La temperatura era scesa notevolmente nei giorni che precedevano il Natale.
Dai comignoli sui tetti usciva ininterrottamente il fumo grigio dei camini.
In città i segni della ricorrenza che stava per arrivare erano evidenti: per strada festoni colorati e scritte augurali spezzavano l'effetto monocromatico degli edifici scuri; gruppetti di musicisti suonavano nenie sperando in un'offerta e le campane delle chiese continuavano a richiamare i fedeli.
Nelle case le famiglie intonavano canti natalizi.
Tom era un uomo piuttosto piccolo di statura, ma robusto. Dal suo viso non trapelavano emozioni. Guardandolo attentamente, gli occhi vicini e il naso aquilino facevano venire in mente un rapace.
Vestiva in modo distinto ma sobrio.
"Mi sento più buono, più sereno". I suoi movimenti erano decisi. "Sarà il periodo". I gesti che compiva denunciavano pratica e precisione.
"Queste feste infondono sempre una sensazione che predispone alla pace". Continuò a muoversi con la solita abilità. Il seminterrato era poco illuminato e piuttosto freddo ma i suoi occhi erano abituati a quella situazione e oltretutto una temperatura più alta avrebbe potuto creare problemi per la sua occupazione. Si asciugò la fronte con la manica della giacca e fermandosi un attimo pensò: " Questo è l'ultimo per quest'anno. Domani è Natale e mi concederò un po' di riposo" La neve aveva ricoperto ogni cosa e i bambini per strada giocavano contenti. Dalla finestra di una casa vicina si diffondeva un buon profumo di arrosto. Due cavalli avanzavano con difficoltà trainando sul lastricato viscido un carro carico di legna da ardere. Il conducente schioccava la frusta per incitarli. Qualche passante frettoloso, chiuso nel proprio mantello, si proteggeva dal freddo e dalla neve. "Mi è venuto un certo appetito" disse tra sè e sè e sciacquandosi le mani insanguinate diede un altro sguardo al corpo martoriato: "Ho fatto proprio un bel lavoro" riflettè. Il cadavere sezionato e con il torace aperto era stato completamente svuotato degli organi. La faccia cerulea sembrava deformata: gli occhi sbarrati e la bocca, rimasta aperta, metteva in mostra la lingua fuori per metà. Aveva scelto con cura la sua vittima: era entrato in una taverna e dopo avere adocchiato un uomo già un po' brillo aveva attaccato a parlare e gli aveva offerto da bere. Sapeva essere convincente, ci sapeva fare, ed era anche capace di mostrarsi un ascoltatore interessato. Spacciandosi per un venditore di pellicce lo aveva adescato offrendogliene una ad un prezzo convenientissimo. Dopo averlo attirato nel suo "laboratorio", lo aveva addormentato con il cloroformio. Lo aveva sgozzato recidendogli la giugulare con precisione chirurgica e raccogliendo il sangue in un apposito contenitore. Poi, canticchiando il ritornello di una canzoncina, aveva continuato il suo macabro rituale. Diede una lavata ai suoi strumenti, versò un po' del sangue ancora tiepido in una coppa e lo sorseggiò con evidente compiacimento; avvolse qualcosa in un pacchetto, uscì chiudendo a chiave la piccola porta dietro di sè e dopo avere risalito i quattro gradini che lo separavano dalla strada si diresse verso casa, per consumare il pasto. "Mi sento veramente bene" pensava," Mi piace l'atmosfera natalizia, gli addobbi, gli auguri... vorrei che fosse sempre Natale". Camminava tranquillo con un'espressione soddisfatta, respirando l'aria pungente di quel giorno di festa, con il suo pacchetto sottobraccio...
Quando la polizia scoprì i resti putrefatti dell'uomo nel seminterrato, Tom aveva già fatto a pezzi altre due vittime e si era nutrito dei loro organi.
La neve si era sciolta da un pezzo e il Natale era solo un ricordo.