, 200km di sofferenza con soste continue per riposarmi.
Ora davanti al limite dell'erg tunisino-libico il deserto si estendeva infinito. Come infinito era il silenzio che mi circondava. Dal settembre scorso era iniziato un periodo incredibile e doloroso. La mia vita sentimntale aveva subito uno choc tremendo. Mi si era spento lentamente ed impietosamente il rapporto con la donna che amavo. Ero caduto in depressione, finendo anche nelle mani di medici interessati più al loro portafogli che a me.
In quel silenzio assordante pensavo anche a lei, chissà cosa stava facendo in quel periodo era da ottobre che non le parlavo. Le cime delle dune iniziarono ad arrossarsi. Le lacrime cominciarono e scendere. Fui riportato alla realtà da alcune voci. Erano due motociclisti italiani che essendo arrivati nella notte avevano piazzato le loro tende ai margini dell'oasi. Scambiammo alcune impressioni sui nosti viaggi e sulle nostre moto. Poi tornai a restare solo nel freddo ancora intenso. Le cime delle dune si arrossavano sempre di più.
Dovevo mantenere il cervello impegnato per non tornare a pensare, per non intensificare la sofferenza.
Avevo lasciato la fotocamera in tenda, non mi interessava delle foto, forse in futuro sarebbe stato meglio non ricordare quei momenti. L'alba sarebbe arrivata tra non molto.
Improvvisamente avvertii il profumo acre el fumo di un fuoco, Altri segnali di vita, finalmente.
Istintivamente mi alzai e mi diressi verso la fonte di quel fumo incontrando persone che si dirigevano verso il deserto armati di tele-fotocamere per immortalare la spettacolare alba.
A me non interessava, le mie emozioni le avevo già vissute ed esaurite nella mia solitudine.
Arrivai al fuoco, un tunisino stava bruciando delle foglie di palma secche per la cottura del pane berbero.
Mi scaldai il corpo e l'anima cercando di comunicare con quell'uomo che probabilmente era nato, viveva e sarebbe morto in quel posto. Le voci lontane dei turisti felici delle loro foto quasi mi infastidivano e non capivo perchè, mi ettevano a disagio. Ora, settembre 2008, a mente lucida e dopo aver ripensato a quel periodo tutto mi sembra logico e spiegabile. Allra il mio cuore ancora vagava nelle tenebre, non era pronto all'alba, la rifiutava. Sarebbe arrivata un pao di mesi dopo. E dopo di essa è reiniziata una giornata che ancora è nel pieno del suo svolgimento, piena di sole fonte di vita.
Spero duri, anzi si evolva almeno fino al prossimo viaggio già programmato verso la Patagonia e la terra del fuoco.
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0 recensioni:
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- belllissimo john.. solo ora ho letto il tuo racconto...è semplicemente bellissimo... ti tiene con il fiato sospeso...
- Ce li ho stampati. Ho lo scanner rotto... vedremo...
- Come, ce li hai scritti a mano? Non me conservi una copia sul computer? Un bel copia e incolla e non dovrai farti venire l'artite alle dita sulla tastiera...
- Il nick sempre questo. Il racconto cel'ho ma non mi va di scrivere 30 pagine, per ora...
- Ma quei racconti ce li hai ancora, immagino. ne avrai una copia da qualche parte. Quindi potresti ripubblicarli, no?
A proposito, anche prima avevi lo stesso nick (posto che non sia il tuo vero nome) o un altro?
- In Patagonia ci sono stato ed avevo anche pubblicato il racconto all'epoca, lunghissimo, tipo 30 pagine.
Poi avevo tolto l'account ed ho perso tutti i racconti e le poesie scritte dal 2007.
Grazie per i tui passaggi Bianca
- Mamma mia che avventura... Sembrava di stare lì, in quel deserto freddo e desolato! Credo che i tuoi ricordi non sfumeranno mai del tutto dal momento che ne hai fatto un racconto abbastanza dettagliato... Un'esperienza per certi versi tragica ma che ha fortificato il tuo spirito e la fiducia in te stesso, visto che hai già futuri programmi in serbo! Immagino che, memore dell'esperienza africana e per non avere brutte sorprese, tu ti sia meglio equipaggiato per il viaggio in Patagonia. Magari, chissà, ne farai un racconto (se non l'hai già fatto).
P. S. Ci sono da correggere dei refusi, probabilmente dovuti alla fretta o ad una poco attenta rilettura, per il resto, davvero un bel racconto, vero e sofferto, perchè vissuto in prima persona.
- Nel testo, alla fine avevo anche specificato che questa storia l'avevo già pubblicata sul sito nel 2008, insieme ad altri racconti e poesie. Poi tolsi l'account un periodo ed alla riapertura non li ritrovai più. Pian pianino spero di ripubblicarli tutti, od almeno in parte.
- Grazie Elisa, anche se ormai ho ricordi sfumati di quel periodo
- Un avventuroso viaggio-fugadatestesso dal quale sei uscito indenne e in condizioni di miglioramento psicofisico progressivo.
L'alba non l'hai guardata ma l'hai trovata dentro di te: effetti dell'Africa!
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