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Un sogno lungo una vita
Premessa
I lettori mi scuseranno, se uso alcune parole dialettali in siciliano, che poi modestamente è la mia lingua. Questo, non fotocopia nessuno ma, vuole essere un ricalco del personaggio visto in una realtà, quella siciliana, fatta di sapori odori e gesti, tutti suoi.
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Sarrisbigliò, di colpo. Il frastono dell'artoparlante della TV accesa, lo rintronò di botto. Aprì gli occhi e quasi quasi non ci vidiva più, vidiva stelline ancora sufficate tra sonno e realtà. Aviva mangiato, a buffuna e bevuto assai, che il sonno lo prese come fa con i picciriddi nichi, che dopo la poppata, se ne vanno da Morfeo, senza rumpiri più i cabassissi a padre e madre oramai stanchi delle sue urla e pianti.
Il cavalier Calogero Burruano, ex insegnante di storia al liceo Maiorana di Carrattini, ora in pinsione, un sessantino ancora distinto e magro come una sogliola, sinni stava seduto in poltrona davanti alla tv, con gli occhi ancora semichiusi, nello schermo gracchiava un presentatore che parlava di politica e diciva cose che al cavaliere, sembravano senza senso. Non si era accorto, che si era fatto tardi, era quasi mezzanotte, e probabilmente il vinello che aviva bevuto accompagnato da un fritto di pisci che Natalina la cammarera, aviva priparato, parivano ancora natare nel piatto, l'aviva riempito e saziato; ma gli era rimasta una pisantizza di pancia che pariva un mattone. - La tv che l'aviva svegliato, aviva interrotto un sogno che il Cavaliere Burruano, stava facendo, e come capita spesso, quando uno si sveglia all'improvviso, non riesce più a riprendere il filo del sogno.
Si sforzo, a pinsari cosa sognava; di colpo ricordò: "era in un'aula di scola, forse la sua ex aula, però non c'era nessuno e c'era una luce forte, quasi abbaglianti. A fianco a lui, invece della scrivania, c'era Matilda, la sua amata mogliera, morta cinco anni fa, presa da un male incurabile (così dicevano i dottori, per dilicatizza. Era un tumore!), e lei teneramente teniva in mano un libro aperto verso di lui, quasi a esseri una sorta di leggio. Matilda, sorrideva; aviva un vestito tutto di rosa e profumava di violetta. Il Cavaliere Burruano, pensò, che non aviva mai sintuto profumo di violetta, forsi pensò, era una nuova trovata dei soliti stilisti, cà ti rintronano e ti dicono comu vestirti, quasi tu fossi un indigeno dell'amazzonia. La mano di Matilda accarezzò quella di Calogero, quasi a sfiorarla lentamente, e sussurandogli dolci parole, continuava a tiniri in mano stò libro, che non riusciva a vedre cosa c'era scritto.
All'improvviso, quasi senza aspettarselo, gli venne di abbracciarla, ma si chiese: ma comu, qua siamo al liceo, nella mia classe, e se viene qualcuno, cosa dico io? - Insomma, sembrava un quadretto d'amore, di quei quadretti che si vidino solo nei film amiricani, dove tutto finisce in billizza e l'amore trionfa. Ma perche dovrebbe trionfare, si chiese? Io e Matilda, già ci amiamo, non abbiamo bisogno di sogni come questi.
Si erano conosciuti, da ragazzi. Lui, appena laureato, e lei ancora all'ultimo anno di liceo. Fu subito, amore! Una vita insieme, tante cose fatte, tante tribulazioni; e poi il primo figlio, Ermete, che fu subito la coccola di tutti. Non avivano fatto nenachi il viaggio di nozze, pirchì a quei tempi, soldi erano pochi e giovani come erano, dovivano pinsare a cose più sostanziose e concrete. E poi, dopo una vita vissuta insieme, dopi mille baci e mille abbracci, il male. L'ospedale e le cure, la sofferenza, il volto di Matilda, cà s'asciugava come una spugna al sole, i suoi occhi pieni di dolore, ma vivi ancora d'amore per il suo Calogero. Il Cavaliere Burruano, non sopportava, di vedere la sua Matilda in quello stato. Mille visite di dottori e professoroni, mille ricoveri e mille esami: la risposta, era stata sempre una sola: Tumore!
Ora, lei era li. Leggera e sorridente come un angelo. Ma poi, si chiese, gli angeli esistono veramente o è un'invenzione dei parrini e della chiesa, cà ci vuole vedere a noi tutti sempre filici di moriri, perchè si va in paradiso, ai boni, e invece ai cattivi che vanno all'inferno? - Non riusciva a cataminarsi, pariva inchiodato in piedi davanti a lei, la guardava, gli occhi si inumidivano dalla cuntintizza di averla così vicina, non pariva vero. Allora, si presi coraggio e andò per abbracciarla e stringerla a se, comu faciva una volta.
Il botto, ca sintì fu così forti, che il salto ca fici dalla poltrona quasi quasi lo faciva andare a sbattiri contrò il comò. Emanuele, il gatto che abitava con lui da anni, aviva fatto cadere un vaso cà era sopra la cridinza. Si sveglio di colpo santiando. La tv era spenta. Allora si chiese: ma io ho sempre sognato, se la tv è spenta, il mio è stato un sogno lungo e senza svegliarmi mai; erano quasi le due di notti. - Si accorse mentre che si alzava, che la sua mano stringiva un libro, probabilmente, si era addormentato mentre liggiva. nell'aria avvertì un leggero profumo di viola. Strammò. Comu potiva essiri che al risveglio di un sogno così, sintissi veramente il profumo sognato addosso a Matilda.
Fu a letto, appena addormentato, che Matilda gli andò vicino e lo baciò.
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1 recensioni:
- capisco perchè la Sicilia è considerata un unicum culturale, la sua è una lingua a tutti gli effetti e degna di rispetto ed interesse... e poi dovremo imparare l'Inglese?... mah
- che bella lingua... e si, perchè secondo me il siciliano non è un dialetto, è una lingua. Mi è piaciuta la delicatezza con cui descrivi un amore forte. radicato che va oltre la morte.
A rileggerti
Simona
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