Come una corsa, nella notte più tremenda e nel giorno più soleggiato. Stavo correndo privato di ogni mio desiderio se non di quello di salvarmi da quell'oscura tenebra che mi inseguiva, come una maschera di odio pronta a travolgermi. Era un sogno? Un incubo? Mi trovavo in uno degli strani mondi in cui mi aveva trascinato mia sorella Serena? Non ero in grado di dirlo. So solo che attorno a me era tutto buio eccezion fatta per quella scala di vetro sulla quale continuavo a correre e che sembrava non avere fine. Si avvolgeva, come un eterna spirale, su su e poi ancora più su. Non ero in grado di vederne la fine. Quelle ombre mi inseguivano, di tanto in tanto si fermavano, come a volersi prendere gioco di me, e io le osservavo in preda all'ansia mentre loro riprendevano la loro corsa, senza lasciarmi alcuna tregua. Provavo addosso una cieca paura, eppure non ero minimamente in grado di spiegare il perchè. Non erano che immagini fugaci, dal vago contorno, forse addirittura incorporee. Eppure non potevo farne a meno, sudavo freddo, e correvo, correvo ancora e mi affrettavo sempre più su. D'un tratto iniziai a vedere una luce, forse ero giunto alla fine di quel tortuoso e interminabile cammino? E cosa avrei trovato lassù ? una via di fuga o un semplice vicolo cieco? -Non avere paura, le ombre abbracciano la luce, ma se tu abbraccerai le ombre loro non ti distruggeranno- era la voce di mia sorella. Dov'era? non riuscivo a vederla, eppure sentivo chiaramente la sua voce che mi guidava, che mi incitava a fare ciò che mi diceva. Abbracciare le tenebre? Ma come avrei dovuto fare? Non ne avevo la benchè minima idea, eppure sentivo che dovevo seguire il consiglio di mia sorella. Mi fermai, li, in piedi sull'ultimo gradino di quell'interminabile scala, ed attesi. Trassi un profondo respiro, mi voltai con la lentezza di un condannato a morte che si appresta a perdere la vita per mezzo dei propri carcerieri, e fu li che vidi cos'erano in realtà quelle ombre. Erano persone, ma al tempo stesso.. non lo erano. Non saprei come definire le loro espressioni, ma erano come privi di vita, privi di emozioni. Sembrava quasi che gliele avessero strappate via nel più brutale dei modi. Eppure i loro muovimenti erano fluidi e agili, non come quelli di uno zombie privo di vita o di un fantasma che stanco ondeggia sospeso a mezz'aria. Loro si muovevano come se fossero animati dalla vita, eppure ne ero certo, loro non erano vivi. Ormai erano quasi all'ultimo scalino, stavano per travolgermi, sentivo già le loro mani avvicinarsi al mio volto, ma non feci nulla per impedirlo, anzi, allargai le braccia quasi come a volerli accogliere. Da quel momento tutto ciò che ricordo è soltanto che le ombre attorno a me divennero d'un tratto candide e splendenti come fossero illuminate più della stessa luce del sole. Attorno a me c'era una rosea pioggia di petali di ciliegio e d'un tratto tutto mi apparve più chiaro. - Loro sono le ombre della tua anima, sono i ricordi del tuo rimorso e del tuo dolore - Serena, la sua voce era tornata nuovamente a farmi compagnia e rimbombava nel vuoto, come un melodioso canto. - Alex, è arrivato il momento di svegliarti, su queste montagne è rischioso sognare troppo a lungo, rischi di perderti nei mondi dell'illusione in cui vaga la tua mente - Era dunque soltanto un sogno? eppure era un sogno così vero, un sogno così terribile e al tempo stesso così meraviglioso che credetti fosse davvero la realtà. Eppure non lo era, e con questa consapevolezza nel cuore, mi svegliai.