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Tela di Ragno
Il treno somiglia un po' alla vita, si entra in una carrozza e ci si ritrova in mezzo a delle persone, ma basta scegliere di cambiare carrozza ed ecco che cambia lo scenario, cambiano le persone, i compagni di viaggio. Ogni tanto il treno si ferma ad una stazione dove puoi scendere e scegliere una variante per la tua vita o restare li a fissare dal finestrino, facendo da spettatore e optando magari per la fermata successiva, che offre maggiori spunti, maggiori personaggi utili alla propria personale esistenza, maggiori nutrimenti per la vita spirituale. Centinaia, migliaia di anime passano per le stazioni ferroviarie, alcune in rapida successione, altre si trattengono più a lungo, altre semplicemente appaiono e scompaiono. È il caso di Eugene un ragazzo chiuso, introverso, relativamente timido che stazionava in modo quasi perenne vicino la passaggio a livello della ferrovia. Eugene amava osservare la gente che passava, forse perché non avendo una vita sua amava impossessarsi della vita di altre persone, di fingere, anche se per poco di essere una di quelle persone che osservava. Qualche volta immaginava di seguirle a casa, e di essere un loro amico o un loro parente, di festeggiare un anniversario o una ricorrenza con loro. Con le ragazze era un vero dramma, Eugene non si sentiva meritevole dell'attenzione di un individuo di sesso femminile per cui le guardava in modo scanzonato come se fossero un dipinto di inestimabile valore su cui non avrebbe mai potuto mettere le mani e che era sorvegliato a vista in una galleria d'arte. Non si tormentava nemmeno più di tanto era convinto che alle donne lui non piacesse e se qualcuno gli avrebbe chiesto come facesse a dirlo lui rispondeva che lo sapeva già senza che ci fosse bisogno di una conferma con prove e che se lo sentiva. La stazione ferroviaria era situata nelle vicinanze di una scuola superiore e di una università per cui ragazze di ogni età e aspetto pullulavano da ogni angolazione tanto che lui non aveva tempo di batter ciglio perché avrebbe rischiato di perdere il passaggio di qualcuna di esse.
Tra tutte loro ve ne era una che era particolarmente ricercata dallo sguardo di Eugene, una ragazza molto graziosa, sempre sorridente, con i capelli a caschetto di colore rossiccio, occhi verdi, un po' pallida di colorito di pelle. Passava sempre assieme ad un amica e entrambe sorridevano illuminate dai raggi del sole che sembrava stessero li solo per loro. Portava sempre un piumino per giubbotto nelle cui tasche immergeva le sue mani, indossava sempre gonne molto lunghe, strette. O forse davano quell'impressione dal momento che lei compiendo passi lunghi nella camminata svelta le mandava in tensione facendole sembrare un ventaglio aperto capovolto. Da sotto la gonna spuntavano stivali del genere film western o moda country con un tacco non troppo alto, ma nemmeno inesistente . Le ragazze passavano ogni giorno vicino al passaggio a livello dove Eugene era solito rimanere immobile come un Gargoyle e dopo aver superato la libreria che faceva angolo ad un vicoletto sparivano nella traversa successiva che portava agli edifici scolastici. Un giorno mentre le due amiche passavano dinanzi ad Eugene come di consueto la sua fantastica rossa sorridendo rivolse lo sguardo proprio a lui che si emozionò molto, ma ovviamente pensò che stava ridendo per qualcosa detta dalla sua amica e casualmente si rivolse con lo sguardo in sua direzione. Tuttavia si mosse come per seguirla arrivando fino al vicoletto che fiancheggiava la libreria come se una forza sconosciuta lo avesse trattenuto, e una voce proveniente da chissà dove gli avesse sussurrato "Cosa diavolo stai facendo? Hai dimenticato chi sei?" Per la prima volta guardò nel vicoletto e notò che era davvero stretto e profondo, sembrava interminabile, e a un certo punto si notava la figura di un signore anziano, che sembrava un senzatetto che spazzava il pavimento con una scopa prima di chinarsi e continuare a strofinare con una spugnetta. Ma cosa aveva da pulire in un vicoletto stretto e lurido dove nessuno passava mai? Era ovviamente per Eugene un folle un povero squilibrato, ma poi pensandoci su disse tra se e se che avrebbe fatto la stessa fine quasi sorridendo ironicamente. Il giorno successivo accadde la stessa cosa, la graziosa rossa ridendo guardò in direzione di Eugene, stavolta facendo addirittura un occhiolino, il quale paralizzò il povero Eugene che concentrò tutto il suo masochismo nella sensazione che le gambe lo stessero abbandonando talmente che gli tremavano forte. Ma la mente era sempre li a dirgli "Figurati sicuramente ti prende i n giro, avrà capito che sei cotto e vorrà deriderti un po'". Il terzo giorno accadde qualcosa di incredibile, la bellissima rossa era sola e passando fissò a lungo Eugene il quale rimase impietrito, ma non riusciva a smettere di fissarla a sua volta. Lei guardò fino a quando il suo collo gliene desse la possibilità da un punto di vista anatomico, ma Eugene che non aveva questo problema continuò a seguirla con lo sguardo come un telecronista segue la palla in uno dei suoi sport preferiti. Arrivata davanti al vicolo lei si fermò, si voltò di nuovo verso di lui e invece di proseguire dritta si infilò nel vicoletto. Per Eugene, e chiunque altro che non avesse avuto mezzo cervello era chiaro che quello era un invito a seguirla. Eugene non ne aveva la forza, non era pronto, o semplicemente non voleva rovinare la sua dolce auto tortura nel credersi indesiderato dal mondo e in particolare dalle donne, ma se non avesse accettato l'invito anche se gli pareva ambiguo, si sarebbe sentito un coglione per il resto della vita e sarebbe stato invaso dai se, i ma e i forse senza tregua, e dato che conosceva bene quella sensazione era molto meglio evitare che si ripetesse, era masochista, ma non fino a questo punto. L'adrenalina era entrata già in circolo e con le gambe tremanti e le mani sudate la seguì nel vicolo come un sonnambulo. Vide subito la sua figura di profilo appoggiata al muro, e mentre si dirigeva verso di lei gli venne il dubbio che forse non aspettava lui, ma ormai era troppo tardi. Arrivato davanti a lei fece finta di passarle davanti ma nel vedere che lei lo seguiva con lo sguardo si fece coraggio e le disse. "Cosa ci fai qui?" . Lei non rispose fece spallucce, allora Eugene cominciò a dire tutto ciò che pensava da sempre e del fatto che la trovasse carina e che la vedeva tutti giorni passare davanti a lui, ma lei all'improvvisò tuonò con una risata del tutto inopportuna, che lacerò la dignità di Eugene e si abbattè su di lui come il lampo in un temporale estivo. È strano come quando accade una cosa che ti aspetti questa faccia ancora più male, come quando ti muovi nel buio con la paura che accada qualcosa e poi questa cosa accade davvero, il terrore o qualsiasi altra emozione è amplificata il triplo. Fuori di se dalla rabbia Eugene afferrò la ragazza per il collo e la strattonava ripetendo : "Non sono un idiota! .. Non sono un idiota" , poi all'improvviso come svegliatosi da un brutto sogno ritornò in sé e quasi sotto shock avrebbe voluto chiedere scusa ma non fece in tempo perché fu frenato dalle prime parole della ragazza che furono : "No non sei un idiota.. Sei solamente cibo". Detto questo fece un gesto fulmineo con il braccio, quasi innaturale talmente era la velocità e mentre Eugene frenava la sua caduta scivolando con la schiena vicino al muro notava che qualcosa ghizzava dal suo collo, tutto il suo petto divenne rosso in breve tempo e la testa gli girava vorticosamente ma prima che potesse perdere i sensi riuscì a vedere la ragazza che lo guardava mettendosi il dito indice in bocca come farebbe una bambina curiosa, delle altre dita si poteva chiaramente notare che era munite di unghie che potevano tranquillamente paragonare ad artigli, gli artigli con cui probabilmente gli aveva reciso la giugulare o la carotide. Dopo pochi istanti Eugene rinvenne, ma era molto debole, riuscì però a vedere la figura della ragazza accovacciata su di lui e sentiva uno strano suono come quando un assetato beve da una fonte e e ingoia pesantemente gandi quantità d'acqua. La ragazza si accorge dell'apertura degli occhi e si solleva da lui mostrando un viso completamente sporco di sangue, e come un lupo affamato che divora la carcassa di un alce ella aveva tutto il viso coperto da un vistoso rosso dal naso al mento. Il rosso del sangue spiccava notevolmente a contatto col il pallore della pelle rimasto ormai solo nella parte degli occhi, fronte e zigomi. Cinicamente fece un nuovo occhiolino poi aprendo la bocca mostrò degli immensi canini, sottili come quelli di un serpente velenoso. Fece in tempo a passare la lingua sulle loro estremità prima che Eugene convinto di vivere un incubo svenne di nuovo. Quando rinvenne il ragazzo pensava di risvegliarsi nel suo letto ed invece si ritrovò per terra a pancia in su e sentiva che veniva trascinato da qualcuno o qualcosa... buttò la testa indietro verso le sue spalle e vide, ovviamente sotto sopra, un gruppo di 4 individui con la testa infossata nel collo che camminavano trascinandolo via con sé tramite una specie di filo o cordicella. Parlottavano in una lingua sconosciuta, qualcuno di loro ridacchiava e nel frattempo lo trascinavano verso la fine del vicolo dove le luci divenivano sempre più basse, sempre più inesistenti. Eugene avrebbe voluto fuggire ma non aveva la forza come se fosse paralizzato, allora guardò verso i suoi piedi nella speranza che qualcuno dall'altra parte del vicolo potesse vedere, in effetti qualcuno c'èra, il vecchio pazzo senzatetto che stava pulendo, puliva con la sua spugnetta il sangue di Eugene per non lasciare tracce, e quando capì Eugene scoppiò a ridere pensando che ora finalmente sapeva cosa diavolo aveva da pulire. La sua risata isterica divenne presto un pianto poi l'oscurità inghiottì lui e gli altri individui.
Il vecchietto iniziò ad usare la scopa poi si fermò un attimo e guardando il cielo disse : " Eh no ragazzo mio, decisamente non farai la mia fine".
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- Grazie ---Sei molto gentile
- Grande Stefano, niente male questo racconto, veramente niente male.
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