la stanza era buia, filtrava soltanto una lama di luce leggera e il calore del sole, si facevano largo da una imposta semi chiusa.
Da fuori arrivavano rumori ovattati di auto e tram che passavano, di vociare di gente, di bambini che si rincorrevano giocando. la vita in strada, scorreva normalmente. Ma non per me, non oggi.. io aspettavo.
il tempo passava lento, il sole, che aveva riscaldato e illuminato l'esterno, fu soppiantato da una luce fredda di lampioni a neon, che rischiaravano man mano che il buio avanzava. Fuori dopo il caos del giorno i rumori si diradavano.
Sentii un girare di chiave alle mie spalle. un aprirsi di porta, il rumore dei suoi passi
cadenzati. Dissi "non accendere nulla, chiudi."
il suo profumo conosciuto da anni riempi la stanza.
arrivasti alle mie spalle, mi abbarcciasti dolcemente mentre mi baciavi il collo
il tuo alito caldo mi riempi le narici.. sapevi di caffè e fumo... fù come un brivido per me. mi dicesti " ti amo"
ed io reclinai lievemnte la mia testa sulla tua spalla. godendo di quell'attimo ritrovato.
dopo tanto tempo lontani. Quanto eri stato via, feci un calcolo veloce.. forse più di un anno. ma non aveva più importanza eri lì con me.
chiusi gli occhi e assaporai il momento. le tue braccia mi circiondavano la vita, avevo la gola asciutta per l'emozione. a ti dissi " siediti, parlami, racconta."
tu lo facesti, prendendo la mia mano
mi tirasti sulle tue lunghe gambe, seduti così come un ricordo ancestrale, cullandomi come una bambina, come se il dondolio ti aiutasse a ricordare.
iniziasti a raccontare del tuo ultimo viaggio, mi parlavi di posti lontani pieni di fame e di dolore, di guerre, mi dicevi dei pericoli passati, delle notti al freddo
dei massacri, degli appostamenti per poter fotografare tutto quello sfacelo di uomini e cose. quello era il tuo lavoro, di fotografo di guerra.. lo facevi per far vedere al mondo
quello che l'uomo avido e senza un Dio faceva ad altri uomini solo per potere e denaro. Tu che assistevi a quello scempio senza poter far nulla solo piangere in silenzio per la frustrazione. Ma consapevole che col tuo lavoro portavi alla luce tutti quegli orrori sperando in una giustizia, sia umana che divina.
Ti guardai il viso stanco, provato gli occhi cerchiati di stanchezza ma sguardo dolce e carezzevole guardando il mio.
Ti abbracciai forte. Poggiai le mie labbra alle tue e in quel momento capii cosa aspettavo in quella stanza semi buia.
Aspettavo il ritorno della mia stessa esistenza, che era stata assopita senza la tua presenza, aspettavo il tuo ritorno per tornare alla vita vera. E in quel momento sorrisi.