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L'ultimo e il primo
Si muove con grande fatica, lasciando sulla neve ghiacciata chiazze di sangue. Il bisonte era troppo forte per un solo cacciatore, ma aveva tentato lo stesso di ucciderlo. Dopo un lungo appostamento gli era balzato addosso dall'alto di una rupe, tentando di colpirlo in un punto vitale con l'ascia di pietra. L'animale se l'era scrollato di dosso come un fuscello e lo aveva ripetutamente assalito a cornate, prima di allontanarsi giù per il canalone. Si sente sempre più debole, ma la grotta è vicina. Ha un grande freddo: la pelliccia d'orso che porta addosso si è lacerata sotto i colpi del bisonte. Si trascina oltre l'ingresso della caverna, riesce a raggiungere il focolare e vi si sdraia accanto. Ma il fuoco è spento: la sua compagna che badava ad alimentarlo è morta di stenti già da alcuni giorni. Anch'egli, ultimo della sua razza in quella valle senza nome, cessa di vivere.
Al di sotto della grotta il fiume continua il suo inesorabile corso, formando anse, rallentando in ampie pozze e spumeggiando in cascatelle e salti improvvisi, tra pareti calcaree e fitte distese di boschi. Nel corso dei secoli, che diventano millenni, la valle si popola di uomini, che hanno sembianze simili a quelle del cacciatore. Sono anch'essi cacciatori, ma hanno anche imparato a coltivare la terra, ad addomesticare animali e ad erigere dimore rudimentali. Di loro conosciamo molto di più di quanto si sappia del remoto e dimenticato cacciatore. Anche la valle e il suo fiume, in un certo periodo della nostra storia, ricevono un nome che li identifica. Il fiume viene chiamato Düssel e la valle Hundsklipp. Il Düssel, poco più che un torrente, sfocia in un grande fiume, il Rhein, sulle cui rive sorgono e si ingrandiscono villaggi. La tendenza ormai non è più quella di vivere isolati, ma di costruire agglomerati di capanne in quelle zone che sono più favorevoli per le risorse vitali e il commercio di scambio. I grandi villaggi spesso ricevono il nome in base alla loro collocazione geografica: nel nostro caso il villaggio (dorf) sul fiume Düssel diventa Düsseldorf.
In questa che ormai è diventata una grande città giunge, nel 1674 dell'evo moderno un giovane ventiquattrenne proveniente da Bremen, che intraprende l'insegnamento del latino in una scuola locale. Il suo nome è Joachim: studioso di teologia aspira a divenire pastore della chiesa riformata. Il suo spirito è intriso di misticismo e trasporto poetico per la natura incontaminata. Il luogo dei dintorni di Düsseldorf che più lo attrae è proprio la valle che qui chiamano "dirupo dei cani" (Hundsklipp) ed è qui che trascorre il suo tempo libero traendone l'ispirazione per i suoi componimenti sacri. È anche animato da un profondo spirito caritatevole: visita e porta conforto agli abitanti della valle, che vivono isolati e in povertà. A poco a poco i suoi inni sacri acquistano popolarità e vengono cantati nelle chiese importanti della città. Anche la valle che tanto ama e frequenta comincia ad essere chiamata con il suo nome: la valle di Neander (Neanderthal) In realtà il suo vero cognome dovrebbe essere Neumann (uomo nuovo), ma il nonno, musicista e letterato, lo aveva mutato, traducendolo in lingua greca. Cinque anni di insegnamento, uniti al fervore letterario e all'apostolato tra i valligiani, hanno minato la sua salute. Nel 1679 lascia Düsseldorf, dove le autorità religiose hanno cominciato ad osteggiarlo, e ritorna nella sua città natale, Bremen; un anno dopo vi muore di tubercolosi. Di questo giovane religioso, dalla breve e travagliata esistenza, rimangono le composizioni sacre, che ancor oggi vengono eseguite nelle chiese riformate e rimane soprattutto il nome che in suo onore è stato dato alla valle: Neanderthal (dal 1901 il vocabolo "thal" (valle) è stato riformato ortograficamente in "tal").
Quasi due secoli dopo, nel 1856, in una grotta calcarea lungo il corso del Düssel, vengono alla luce le ossa di un uomo di una razza primitiva, di cui ancora non si conosceva l'esistenza. Un razza diversa da quella a cui apparteniamo: l'homo sapiens. Tuttavia con molte affinità, che fanno ancora discutere gli antropologi.
Abbiamo immaginato quale potrebbe essere stata la fine di quell'ultimo uomo di Neandertal, le cui ossa hanno giaciuto nascoste nella valle tedesca per almeno 30 mila anni. E ci ha colpito l'involontaria ironia del destino: i resti dell'ultimo homo neanderthalensis nella valle intitolata a chi si chiamava "uomo nuovo".
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