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La storia delle creme
È estate, mi voglio lasciar andare a questo ricordo d'infanzia! Un po' di autobiografia a volte non guasta e per me, che amo inventare i miei personaggi, alla fine è un bel relax non dover escogitare nulla, ma attingere alla memoria. Ce n'è di roba racchiusa nei nostri archivi mentali! tutto è mettersi a trafficare ed aprire faldoni su faldoni, come le pratiche allineate negli scaffali di un ufficio anagrafe.
Mi sovviene "la storia delle creme", dove per creme intendesi creme al sapore della vaniglia da mangiare fritte, cosparse di zucchero grosso, un'abitudine veneziana molto diffusa.
Il mio nonno materno era un gran lavoratore, un artigiano pastaio. Faceva la pasta fresca in un ampio laboratorio sotto l'appartamento in cui abitava, in Calle del Clero. Un nome, una garanzia, visto che la nonna era religiosissima. In questo laboratorio si entrava da pianoterra attraverso una entratina umida, sulla cui destra si alzava una scala ripidissima che portava alla abitazione dei genitori di mia madre.
La giornata del nonno iniziava di buon mattino per poter avviare la macchina impastatrice con cui egli lavorava la pasta all'uovo, che preparava lui stesso e dalla quale traeva ravioli, tortellini da brodo, tortelloni, lasagne, linguine e tagliatelle di vario spessore.
Il ricordo di mio nonno dietro l'impastatrice rimarrà indelebile fino a che vivo. Vestito di una vestaglia color cappuccino, era sempre sporco di farina bianca. Una lampadina potente alle sue spalle gli illuminava il cranio calvo. Era un uomo sempre sorridente e mentre lavorava la pasta qualche volta cantava a bassa voce un pezzo d'opera lirica.
Alla fine della giornata, proprio a sera, verso le diciotto, l'ultima fatica di mio nonno pastaio era preparare le creme che andavano vendute sfuse all'indomani. Creme al cioccolato o alla vaniglia.
In un grande pentolone di rame, appoggiato ad una bocca in mattoni, con fuoco sotto, egli mescolava gli ingredienti in grande quantità (doveva preparare almeno duecento creme per tipo) uova, latte, cacao o vaniglia, a seconda, latte a litri, farina. Conosceva a memoria i dosaggi, faceva tutto ad occhio, non pesava mai nulla. Successivamente, con un enorme cucchiaio in legno, lungo quanto la mia altezza di bambina di cinque anni, girava in tondo nel composto liquido fino acchè la crema non diventava densa e fumante. Ricordo che egli si piazzava a gambe larghe davanti a questa grande pignatta in rame e reggendo il mestolone con due mani, girava sempre nello stesso verso, attento acchè il denso liquido non si attaccasse al fondo, altrimenti la crema avrebbe avuto un retrogusto bruciacchiato e questo " non andava bene".
Dopo che la crema era addensata al punto giusto, il nonno chiamava il figlio maggiore, più robusto di lui, perché lo aiutasse a sollevare l'enorme pentola fumigante e si versasse con somma accuratezza la crema nei " fondi ".
I "fondi " erano delle forme in rame battuto, e in alluminio all'interno, grandi un metro quadrato circa, disposte per terra. Con grande sforzo i due uomini colavano l'impasto fumigante e bollente dentro ai fondi. Era un momento delicato, questo: il vapore era intenso e ci si poteva ustionare la faccia. Inoltre non una goccia di crema doveva uscire dalla forma o aggrumarsi in un solo punto della stessa.
Il momento della colatura delle creme era come un battito di orologio a pendolo perchè segnava la quasi fine della giornata. Quando mio nonno diceva : Le creme xè pronte! la donna di servizio in casa metteva su la minestra o buttava la pasta.
Le creme poi restavano al buio, tutta la notte, a rassodarsi. Il mattino seguente, il nonno, con un filo di acciaio, le tagliava a cubetti perfetti, seguendo dei segni predisposti nelle forme. Le creme finite erano tanti soffici e molli cubetti grossi come un mio pugno di bambina e venivano vendute sfuse. A me piacevano anche fredde e crude, ma la tradizione le vuole fritte in olio bollente con una spolverata finale di zucchero da cucina.
Tutto questo per spiegarvi cosa sono le creme e quanto complicato fosse farle.
Adesso viene la parte anedottica e gustosa della storia.
Talvolta accadeva che, mentre la famiglia stava cenando o aveva appena terminato la cena, al nonno venisse in mente d'aver dimenticato qualche cosa in laboratorio, oppure la nonna rivendicasse un oggetto casalingo che il marito aveva utilizzato " da basso" e non più rimesso a posto.
Bisognava scendere dall'abitazione al piano di sotto.
Accadeva che la nonna si addentrasse nel laboratorio senza accendere la luce, convinta che la cosa che cercava fosse a portata di mano. E spesso, ahimè, entrava con i piedi nelle forme delle creme!
Una volta ci rimise anche una pantofola. Per non parlare del fatto che s'era pure scottata il piede! La crema infatti si raffreddava solo dopo molte ore. Mi ricordo la scenaa, in cui lei risaliva in casa avvilita, dicendo : Bepi gò messo un pìe nela crema. Al chè il nonno andava in bestia e scendeva a vedere il misfatto.
Rimanevo impressionata, la mattina seguente, nel vedere l'impronta della pantofola ben scavata nella morbida perfetta crema. Sembrava che un fantasma notturno vi fosse rimasto imprigionato.
Il nonno , come s'usa dire, sacramentava e rassegnato buttava via l'intera forma. A noi nipoti, però, le ultime dieci creme d'angolo le dava lo stesso.
Dopo che l'atto vandalico ebbe a ripetersi ancora parecchie altre volte, venne proibito alla nonna di recarsi al buio in laboratorio.
Ancora oggi, quando tra cugini, oramai di mezza età , ci ritroviamo e ricordiamo la nostra infanzia, ci piace ridere di gusto e ripetere quella che è rimasta per noi " la storia delle creme".
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2 recensioni:
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- Il fascino del passato in questo bellissimo racconto! Davvero intenso, una piacevolissima lettura evocativa! Complimenti!
- un racconto bellissimo, una descrizione che sollecità l'immaginazione e quindi un godimento maggiore non solo delle scene ma sopratttutto delle emozioni che esso trasmette. applauso finale e complimenti
- carino e divertente questo racconto! vero, tutti noi potremmo attingere nei cassetti della memoria per raccontare e raccontarci... a volte ci provo anche io!
- È vero, ognuno di noi possiede una memoria-archivio da cui attingere ricordi più o meno belli ma non tutti sono altrettanto capaci di raccontarli riuscendo a trasmettere le stesse emozioni che essi hanno dato a chi li ha vissuti. Hai raccontato un episodio della tua infanzia davvero commovente e intimo anche se lo hai fatto con umorismo e levità, con semplicità e sensibilità, rendendoci partecipi di un pezzetto della tua vita, aprendoci quasi la "porta di casa" e invitandoci ad entrare per fare la conoscenza di queste persone meravigliose che sono stati i tuoi nonni. Una bella pagina di storia, la tua ma anche quella della tua città, essendo lo scritto autobiografico... Mitica la nonna, ancor più del nonno pastaio-pasticciere che, in ricognizione per recuperare i suoi preziosi oggetti e inconsapevole delle "trappole cremose" in agguato giù in laboratorio, finiva dritta dritta con... i piedi nel sacco. Gnam gnam che bontà (sia le creme che il racconto).
- ho avuto l'impressione di assistere al tuo racconto, tanto mi è sembrato verosimile che credevo di assaggiare le creme di tuo nonno piaciuto molto
- Bei ricordi che rimangono stampati nel nostro cuore ed ogni tanto ci ritornano in mente a distanza di tempo.
Anonimo il 02/02/2012 20:02
bellissimi ricordi, simpatica figura tuo nonno... vedi cara le nostre radici colro che hanno dato a noi la famosa... impronta... complimenti morry letta con tanto piacere...
- Cara Mari, non intendevo l'azione lucrativa per arricchirsi, ma appunto quella derivante dall'attività lavorativa allo scopo di mantenere la famiglia. Infatti penso che tuo nonno non solo lavorasse per il sostentamento della famiglia ma anche per passione, che non è poco! Insomma, univa l'utile al dilettevole.
- La storia delle creme che anche a me è interessata leggere Ho immaginato la scena della nonna e della pantofola.. Bel racconto che mi è piaciuto molto. Bravissima Mariateresa. Immagino ti abbia portato alla luce molti ricordi, complimenti!
- Grazie ragazzi, ne ho pronti altri perchè la mia infanzia è stata un vero felice ed intenso periodo... quanto al profitto di mio nonno, con cinque bocche da mantenere e lui solo a fare tutta quella pasta, ti assicuro Bianca che ricco non è mai diventato!!
- Ahahah... molto simpatico questo tuo racconto. Da... leccarsi i baffi! Quanta fatica si nasconde dietro la bontà delle cose, che noi tante volte diamo per scontata. Però tuo nonno, da buon artigiano, era ben felice di mettere al servizio altrui la sua arte pasticciera! Oltre al profitto, credo che non ci sia soddisfazione maggiore per chi si impegna così duramente, che ricevere il giusto riconoscimento per un lavoro fatto bene e con passione. Adoro i racconti d'infanzia e tu l'hai fatto benissimo.
Anonimo il 02/02/2012 07:38
Molto bello... anzi, fantastico. Tu sai che queste storie sono nelle mie corde... ahahah... che scena quella della nonna. E poi bella la laconicità con la quale dava l'annuncio al nonno: Bepi, gò messo un pìe nela crema.
Io le ricordo bene queste creme... era usanza anche nel bresciano... tra i preferiti. ciaociao
P. S. non credo di essere stato troppo buono nel commento, anzi, meritavi di più... ahahah...
Anonimo il 01/02/2012 23:29
Sei riuscita a farmi sentire i profumi di vaniglia e cacao e a spruzzarmi di farina... che bei ricordi Mariateresa! Grazie per la condivisione.
- Che bello, sembra proprio di rivedere il tuo nonno infarinato mentre gira il mestolone. Ogni tanto fa bene ricordare queste cose così serene. Grazie Terry!
- Mi piace la delicatezza con la quale rispolveri vecchi ricordi dando loro nuova luce. Bello
- bello... mi è venuta voglia di crema!!! eppure non sono un amante del dolce. vedo la nonna con il piede fumante...
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