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Di una storia clownesca. A nostra immagine e somiglianza
C'è una madre presso una foce. C'è una madre senza più voce: la disperazione è un singhiozzo. Aspetta il ruttino del figlioletto. Viene giù la montagna: cade nella foce senza fragore. Esce sangue. Esce acqua. Si mescolano in grandi botti per farne vino e strabiliare tutti. I presenti non capiscono e se ne vanno. Raggiungono un cavallo lontano. Bruca l'erba. Brucia l'erba sotto il sole: estate. Resta solo il direttore: senza parole. Le cerca nell'immondizia. La puzza è troppo forte. Tura il naso.
"Sono venuto per i poveri, i malati e i cattivi" dice il dottore.
"Avanti, c'è posto" sussurra umile il direttore. Prende una sedia. Offre il caffè. Travasa il vino nel retrobottega. Al riparo e al sicuro. Segna i giorni mancanti su un muro, li conta ad alta voce: "Uno, due, tre" canticchia il direttore. Aspetta un nuovo giorno. Aspetta la madre, la quale aspetta il figlio travestito da dottore. Il quale dice: "Sono venuto per gli storpi, i ladri, i fraudolenti".
"Vendo i miei cavalli" fa il direttore. Porro si gira, prende la mira. Cerca nell'immondizia: la pigrizia. "Sono venuto anche per te" indica il dottore. "Sono venuto per tutti". Riceve tutti i giorni al calar del sole, seduto su una panca. Di fronte alla banca del paese: infelice. Il dottore si traveste da figlio. Piange tra le braccia della madre: chiusa in una vetrina. Opaca: una candela. Per attraversare la notte. Oppure fanno a botte. I ragazzini per ingannare il tempo. "Propongo una lotteria a tutti i convenuti" si esalta il direttore.
"Ho comprato un qui-pro-quo" dice il figlio.
"Facciamo un po' per uno" dice il dottore.
"Chi fa da sé..." dice la madre. Chi non ascolta la propria madre: chi non ha figli di proprietà. Chi va: chi viene. La gente passa veloce; la gente accelera: piove. Muore. Poi risorge. In mezzo c'è l'anima con i suoi tormenti. Il dottore pone volentieri alcuni dubbi: si siede su una seggiola. Aspetta la pioggia: aspetta gente. Suona il campanello: arrivano piccoli doni. Il dottore prova a consolare la madre piangente. Lacrima su lacrima: cuce una piccola veste al proprio figlio. Il direttore sbircia dietro l'angolo. Fa segni strani ai suoi facchini: un pacco e un dono. Un pacco fuori dal dono. Il dono è dentro al pacco. Bisogna prendere il dono senza aprire il pacco. Prendere il pacco, lasciare il dono. Prendere il dono, lasciare il pacco. Lasciare ciò che si prende: prendere ciò che si lascia. Rompere il pacco con un'ascia, senza rompere il dono. Senza disturbare. "Forse è venuta l'ora di andare" dice il figlio alla madre.
"Ho fatto questo per te" dice la madre.
"È un viaggio senza ritorno" dice il figlio.
"Bisogna controllare che tutte le condizioni siano soddisfatte" dice il dottore. Chiama il suo segretario con un fischio. Vestito di bianco ma senza cravatta. Il nodo al collo. Il nodo alla gola. Piomba il silenzio nel tendone. Lo spettacolo è fuori: nelle piazze. Tra le persone. Nessuno si diverte, in realtà. Qualcuno accenna un sorriso di circostanza. Il circo in una stanza: la stanza in un circo. La contorsionista è tutta casa e bottega. Vive da molti anni a ridosso del tendone: festante. Si allena fuori, si esibisce dentro. Si allena e si esibisce nello stesso momento. Molti la osservano in afosi pomeriggi di preparazione, prima dello spettacolo.
"Portiamola via" dice il dottore.
"È la più bella" dice il direttore.
"Incanta i serpenti" ribatte il dottore. Il serpente non dice, scruta il terreno. Si ferma. Riprende il suo strisciare sinuoso. La madre aspetta tempi migliori per il proprio figlio. Non è più solo suo: l'ha scoperto all'archivio comunale. Ricorda il battesimo frettoloso del piccolo nei pressi di una pozzanghera.
"Oggi piove" dice la pozzanghera.
"Nessuno deve smettere di sperare" dice il figlio.
"Mi accontento di quello che ho" fa il direttore.
"Quando tutto s'asciuga..." sussurra la pozzanghera.
"Tengo stretti i miei successi" dice il direttore.
"E aspettare il momento opportuno" dice il figlio.
"Mi specchio nella terra arida" riflette la pozzanghera. Si specchiano nella pozzanghera: il dottore, travestito da figlio, il direttore, Porro giunto per caso, la contorsionista. Immagini torbide: indefinite.
"Siamo lì o siamo qui?" chiede il direttore.
"Bisognerebbe trovare un metodo per assorbire le acque e far bere gli animali" dice il dottore.
Perché piange la madre. Prima ipotesi: non c'è ipotesi, quindi si ritorna al quesito. Seconda ipotesi: prevede per il figlio un futuro incerto. Lontano da lei, lontano da tutti. Da tutto. Solo in una caverna. Al freddo d'inverno, al caldo d'estate. Al freddo d'estate e al caldo d'inverno. Vivrebbe nella confusione. Terza ipotesi: non sa se suo figlio sia il dottore o se il dottore sia suo figlio. Se è madre del dottore ed è madre del figlio: il dottore e il figlio si vestono allo stesso modo. È madre di due figli, di cui uno è dottore. O ha un solo figlio che è pure dottore. Si rende conto di non avere un dottore (per ogni evenienza) che sia anche suo figlio. Se fa richiesta di un dottore, questi non le si presenta certo in veste di figlio. Il figlio si presenta ogni volta anche come dottore. Quarta ipotesi: la madre piange proprio perché non riesce a fare ipotesi. E si ritrovano tutti a camminare lungo il pavimento, ma si accorgono che è il soffitto. Stanno con la testa all'ingiù. Il pavimento di un piano è la volta del piano sottostante. Menno è sorpreso dalla sorpresa: missione compiuta. Stira una camicia per il figlio. È giunto ospite all'improvviso. Nudo e tremante di freddo. Ballo accende un fuoco: ha trovato legna che prima non c'era.
"La finestra possiede una porzione di cielo" dice il figlio.
"Vi aspetto più tardi" dice il direttore.
"Ognuno di noi si consoli" aggiunge il figlio.
"Una bevanda calda prima di uscire" dice Ballo. Alcune voci si mischiano per strada. Voci. Strada. Voci di strada: parole di popolo. Che nessuno ascolta. La madre prepara il cibo. Il dottore si veste nella penombra. Il figlio contempla il fuoco. Il direttore dà disposizioni ai suoi sottoposti. Contano i posti venduti. Una parte della percentuale è per loro. Contano: da sinistra verso destra e dall'alto verso il basso. In senso opposto l'uno all'altro. Si incrociano in un punto definito. Al centro. Fanno centro. Lanciano frecce contro il bersaglio. Lanciano coltelli i lanciatori di coltelli: verso un muro. Contro una donna di gomma. La gomma rimbalza, si allontana dalle mani. Si allontana dalla vista. Tutti perdono la speranza.
"Nessuno smetta di sperare" ripete il figlio. Un punto piccolissimo sullo sfondo della scena. Quasi invisibile. Torna indietro con lentezza; poi più veloce. Riprende un vago aspetto di donna: non più di gomma. Profuma l'aria e porta luce. Immagine di donna tridimensionale. Indossa una tunica larga e un mantello. Apre il mantello all'altezza del ventre. È donna ancora: è donna per tutti. Si alza, si solleva. Diventa altissima. Il mantello aperto copre tutti. Fa ombra: protegge. Sembra il tendone del circo. Si avvicina il direttore, si avvicina il dottore: e tutti gli altri. Nei paraggi e non: soprattutto non. Guardano con occhi spalancati. Nel mezzo: un vecchio nudo con una palma in mano: un signore calvo con un saio logoro: una bella fanciulla con uno scrigno sul petto: un giovane riccioluto con una spada e uno scudo.
"Nessuno resterà impunito" dice il giovane.
"L'amore vero è un segreto e io lo conservo" dice la fanciulla. Il vecchio si batte il petto. "Non ho capito nulla" dice Porro.
"Dileguiamoci in silenzio" suggerisce il direttore.
Il signore calvo depone calmo il saio sul pavimento. Si tuffa nella pozzanghera: sparisce. Il giovane abbandona la spada. Il dottore esce con le coppe. Dà da bere a tutti i presenti. Il direttore sputa schifato.
"Ciò che è amaro in bocca, è dolce nello stomaco" dice il figlio.
"Mi preme la meraviglia" dice il direttore.
"Tu che organizzi tutto" dice il figlio.
"Non capisco nulla" fa Porro. Taglia con la lima le unghie. Di Menno: "Non è come credi".
"È come non credo" dice Porro.
"Qui tutto ha un effetto di sorpresa" incalza il direttore.
"Pensi di avere in mano ogni cosa" dice il figlio. La madre attende ancora più in alto di tutti. E prende vento. Ferma l'aria. "C'è sempre qualcuno che pensa a tutto" dice il dottore.
"In ogni caso" ribatte Ballo. Beve ancora. Si ubriaca. Canta: si calma subito. La bella fanciulla scopre i seni. Inganna le menti. "Se non menti non entri". Si spoglia di tutto. Apre lo scrigno: un castello per aria: una falsa illusione: un muro di gomma: un pezzo di pane. Ogni oggetto si disperde. Nell'aria. La madre raccoglie con pazienza: mette in tasca. La tasca si sfonda. Ogni cosa precipita. Si frantuma al suolo: dove c'era la pozzanghera. Tutti la denigrano. Ci sputano sopra. Ripetutamente. Una nuova pozzanghera: di saliva.
"È mia!"
"No, è mia".
"Ci ho sputato prima io".
"Vuol dire che ti fa schifo".
"Se ci hai sputato". La saliva si asciuga. È solo un ricordo delle nostre bocche. Dramma della lingua: c'è una lingua che non apprezza più la sua bocca. Esce ed è costretta a strisciare per tutta l'esistenza.
"Lingua biforcuta!" dice Menno.
" A tutto c'è un rimedio" dice il dottore.
"Lingua di serpente" ribadisce Menno.
"Prima di parlare conta fino a dieci" dice il direttore. Si conta a partire da zero. Ma si inizia dicendo: "uno". E tra lo zero l'uno: piccoli passi fatti piano; in silenzio per non svegliare i dormienti. Nella casa buia. Quando si torna tardi a notte fonda. Il vino balla ancora. Vuole tornare fuori. E tra l'uno e l'altro come stare davanti a uno specchio. Guardare l'uno, tralasciare l'altro. Fare tutto questo allo stesso tempo. Entro un tempo stabilito. Da altri: seduti a guardare: a godere. Con grande gaudio. Habemus pappam: è pronto in tavola. La madre fa mangiare tutti. Lei resta a digiuno: penitenza. Fa quasi rima con pietanza: allora è più difficile. Pazienza.
"Buon appetito" esordisce il direttore.
"C'è cibo per tutti. Venite!" dice il figlio.
"Prelibatezze e fiumi di vino!" esclama Porro.
"Non sarete mai sazi" dice il dottore.
"Chi non beve e non mangia, soffre la vita e il mal di pancia" dice il direttore. Si siedono, ma non ci sono sedie. Cadono. Cedono alle loro intenzioni. Cede il suolo: sprofondano in un mare asciutto. "La verità è il più grande tra gli inganni" dice il dottore. Poi si fermano: attenuano la caduta. Il figlio viene avanti con una zappa: per coltivare l'orto. Il dottore dà fuoco alle erbacce. "La semina è pronta" dice il figlio.
"Allora speriamo che piova" incalza Porro.
"Mai smettere di sperare" ribadisce il figlio.
"Si fermasse almeno il vento" fa il direttore. Il cavallo ritorna: a briglie sciolte. Nel sale. Sale e scende: le scale. Scala una montagna. Si lancia nel vuoto: a rendere. "L'anima a Dio, il corpo a chi dico io" dice Ballo. Menno aspetta fuori: proclama il prossimo spettacolo. Il direttore conta l'incasso. L'incasso non conta più nulla, se è per l'ultima volta. C'era una volta: una volta. Che poi crollò. Accumularono poco per volta. Tante macerie e sotto resti umani. Quel che resta degli uomini. Qui, in questo luogo, in questo istante. "Hai visto. Anche il corpo è mio" dice Dio. Poi si voltano verso il profumo proveniente dalle cucine. Rapiti. Rapidi. Piramidi. Palmipedi. Attraversano la strada polverosa. Verso il circo. Entrano nel cerchio: giro giro tondo. Quanto è bello il mondo? Non lo sanno: non l'hanno mai visto. Girano vorticosamente nel cerchio. Nel mondo. Nel cerchio del mondo. Giro giro tondo. Tutti giù per terra: il figlio deposita la semenza. Rovescia il solco. Della terra. Gira sempre. La terra: è un rito. Un'abitudine. O un vizio. C'era un vizio mascherato: l'hanno assassinato. Gloria fu, ora non più. Ora sono tutti fermi: in fila. La madre si erge ancora; apre il suo mantello. Come si apre il tendone. Divarica le gambe per fare spazio. E accogliere tutti: il mondo: la terra: il giro giro tondo: la semina: il solco.
"C'è un tunnel in fondo alla luce. Che cosa facciamo: entriamo?"
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