Uno di quei sabati mattina di inizio febbraio, grigi e freddi, di quelli in cui si fa fatica ad uscire di casa.
Periferia di Milano, lungo la strada che da nord entrava in città: superata una grande rotonda in mezzo a campi di rovi abbandonati e centri commerciali ancora semi vuoti, come di colpo iniziavano le abitazioni. Sulla sinistra un gruppo di concessionarie, sulla destra si innalzava, d'un rosso spento, un'immensa schiera di palazzoni costruiti ormai decine di anni fa, all'epoca del boom economico.
Parcheggiato di fianco ad un concessionario. Doppie frecce. I bimbi sui sedili posteriori. Tutti in attesa di A. che era scesa di corsa per una commissione.
I secondi passavano: mi guardavo intorno. Macchine dall'aspetto dimesso che passavano lente in tutte le direzioni. Qualcuno entrava e usciva nel bar di fronte. Alzando lo sguardo, la parete di un palazzo. Contai i piani, uno due tre quattro... nove.
-nemmeno l'onore di arrivare a dieci -
Lo sguardo perso in quella moltitudine di finestre: molte tapparelle erano ancora abbassate. Dalle altre finestre le classiche tende bianche nascondevano l'interno.
Ad un certo punto - sarà stato al quarto quinto piano - si aprì una porta: qualcuno era uscito sul balcone.
Uno di quei piccoli terrazzini protetti da una ringhiera incerta. Adesso le fanno più alte.
Un signore sulla settantina, golfino nero per proteggersi dal gelo e pantaloni azzurrini del pigiama. Un foulard bianco faceva da sciarpa, arrotolato fino a coprire il naso.
Armato di scopa, iniziò a pulire la parte superiore di un armadietto di plastica che spuntava sulla destra del balcone. I bimbi trovavano la cosa divertente, e iniziammo a ridere! Con la scopa si pulisce il pavimento, no?
L'apoteosi arrivò quando dalla tasca del pigiama tirò fuori un fazzoletto e iniziò, con cura certosina, a pulire ogni parte della ringhiera. Impiegò almeno cinque minuti, impegnandosi a fondo su ogni particolare. Poi rientrò in casa: pareva che il divertimento fosse terminato fin quando si notò la finestra di fianco che si apriva: il fazzoletto si apprestava a pulire lo stipite, con la stessa cura di prima.
E così passarono interi minuti: la finestra si chiudeva, si apriva la porta di un secondo balcone: questo signore sembrava voler pulire con quel piccolo fazzoletto tutta la casa. Poi tornò sul primo balcone e iniziò di nuovo con la scopa. Noi ridevamo troppo della situazione. Diede anche una nuova pulita all'armadietto: che si fosse sporcato di nuovo nel frattempo?
Lo immaginai impegnato in un lavoro infinito, mattina, pomeriggio, sera passando da un balcone alla finestra e poi al secondo balcone, e poi di nuovo all'inizio. Sguardo fisso sul lavoro che stava svolgendo, d'altronde cosa c'era da guardare fuori? La schiera di macchine? Il grigio della città? E cosa offriva quel gelido mattino di febbraio?
Fin che, come d'incanto, forse per uno strano movimento del suo viso, i nostri occhi si incrociarono: noi all'interno dell'auto, lui impegnato nelle sue pulizie.
Mi voltai di scatto e coprii gli occhi ai bimbi.
Perché avevo capito cosa stava per fare.