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L'A-Morale della storia
C'era una volta un fattore. Cioè uno che ha una fattoria. L'uomo viveva del suo lavoro, del proprio sudare tra bestie e campi. Aveva anche un cavallo, un bel cavallino giovane, un morello brillante, forte e grosso. Lavoravano insieme nei campi e lui gli accarezzava la stella che aveva tra gli occhi palluti, grossi e lucidi come uova al tegamino.
Un brutto giorno (è così che si dice) il cavallo (si chiamava Sig. Jack, l'avevo già detto?) non voleva saperne di alzarsi. Restava steso, indolente e indifferente elle urla del bravuomo e addirittura alle pacche di incitamento che il fattore gli rifilava sulla coscia muscolosa.
Lo guardava di sfuggita e poi tornava a poggiare pigramente il testone.
Il fattore, preoccupato e infastidito dal contrattempo (ma lui era infastidito come principio di vita. Una brava persona per carità, ma così... nervosetto), chiamò subito il suo amico veterinario; grosso luminare della veterinariologia e tenuto - e temuto - in gran considerazione in tutto il paesetto.
Il dottorone arriva lesto e dopo uno sguardo alla bestia e un paio di boccate alla pipa diagnostica emette il verdetto: "trattasi di ectoparassiti funestevoli e furfanti, la bestiola andrà trattata con semi di lino ben cotti e due di queste compresse... una al mattino ed una alla sera. Se non vi saranno miglioramenti apprezzabili, il Sig. Jack verrà abbattuto al terminare del quinto giorno dall'odierno".
Il maiale, che aveva assistito a tutta la discussione, corse dal cavallo per invitarlo ad alzarsi o sarebbero stati guai seri: "amico, non scherzare. Noi animali siamo vivi finché siamo utili. Mica siamo come gli uomini che vivono anche quando non servono più a nessuno, a noi c'accoppano ecco cosa. Alzati, dammi retta o qui finisce male". Il Sig. Jack mosse la testa quel poco necessario a emettere uno sbuffo, nel quale il maiale non mancò di notare una vena di sarcasmo, e subito tornò al dolce poltrire.
I giorni successivi non portarono al buon fattore le notizie sperate: il cavallo di alzarsi non ne voleva sapere. Lui d'altronde di abbatterlo avrebbe fatto volentieri a meno, ma doveva arare i campi e un cavallo dormiente non era di utilità alcuna. Poi ci si metteva anche la moglie: "uccidila quella bestia sfaticata. Almeno ne faremo carne da vendere al mercato e coi soldi compreremo un cavallo decente". Non aveva mica torto, comprare un cavallo nuovo non era uno scherzetto e poi il Sig. Jack non si alzava... ma a mangiare mangiava!
L'illustre veterinario fu nuovamente convocato per giudicare la situazione. Arrivò col calesse e, senza neanche scendere, dichiarò: "mio buon fattore, son forse io uomo da perdite di tempo? Non le ho già dato cura ed anche soluzione estrema per il suo cavallo?". Ma il fattore scusandosi con riverenza e cappello sul petto lo pregò di guardare ancora la bestia malata. Lo stimato veterinario allora, con malcelato disappunto e passo affrettato, si recò nella stalla. "per mille anfetamine" disse fuor di sé, "non si tratta di parassitosi. Il tutto è ben più grave! Trattasi di enfisema corrosivo unitamente a carenze nutritive dovute alla mala digestione del latte in fase di svezzamento... e... perché no... di tumore persino! Se al termine del secondo giorno dall'odierno, queste punture non sortiranno effetto curativo... io stesso abbatterò l'animale".
Il maiale sentite queste parole corse dal cavallo e lo pregò in tutti i modi di porre fine al suo teatrino: "ma allora sei scemo?! Questi ti ammazzano non hai capito? Due giorni! Due giorni e tu sei morto! Alzati, ti prego". Il Sig. Jack mosse appena la coda e la frustò placidamente sul fieno a terra.
Decorsi che furono i due giorni, puntale come la battuta acida di una cattiva moglie, il geniale medico giunse saltellando sul suo calesse alla fattoria. Immediatamente si informò presso il fattore della salute di sua moglie e di cosa ci fosse in tavola per il desinare, dicendo con fare signorile e disinteressato: "guardi, è già la mezza!". Il bravuomo del fattore lo informò degli apprezzabili passi in avanti della depressione sulla debole psiche della moglie, e di come il morbo di Alzheimer, a causa della proteina betamiloide, le stesse causando una forte diminuzione di acetolina nel cervello. Ma se a queste dissertazioni l'arguto medico parve prestare poca attenzione, si riprese nel corpo e nella mente quando udì la parola cannelloni. E poi chiese del cavallo.
Il fattore abbassò la testa e farfugliò qualcosa circa il fatto che, insomma, il mio buon Sig. Jack, come si dice... non è proprio, che voglio dire... insomma...
L'infallibile scienziato all'udire queste parole bloccò un con gesto netto della mano il balbettio dell'agricoltore e dichiarò: "allora è deciso: il cavallo morirà. Prima del desinare, proprio adesso. Preparerò la letale iniezione".
Il maiale allora, che sentiva sempre tutto e aveva molto a cuore le sorti del cavallo, che giudicava tutto sommato una buona e brava creatura, nonostante la sua vena di folle e smodato protagonismo che lo conduceva non di rado ad assumere comportamenti bizzarri e tutt'altro che dignitosi, corse ansante a dare l'estremo avviso allo sprovveduto Sig. Jack: "sentimi cretino, ascoltami bene: non è affar mio come decidi di gestire o gettare i pochi anni che la natura ci concede in vita. Non è affar mio se decidi di non alzarti più di terra. Non è affar mio e dunque non è mio compito emettere un giudizio etico sul tuo dissennato comportamento. Ma, ecco... volevo solo salutarti e per sempre... giacché oggi avviene quello che non credevi sarebbe mai avvenuto. Oggi ti uccidono amico mio. E ti chiamo amico in punto di morte, perché nella morte almeno io ti ho amato. Ma ecco che arrivano... e non c'è più tempo... e io...". E il maiale si dileguò, con gli occhi grondanti e la voce rotta dall'emozione. Il SIg. Jack aveva ascoltato con apparente impassibilità e ora alzava piano piano il testone per dirigere l'occhi palluto in direzione del vociare che emettevano le due figure appena uscite da sotto l'ombra della tettoia dell'abitazione del fattore.
Come vide avvicinarsi i due, e soprattutto notando il siringone che conduceva in mano il veterinario, il cavallo balzò in piedi all'improvviso! Si mise a correre e saltare... nitriva e correva... sbuffava e sculettava... abbozzò qualche passo di danza persino!
I due uomini lo fissarono con le mascelle pendenti e gli occhi sgranati.
Il mitico Taumaturgo cercò subito la compostezza di un atteggiamento da cui si potesse notare che, in fondo, non stava accadendo nulla ch'egli non avesse già previsto; e ostentò quel sorrisino soddisfatto che fai quando si realizza una tua profezia cui gli altri non hanno dato credito, ma di fronte alla quale non ha vacillato mai la tua saggia certezza.
Il semplic'uomo del fattore, invece, non smetteva di fissare la bestia con la sorpresa dipinta in volto - che già sfumava in felicità e riconoscenza - e non avrebbe neanche osato chiedere spiegazione circa il significato misterico della pianificazione scientifica del miracolo!
Solo, poté voltarsi con lenta venerazione alla volta del Santo Guaritore e con voce intermittente - mentre ancora il Sig. Jack galoppava e scorrazzava per il cortile e i campi - esclamare: "lei dottore.. lei... è u-un genio... ha salvato il mio caro cavallino da morte certa... un miracolo è questo, sì... MIRACOLO... che scienziato! che uomo! Ma... ma qui bisogna festeggiare, fare festa grande in onore dell'evento... CHE SI UCCIDA IL MAIALE!!!".
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