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La casa del nonno 2^ Parte
Tenebra. E voci lontane. Erano poco più di bisbigli, ma li sentì chiaramente. Cercò di voltare la testa ma si accorse di non poterlo fare. Il corpo era come paralizzato. Iniziò a piangere ma nessuna lacrima gli rigò il viso. Eppure li vide. Decine di volti lo stavano fissando protendendo le braccia minute nella sua direzione. Bambini. Erano tutti bambini di cui, però, non riuscì a distinguerne i lineamenti. Poi, di colpo, svanirono. La piccola luce proveniente da quegli sguardi supplicanti fu sostituita da un rantolo sordo e terribile. Una gigantesca mano biancastra, callosa e deformata in maniera disgustosa gli prese le guance, lasciandolo senza respiro, e poi la faccia... la faccia! - Benvenuto...
Giacomo... Giacomo...- La voce lo ridestò immediatamente. Il volto perennemente truccato prese fuoco lentamente mentre lontano, molto lontano, un cellulare squillava insistentemente. La madre era china su di lui. - Giacomo... amore mio... cos'hai... cosa ti senti? - Pur stordito e intorpidito, riuscì a stupirsi di quelle parole. In dieci anni di vita non aveva mai avuto occasione di sentirle. Eppure, in quel momento, gli fecero un piacere enorme, gli diedero la forza di mettersi a sedere e guardarsi attorno. L'albero era ancora lì, imponente e maestoso. La pozza di vomito, poco distante, gli fece guizzare qualcosa nello stomaco ma nulla più. Toccò la corteccia coi polpastrelli. E trovò l'incisione. Rappresentava il classico cuore solcato da una freccia. E e S erano le lettere all'interno. - Sto bene mamma, forse il viaggio e la colazione mi hanno fatto male... scusami. -
La donna si rimise in piedi e rispose al cellulare. Ruggì qualcosa d'incomprensibile e troncò subito la conversazione. Quando tornò a parlargli il tono era notevolmente cambiato, era tornata semplicemente quella di sempre. - Come al solito ti sarai ingozzato, scema io che non ti controllo, darò a Lina una bella strapazzata... mi ha rotto quella incapace. - Stava parlando della cameriera. Lina era una ragazza peruviana carinissima. Aveva perso i genitori in un terribile incidente e, tramite il fratello, era arrivata in Italia in cerca di fortuna. Giacomo l'adorava e quindi rispose d'istinto. - Lina non c'entra, avevo nascosto i biscotti in camera, non dire stronzate. - Ancor prima della madre, che restò a bocca aperta, si stupì egli stesso della risposta. Per la prima volta in assoluto le aveva ribattuto, inconcepibile! Senza dire una parola lo prese per un braccio e iniziò a trascinarlo verso la casa.
Quel silenzio non avrebbe presagito nulla di buono ma, invece che timore, provò un senso inebriante di liberazione. Mentre veniva trascinato si girò di nuovo verso l'albero. L'incisione aveva cambiato di nuovo forma. Ora, al posto del cuore trafitto, e ben visibile, osservò la stessa terribile mano che aveva attanagliato le sue guance. Si muoveva, lo stava salutando a palmo aperto, arrivederci sembrava volergli dire. Voltò la testa di scatto. - Mamma! Non ci voglio entrare in quella casa... ti prego. C'è qualcosa di brutto la dentro, qualcosa di... di...- Ci pensò un attimo poi continuò. - Qualcosa che ti risucchia! - La donna s'arrestò di colpo e lo fissò con uno sguardo truce. - Senti Giacomo, nemmeno io volevo venire ad abitare in questo posto sperduto, ma il tuo grande padre ha deciso così per cui... ci adegueremo. Un facchino si affacciò dalla porta chiamandola a gran voce. Lei lo liquidò con un gesto e continuò. - Ti adeguerai più che altro, purtroppo sai i miei orari. Probabile che passerò più notti in città che qua, nel bel mezzo della foresta. - Una risatina isterica gli uscì dalle labbra alla battuta, rendendo il suo volto ancor più, se fosse possibile, simile a quello di un pagliaccio. - Quindi, adesso tu entri in quella casa, ti sistemi nella tua cameretta, accendi il computer o la tua play station e stai buono. Quell'incapace di Lina arriverà tra poco, avrete modo di farvi compagnia molto più che in città. -
Detto questo entrarono finalmente in casa. Giacomo avvertì lo stesso disagio di poco prima anche se, viscere e vescica, questa volta non diedero segno di voler essere protagonisti. Salirono le ampie scale in legno di quercia e arrivarono nella zona notte. La camera di Giacomo era già pronta, probabilmente la madre aveva dato precise istruzioni ai facchini. Finalmente decise di lasciargli il braccio. - Riposati adesso, io devo tornare subito in città e Lina sarà qui a momenti. Gli uomini non se ne andranno fino a quel momento, non devi temere nulla.- Egli riuscì solo ad annuire. - Va bene mamma... - Ma la porta si stava già richiudendo. Si portò verso la finestra e guardò fuori. S'era alzato un improvviso vento gelido che scuoteva le foglie strappandole con violenza. Quasi tutte, quelle del grande albero restarono immobili. Sulla corteccia, la mano informe, continuava a salutarlo.
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