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La coppia perfetta
I due a quel tavolo potevano essere interessanti. Lei sui ventotto, lui sui trentacinque. Lei carina, capelli biondi, probabilmente tinti, alta, slanciata, un bel seno non troppo pronunciato, bei denti. Sembrava immusonita, stava a testa china sul piatto, ogni tanto mandava giù un boccone masticato e rimasticato. Lui le stava parlando animatamente, a voce bassa. Lei faceva di si o di no con la testa. Non sembrava convinta di quello che le stava dicendo l'uomo. Decise che questa sera si sarebbe occupato di loro. Diresse l'apparecchio verso il tavolo a cui sedeva la coppia. Era anche fortunato: tra il suo e il loro posto non c'era nessun ostacolo. Lui aveva terminato di mangiare, lei aveva avanzato quasi metà della pizza che aveva nel piatto e stava cercando qualcosa nella borsetta. Si soffiò il naso con un fazzolettino di carta, mentre lui si alzava per andare a pagare alla cassa. Appoggiò le posate sul piatto e finì di bere quel poco di birra che era rimasta nel boccale. Era diventata calda e gli diede un senso di disgusto. Il conto lo saldava sempre all'entrata, prima di sedersi al tavolo: una pizza margherita e una birra media, alla spina. Era un cliente regolare: frequentava quella pizzeria già da qualche anno e conoscevano le sue abitudini. Uscì a passo svelto dal locale: nel parcheggio si sedette nella sua auto, in attesa. Aveva inserito la chiave di avviamento, ma non aveva acceso il motore. La coppia uscì qualche minuto dopo. Si tenevano un po' discosti uno dall'altra, segno che non si erano ancora riappacificati. "Bene!" pensò "questi sono perfetti." Attese che la loro auto uscisse dal parcheggio, accese il motore e la seguì. Aveva anche annotato il numero di targa, poteva sempre servire, nel caso avesse perso il contatto. Tastò la tasca della giacca dove aveva riposto l'apparecchio: "Lo sentirò a casa, quando rientro." Si tenne ad una distanza di sufficiente a non dare sospetti. Il traffico era scarso e non era difficile tenerle dietro. Sapeva anche, per esperienza, che la gente comune difficilmente sospetta di essere seguita e non guarda troppo spesso nel retrovisore. Si erano diretti verso la periferia. La macchina non andava veloce, anzi, un paio di volte rallentò e parve che si fermasse. Ne dedusse che i due avevano continuato a discutere. "Più fortunato di così!" si disse. Dopo alcune svolte l'auto della coppia si fermò a parcheggiare davanti ad una palazzina di tre piani che si affacciava su una piazzetta con un'aiola al centro. Proseguì oltre e si fermò in una strada laterale. Trovò subito un posto. I due non erano ancora scesi dalla loro auto. Poi smontò lei, dicendo qualcosa all'uomo che era rimasto all'interno. Sbatté la portiera ed entrò nell'androne della palazzina. Lui la seguì subito dopo. Attraverso il portone a vetri si intravvedeva l'ascensore. La ragazza bionda era in attesa che arrivasse al piano e il compagno la raggiunse. Salirono insieme. Lasciò passare qualche momento, poi si avvicinò al portone. Purtroppo l'ascensore non aveva nessuna scritta all'esterno che indicasse il piano raggiunto. Fotografò la placca dei citofoni con i nomi degli occupanti la palazzina, rimontò in macchina e tornò a casa. Per quella sera aveva fatto tutto quello che poteva fare. Gli restava solo di sentire la registrazione. L'apparecchio che si cavò di tasca e mise sulla scrivania era un modello nuovissimo di registratore miniaturizzato, abbinato ad un microfono direzionale particolarmente efficace. L'aveva scovato su Internet, importato dal Giappone da una ditta olandese. Sembrava in tutto e per tutto un telefono cellulare, che si poteva appoggiare sul tavolo del ristorante senza destare alcun sospetto. All'apparenza pareva che si fosse in attesa di una telefonata urgente e perciò si tenesse l'apparecchio a portata di mano. Fu soddisfatto di ciò che sentì dalla registrazione. Come aveva supposto i due stavano litigando per una presunta infedeltà di lui. L'uomo cercava di negare, di giustificarsi, ma lei non gli credeva. Meglio non poteva andare: non sempre capitavano casi così lineari. C'era da lavorarci sopra, ma il successo non poteva sfuggirgli. Compiaciuto, spense la luce e se ne andò a dormire: l'indomani avrebbe fatto una ricognizione sul posto.
Nella piazzetta davanti alla palazzina c'era un bar. Erano da poco scoccate le sette quando entrò, col giornale sottobraccio. C'era pochissima gente a quell'ora: prese una brioche e si fece fare un cappuccino. Aveva già adocchiato un tavolino da cui si poteva tenere sotto controllo il portone: vi si sedette a fare colazione, col giornale dispiegato davanti a sé. La macchina della coppia era ancora parcheggiata dove era stata lasciata la sera prima. Verso le sette e trenta l'uomo uscì dal portone. Aveva una borsa di cuoio a mano, salì sull'auto e partì. Pagò la colazione e uscì dal bar. Per oggi bastava così, meglio non dare troppo nell'occhio. Ma ebbe un colpo di fortuna: mentre lasciava il locale, la donna stava uscendo dal portone. Decise di seguirla. Arrivarono alla fermata dell'autobus che si trovava sulla via principale. Lei lasciò passare un paio di bus, poi salì sul terzo. Non pareva essersi accorta del pedinamento. Fece salire tutti quelli che erano in attesa ed entrò per ultimo sul mezzo. In previsione di questa evenienza teneva sempre con sé alcuni biglietti. Ne obliterò uno e cercò di occultarsi dietro ad una donna corpulenta. Ma non ce n'era bisogno. La ragazza bionda non si voltò neppure una volta. Scese alla sesta fermata. Avendola vista approssimarsi alla porta di uscita, si era preparato a scendere. Percorse una cinquantina di metri, poi entrò in un supermercato. Decise di non seguirla all'interno: finora aveva avuto fortuna, ma era meglio non sfidare la sorte. Fece il percorso all'indietro, salì sull'auto e ritornò a casa. Aveva anche altre faccende da seguire e per tutta la restante giornata si occupò di quelle.
Per altri quattro giorni fece la posta davanti alla palazzina. Al bar aveva detto di essere venuto ad abitare da poco nel quartiere, per evitare che qualcuno si insospettisse. Era forse una precauzione inutile, sapeva di avere un aspetto molto comune e vestiva in modo poco appariscente. Tuttavia era convinto che nel suo lavoro era meglio una precauzione in più che una in meno. I movimenti mattutini della coppia era sempre quelli: prima partiva l'uomo, poi la donna andava a fare spese. L'ultima mattina riuscì a parcheggiare l'auto nella piazzetta. Dopo l'uscita di lei se ne andò in macchina e attese il suo rientro, che avvenne dopo circa due ore. Decise che non era più il caso di continuare l'osservazione sul posto e che poteva passare alla seconda fase. Aveva abbastanza informazioni e non voleva rischiare di attirare su di sé l'attenzione. A casa estrasse dalla foto del citofono i nominativi degli abitanti della palazzina e ricercò sull'elenco i corrispettivi numeri di telefono. Lo trovò solo per otto condomini, sui dodici che vi abitavano. Era un buon risultato, pazienza se poteva essere migliore. Verso mezzogiorno cominciò a comporre i numeri, saltando il pianterreno. Conosceva la voce della ragazza bionda dalla registrazione fatta in pizzeria, per cui gli fu facile escludere i primi sei che risposero. O si trattava di uomini, o di voci femminili diverse. Alla settima telefonata ebbe successo. Mentre con le altre persone si era semplicemente scusato dicendo di aver sbagliato numero, con la ragazza doveva adottare un'altra tattica, per poter ottenere possibili informazioni.
"Buongiorno, mi chiamo Valli, rappresento la ditta Bimbibelli che tratta prodotti per l'infanzia. Devo consegnarle un campione gratuito dei nostri prodotti. Quando posso venire a recapitarglielo?"
"Deve esserci un errore... io non ho bambini!"
"Eppure, qui nell'elenco c'è il suo nominativo... è lei la signora Alessi?"
"No, per niente... mi chiamo Franca Baldi e le ripeto che non ho figli. Buongiorno!"
Bene, la coppia non aveva figli, meglio così. Con dei bambini di mezzo nascevano sempre delle complicazioni. Sembrava proprio che avesse pescato il biglietto vincente della lotteria: erano perfetti per il suo piano. A questo punto aveva tutti gli elementi per poter completare il quadro: nel giro di qualche giorno riuscì ad sapere tutto ciò che gli interessava.
L'appartamento era in comproprietà tra i due coniugi, l'auto era intestata all'uomo, che si chiamava Ernesto Baldi. Si erano sposati civilmente circa sei anni fa. Ora si trattava di sapere qualcosa di più sul signor Baldi.
La mattina successiva si trovò pronto con la sua auto nella piazzetta sotto casa Baldi e seguì l'uomo fino all'ingresso di un magazzino di bricolage. Nel pomeriggio sarebbe ritornato a dare un'occhiata all'interno. Lavorava lì come impiegato o forse socio: mentre era al banco in attesa che lo servissero lo vide all'interno di un ufficio adiacente al magazzino, separato da una vetrata. Con lui c'era anche un'altra impiegata, una ragazza mora sui vent'anni, molto carina. Acquistò una cosuccia da pochi euro e uscì. La fortuna continuava a favorirlo, pensò: la moretta era la pennellata finale al quadro.
Lasciò trascorrere qualche giorno, era meglio essere prudenti: l'assiduità in un particolare luogo poteva essere notata da qualche curioso. Erano sempre molte le persone che non si facevano gli affari loro! Aveva tutta una serie di avvisi: scelse per l'occasione quello della Società del Gas. Il gas fa paura a tutti e nessuno discute mai o si sottrae all'effettuazione di controlli. L'affare su cui stava lavorando era troppo ghiotto per non curare anche i minimi particolari. Non doveva assolutamente commettere alcun errore! Andò a mettere l'avviso sul portone della palazzina: portava scritto che il controllo sarebbe stato effettuato l'indomani alle tre del pomeriggio. Fino a questo punto le cose erano andate lisce come l'olio. Ma la giornata campale sarebbe stato quella di domani. Non volle stare a rimuginarci sopra: tutto ormai era stato predisposto nel migliore dei modi e non restava che entrare in azione. Scelse dallo scaffale un romanzo che non aveva ancora terminato di leggere e si mise comodo nella sua poltrona preferita.
Poco prima dell'ora indicata sull'avviso scendeva dall'auto. Indossava una tuta da operaio. Prese dal bagagliaio una borsa a tracolla di cuoio nero e si avviò a piedi verso la palazzina. Giunto nei pressi agganciò sul taschino della tuta il cartellino di identificazione della Società del Gas, con nome e fotografia. Se l'era costruito da solo: non era perfetto, ma sapeva per esperienza che di solito le persone non lo esaminano con attenzione. Si fece aprire il portone, salì con l'ascensore all'ultimo piano e suonò il campanello di casa Baldi.
"Buongiorno signora, sono l'addetto alla verifica dell'impianto gas. Ha letto l'avviso sul portone?"
"Sì, certo... di che cosa si tratta?"
"È stata segnalata una fuga di gas e devo eseguire il controllo in tutti gli appartamenti."
"Ma... c'è pericolo?"
"Di solito queste segnalazioni sono frutto dell'immaginazione della gente, ma noi dobbiamo comunque intervenire. Posso entrare? Dove ha il contatore del gas?"
"Venga, è sul balcone della cucina."
Lo guidò attraverso l'appartamento fino alla cucina. La casa era tenuta bene, il mobilio era praticamente nuovo e la cucina aveva tutti gli elettrodomestici più recenti.
"Bella casa, tutto nuovo!" osservò "Dev'esservi costato un capitale arredarla!"
"Beh, ci piacciono le cose belle! Ma cosa c'entra questo con la fuga di gas, mi scusi?"
Si accorse dal tono piccato di lei che aveva commesso un passo falso. Cercò di rimediare.
"Vede signora, se gli elettrodomestici sono nuovi possiamo escludere si tratti di una fuga interna. Sapesse in che stato trovo a volte le cucina a gas! La gente non pensa mai alla manutenzione."
La signora Baldi annuì: sembrava convinta. Molto bene.
Uscì sul balcone e iniziò ad armeggiare intorno al contatore. Estrasse dalla borsa uno strumento e lo avvicinò, guardò sul display e scrollò la testa.
"Negativo!" comunicò alla donna che lo stava osservando dalla soglia della porta-finestra. Tirò fuori una bomboletta da cui spruzzò una schiuma biancastra sulla raccorderia del contatore. Stette ad osservare la schiuma per qualche momento, poi la asportò con uno straccio.
"Lei è a posto, signora, nessuna perdita."
"Bene!" sospirò di sollievo la signora Baldi "Allora la accompagno alla porta. Arrivederci e grazie."
"Aspetti, signora! Devo compilare il rapporto che poi mi deve firmare. Dove posso sedermi?"
Si sistemò al tavolo di cucina davanti ad un foglio: iniziò a scrivere.
"Un momento... qui vedo che il contratto è a nome di Ernesto Baldi. È suo marito?"
"Sì, è mio marito."
"Dovrebbe essere lui a firmare il rapporto. È in casa in questo momento?"
La donna gli lanciò un'occhiata perplessa: "No... no, è al lavoro."
"Un bel guaio. I miei capi sono molto rigorosi, dovrebbe essere lui a firmare."
Adesso sembrava proprio sul punto di spazientirsi: "Insomma, quante storie... posso benissimo firmare io per lui... sono comproprietaria dell'appartamento!"
"Ma signora... sarebbe un falso! D'accordo che non è un atto pubblico, però è bene essere cauti in queste cose. Non può chiamarlo e farlo venire a firmare?"
Ora la pazienza l'aveva davvero persa: "Ma è matto! Secondo lei mio marito dovrebbe abbandonare il lavoro per venire a casa a firmare quel pezzo di carta?"
Si alzò in piedi e fissò in viso Franca Baldi per alcuni istanti: era proprio arrivata al punto giusto di cottura.
"Magari non sta lavorando!" le disse con voce pacata.
Lei spalancò gli occhi e dischiuse le labbra, sembrava non aver capito.
"Forse starà prendendo il caffè con la brunetta!"
Ora la bocca di Franca era del tutto spalancata. La richiuse di colpo e si mise quasi ad urlare:
"Che ne sa lei di quel che fa mio marito... chi è lei?"
Colpita ed affondata, pensò. Con la maggior soavità che gli era possibile le disse:
"So quello che sanno tutti, signora. Non mi dica che non se n'è accorta?"
Sembrava che fosse passata dalla rabbia all'incertezza. Ora non urlava più.
"Insomma... chi è lei? Cosa vuole da me?"
Era questo il momento tanto atteso e preparato: afferrò il gancetto della cerniera e aprì la tuta. Vide un lampo di terrore passare negli occhi di lei.
"Cosa sta facendo? Se ne vada, o mi metto a urlare e faccio arrivare gente!"
Con tutta calma mise due dita nel taschino della camicia e ne estrasse un biglietto da visita.
"Sono l'avvocato Fernando Lepri... avvocato divorzista, per la precisione. Lei signora ha senz'altro bisogno della mia competenza. L'aspetto domani mattina alle nove nel mio studio... vede... qui c'è indirizzo, numero di telefono, cellulare. Assistenza completa a prezzi modici!"
Risalendo sull'auto l'avvocato Lepri era soddisfatto: era stato più facile del previsto, merito anche suo che aveva predisposto tutto a puntino. Però, riflettè in conclusione, se ci fossero meno avvocati e meno concorrenza non dovrei ricorrere a certi sistemi per procacciarmi i clienti!
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