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Il vecchio prete
Stava addosso al finestrino guardando fuori intensamente. Aveva una logora tonaca nera lunga fino ai piedi e un colletto bianco che non era proprio bianco. Appoggiato sul sedile un breviario.
Era un vecchio prete che non se ne vedono in giro da tempo.
Quando gli passai vicino si voltò, e in mano aveva il biglietto che mi porgeva. "Non importa" dissi, "se le interessa guardare fuori può farlo dalla cabina, si sieda al mio posto, vedrà un altro paesaggio" e lui non si fece pregare e si accomodò davanti. Intanto discorreva con pacata lentezza di se e del suo passato. Stava tornando a Venezia, dove risiedeva la sua famiglia e aveva preso il treno. Di solito quel viaggio - dal Polesine a Venezia - lo faceva in auto, ma non gli avevano rinnovato la patente: aveva 85 anni.
"Sono più vecchio di Cossiga" disse, e lo affermò come se l'ex presidente fosse straordinariamente vecchio.
"Cossiga è morto" dissi io.
"Oh, lo so" rispose e si rimise a discorrere della sua infanzia e giovinezza a Venezia, e di come in seguito decise di farsi sacerdote. C'era nelle sue parole una vena di nostalgia e di tristezza, ma era naturale fosse così: era solo un vecchio prete smagrito ecdi bassa statura che periodicamente tornava a casa da un posto nei dintorni di Adria.
"Ha una sua parrocchia?" gli chiesi, "una parrocchietta" disse, dove si occupava di tutto lui, compresi i lavori manuali e quant'altro, degli evidentemente modesti, edifici ecclesiastici che gli erano stati affidati.
"La mia famiglia è molto numerosa" continuò con calma parlando di essa e soprattutto di suo padre che era un ferroviere. Per questo guardava la ferrovia, i treni, i caselli con un interesse che superava la mera curiosità.
"Mio padre era soltanto un manovale, l'ultimo gradino della carriera ferroviaria, e lo fu per moltissimi anni, fino a dopo la guerra, era arrivato a provare vergogna di se stesso per non essere riuscito mai a fare un passo avanti, ma mai aveva aderito al fascismo e improvvisamente, caduto questo, in breve tempo era diventato capotreno".
Poi tornò a parlare di sua madre e dei suoi numerosi fratelli e con fierezza dichiarò che ben quattro di essi, compreso lui, erano diventati sacerdoti. Un fatto abbastanza straordinario. Perfino il Papa, saputolo in qualche modo, volle personalmente conoscerli e li invitò a Roma.
Andarono a Roma tutti quanti, anche la madre, e furono benevolmente accolti da Paolo VI.
Quasi giunti a Mestre lo pregai di tornare momentaneamente in vettura, sarebbe ritornato più tardi, appena sbrigato le formalità dovute con il capostazione che ci avrebbe dato la partenza per Venezia. "Oh, certamente" disse "devo ancora recitare le mie preghiere" e andò a sedersi in vettura. Prese il so breviario e si concentrò su di esso.
Facendo quel che dovevo fare gli gettavo un'occhiata di tanto in tanto a quel prete che pareva uscito da un'altra epoca. Pensai che dovesse assomigliare al mio vecchio parroco che più di quaranta anni prima veniva a prendermi a casa, in certe mattine d'inverno - che magari nevicava - per servire la prima messa. mi veniva a prendere se il tempo era proprio brutto, e io abitavo vicinissimo alla chiesa, così i miei coetanei chierichetti potevano starsene a casa. E forse avrà assomigliato, un tempo, a quel tipo di prete uscito dalla penna e dalla mente di Goffredo Parise negli anni sessanta: Il prete bello. Certamente era uno di quei preti fotografati da Mario Giacomelli negli anni cinquanta, quelli che danzano e corrono nella neve.
Di certo non era simile ai preti di oggi, con quei completi grigio scuro, così ordinariamente eleganti quando distinguibili, dalle normali persone, in ragione del colletto bianco che quasi tutti continuano a portare.
Lui no, lui era proprio fiero della sua vecchia "uniforme" e lo dichiarava tranquillamente. Lo disse quando, poco dopo la partenza da Mestre, tornò in cabina e riprese a parlare della sua vita di prete. "Più volte i colleghi, mi hanno fatto notare quanto fosse sorpassata dai tempi quella vecchia tonaca che non ho mai smesso di indossare e che continuerò a indossare" affermò divertito.
E poi, subito dopo la curva di Marghera, sul lungo rettilineo del Ponte della Libertà, luccicante dal sole pomeridiano, apparve Venezia e il vecchio prete la contemplava, improvvisamente silenzioso, forse rapito dalla bellezza della cittá che la lontananza e la luce abbagliante rendeva quasi irreale.
"Fra poco entreremo in stazione a Venezia" gli dissi, " ma avrei una piccola curiositá da soddisfare".
"Sentiamo pure" rispose.
"C'è ancora qualcuno che la saluta con la vecchia formula, per così dire?"
Sorrise. E mentre si preparava a scendere dal treno, disse che si trattava davvero di poche persone.
"Sia lodato Gesù Cristo" gli dissi che già si incamminava.
"Sempre sia lodato" rispose, e rimasi a guardarlo finchè non si perse nella folla che gremiva la stazione.
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- Racconto condiviso ed apprezzato per il suo contenuto cristiano. Oggi ne abbiamo più bisogno che mai. bravissimo!
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