Un cielo plumbeo incombeva sulla città. Nubi stratificate e sempre più dense si accumulavano in quel pomeriggio di dicembre. L'aria umida era l'anticipo della pioggia in arrivo. La piccola Meri trascinava il suo trenino attaccato ad un filo. Paffutella, con le guance rosee, lo tirava con la sua manina da bambina. Camminava in circolo in salotto tra il tavolo e il divano con il suo sorriso dolce e tenero. Tra le sedie e la stufa. Aveva tre anni e faceva il verso del treno: "ciuff- ciuuuff". Era stato il nonno ad insegnarle quel suono e a costruirle il trenino. Meri girava in tondo evitando i mobili e gli spigoli, zigzagando con la fantasia di una bimba che stringe il mondo in una mano, fantasticando di viaggiare, lontano.
Le piaceva stare con i nonni: c'era sempre tanto affetto, una piccola sorpresa che la divertiva o qualche cosa di buono che le preparava la nonna. Mamma e papà la lasciavano tranquillamente; i nonni erano felici di averla con loro e di sentire risuonare la casa di rumori vitali. Giocava serena quando un forte tuono la sorprese spaventandola.
Meri si svegliò: si era appisolata per una mezz'ora. Uno scroscio di pioggia particolarmente violento l'aveva convinta ad aprire gli occhi. Viveva ancora in quella casa, tramandata da generazioni, impregnata di odori di dolci, di frasi e pensieri che le erano cari. Si passò una mano sul viso, come per un leggero massaggio. Rimase ancora qualche minuto nella penombra; ripensò al trenino e al tuono che l'aveva fatta spaventare: voleva correre dalla nonna ma il giocattolo era rimasto incastrato tra i piedi del tavolo e il filo si era spezzato. "Nonno, nonno", disse forte, andando verso la porta della stanza accanto. Subito la nonna era uscita dalla stanza, l'aveva presa in braccio con un'espressione triste. Il suo volto era segnato da un'improvvisa solitudine. Cercava di fare finta di niente, ma lei aveva visto in quel momento, dalla fessura della porta socchiusa, il nonno addormentato. "Nonna... non mi ha sentita? Il trenino si è rotto..." "Vieni Meri, andiamo in cucina".
Meri aveva trentacinque anni, era una bella donna, con un sorriso sincero. I suoi genitori vivevano ancora insieme e questo la faceva sentire bene. Il suo matrimonio non era durato: aveva fatto tutto il possibile per salvare il rapporto con il marito, idealista com'era; ma ad un certo punto si era dovuta arrendere all'evidenza. Aveva un figlio: un meraviglioso bambino di cinque anni che cresceva a vista d'occhio e aveva bisogno di tutto il suo affetto.
Meri tirò via il plaid e si alzò carezzando la testa del piccolo: andò in cucina a prepararsi un caffè. Era un po' infreddolita o forse erano stati quei pensieri a scombussolarla.
La pioggia era diminuita d'intensità: non si sentiva più battere sui vetri.
Aveva raccolto tutta la sua forza e il coraggio per andare avanti e ce la stava facendo. Ma quando il cielo diventava scuro e si scatenava un temporale, lei si rannicchiava nel suo letto, stringeva suo figlio e le capitava di rivedersi bambina. In quella stanza che sembrava così grande, c'erano mille percorsi da seguire e nascondigli segreti. E c'era sempre chi veniva a cercarla con un sorriso.
"Mamma, ho fame!" "Vieni", disse lei. Il suo cuore batteva più calmo.
Meri sorseggiava il suo caffè mentre suo figlio, dall'altra parte del tavolo beveva soddisfatto un tazzone di latte mangiando dei biscotti.
Meri tirava il suo trenino di speranze legato ad una corda robusta.
Si affacciò al balcone: aveva smesso di piovere e il cielo si schiariva.
I raggi di sole che filtrano tra le nuvole sono i più goduti!