racconti » Racconti su sentimenti liberi » Cuore di ghiaccio
Cuore di ghiaccio
Era sempre piena quella gelateria, da quando la gestione era cambiata e il nuovo proprietario si era sbizzarrito in tutta una serie di nuovi gusti, alcuni persino discutibili. I clienti facevano pazientemente la coda per accaparrarsi un cono.
Anche quel giorno non faceva eccezione. La fila, al solito, era molto lunga, ma c'era qualcuno che, piano piano, la stava risalendo, con l'approvazione benevola di tutti quelli che venivano superati.
Si trattava di un ragazzino apparentemente molto giovane e molto mal messo fisicamente: sapete, quel genere di handicap che rende un po' deformi, con i movimenti degli arti a scatti e una grossa difficoltà ad articolare le parole.
In poco tempo era arrivato al banco e il gelataio gli chiese, piuttosto bruscamente, cosa volesse.
"Cccce l'hai il gggelato alla zzzucccca?"
Il poverino ci aveva messo un buon minuto a formulare questa semplice domanda, ma il senso si era capito abbastanza bene.
"No, non ce l'ho il gelato alla zucca, e adesso togliti dai piedi, ché i clienti stanno aspettando" grugnì il gelataio.
"Nnnon ccce l'ha il gggelato alla zzzucccca..." disse mortificato il ragazzino, rivolto agli altri clienti, e se ne andò via mestamente.
Qualcuno, nella fila, osservò: "Però, questo gelataio, proprio poco sensibile, poteva anche trattarlo un po' meglio, quel povero ragazzino!"
D'altra parte, voi m'insegnate, un gelataio deve avere un cuore di ghiaccio, se no è meglio che cambi mestiere, vi pare?
Il giorno dopo, alla stessa ora, il gelataio si ritrovò di nuovo il ragazzino davanti al bancone. Ma non appena questi ebbe pronunciato "Cccce l'hai..." prontamente lo fulminò: "No, non ce l'ho il gelato alla zucca, non ce l'avevo ieri, non ce l'ho oggi e non ce l'avrò domani, è inutile che torni!"
"Nnnon ccce l'ha il gggelato alla zzzucccca...", tornò a dire sconsolato e scuotendo la testa il nostro ragazzino, mentre usciva mogio mogio e senza gelato.
Il giorno seguente la storia si ripetè, quello dopo ancora, e ancora, ancora; ma il gelataio non dimostrava la minima compassione e ogni volta lo cacciava via in malo modo.
Col passare dei giorni i commenti dei clienti si facevano sempre più severi. Addirittura, nelle ore che precedevano e seguivano l'arrivo del ragazzino, la fila si assottigliava.
Dài e dài, a un certo punto anche il cuore di ghiaccio del gelataio cominciò a incrinarsi, di fronte all'ostinazione di quella sfortunata creatura.
L'artigiano si informò dai suoi fornitori di aromi se esistesse questo gusto "zucca", ma tutti esclusero nel modo più assoluto che ci fosse, che ci fosse mai stato, e che qualcuno avesse intenzione di produrlo: gli suggerirono di provare a fabbricarselo lui stesso con la materia prima, la zucca.
Ci provò, fece diversi tentativi, e buttò via tutto, era immangiabile.
Si rivolse alla associazione di categoria per verificare se per caso qualcun altro si fosse cimentato nella produzione di questo benedetto gelato alla zucca: niente di niente.
Eppure, ormai era diventata una questione di principio: il ragazzino tornava regolarmente ogni giorno e il gelataio non solo non lo trattava più bruscamente, ma si vergognava anche un po' nel rispondergli che il gelato alla zucca non ce l'aveva.
Decise di sacrificare qualche ora di sonno per smanettare su internet alla ricerca di una soluzione. Dopo essere stato reindirizzato nei siti più assurdi, stava ormai perdendo le speranze, quando si imbatté nel blog del più anziano gelataio d'Europa, un istriano di Opatija che aveva avuto per cliente nientemeno che il Maresciallo Tito, ghiottissimo di gelati.
Gli raccontò la triste storia di cui era diventato involontario protagonista e lo pregò di aiutarlo a far felice quel povero ragazzino.
"Caschi male" gli disse l'istriano. "Io il gelato alla zucca non l'ho mai fatto. Però, adesso che mi ci fai pensare, mio nonno, grande viaggiatore, un giorno mi raccontò che in Sudafrica, vicino a Johannesburg, l'aveva assaggiato e non era neanche malaccio, però lo facevano con un tipo particolare di zucca che cresce solo là. Come si chiami, non lo so".
"Cercare un ago in un pagliaio sarebbe più facile" pensò il gelataio, ma non si perse d'animo. Mise di mezzo la Camera di Commercio, l'Istituto per il commercio estero, la Farnesina, finché riuscì a mettersi in contatto con l'associazione dei produttori di zucca della regione di Johannesburg e a farsi spedire una campionatura di tutti i tipi di zucca prodotti nella zona.
Provò sistematicamente tutte le diverse cucurbitacee, finché trovò l'unica che dava un risultato, non dico buono, ma almeno accettabile. Per migliorarlo ancora ci sarebbe voluto un quantitativo di zucche decisamente superiore.
Fece allora un altro ordine, ansioso a questo punto di arrivare al risultato ottimale.
I colleghi lo prendevano per matto: "Quanti coni dovrai vendere per recuperare tutti i soldi che stai spendendo?" gli dicevano. "Non importa" obiettava lui "la soddisfazione di quel ragazzino mi ripagherà di tutto. L'ho trattato troppo male, glielo devo".
Quando finalmente arrivarono (via aerea, a un costo esorbitante) gli scatoloni contenenti la zucca adatta, si mise subito al lavoro e dopo qualche giorno, e uno scarto di almeno il settanta per cento di materia prima, poté finalmente aggiungere in vetrina un'altra vaschetta di gelato, col cartellino "Alla zucca".
Pregustava il momento in cui il ragazzino si sarebbe presentato e gli avrebbe rivolto con difficoltà la solita domanda, ne immaginava lo stupore, ma anche la gioia, nel sentire finalmente una risposta affermativa.
A un tratto lo assalì il dubbio: e se il ragazzino non venisse più? E se si fosse stufato? Se le sue condizioni di salute fossero peggiorate? Non sapeva né come si chiamava, né dove abitava... "Ma no" si disse, "andrà tutto bene, e saremo tutti felici".
Il giorno seguente, alla solita ora, il ragazzino, lemme lemme, cominciò a risalire la coda tra gli sguardi commossi dei clienti che avevano già notato la vaschetta nuova.
Quando arrivò al bancone e aprì la bocca, il gelataio gli lasciò formulare tutta la domanda senza mettergli fretta e poi, tirando un grosso respiro di sollievo e guardando fiero gli altri clienti gli rispose: "Sì, ce l'ho!"
"Davvvvero?" si stupì il ragazzino. "E l'hai assssagggiato?"
"Sì, certamente" rispose il gelataio con un largo sorriso.
"Hai sentito... che skkkifo?"
E se ne uscì dal negozio finalmente soddisfatto, con la sua solita camminata sbilenca e un sorrisetto sornione...
123
l'autore PIERO ha riportato queste note sull'opera
Dedicato a Clara, che questa storiella la raccontava - in modo molto più arguto di me - sotto forma di barzelletta.
un altro testo di questo autore un'altro testo casuale
0 recensioni:
- Per poter lasciare un commento devi essere un utente registrato.
Effettua il login o registrati
Anonimo il 21/06/2012 20:38
Piero... ha ragione l'Amorina... non rispondi nemmeno, e fai bene... leggi domani il mio brano Amorina Rojo così finalmente apri gli occhietti al mondo...
- Il P. S. va letto alla fine... errore nella digitazione
- Inizio da questo racconto che è emblematico del tuo modo di fare narrativa... ho letto altre cose per le quali il commento sarà più complesso. Ho tempo per farlo.
Ecco, questo ti consiglio di toglierlo proprio...è un obbrobrio, e mi spiego.
P. S. l'hai taggato Racconto sui sentimenti liberi... ma va là, sentimenti liberi. Ma quando, e dove?
Vai su un qualsdiasi sito di "scrittura creativa", ( per quel che vale, ovviamente, ma lo stesso consiglio me lo dava il mio insegnante del liceo ) e troverai scritto: Mai mettere in prosa una barzelletta. È un punto fermo, non c'è alternativa.
Bukowski diceva: se non hai niente da dire lascia perdere...è uno sforzo immane quel che farai ed i risultati saranno lì da vedere.
Hai ricevuto fin troppi commenti, e troppo buoni. L'ultimo in ordine di tempo te lo fa capire, anche se sbaglia sul fatto che è scritto bene: scrivere bene non significa fare un bel temino. Scrivere significa comunicare... qui non c'è pathos, nemmeno l'ombra. A mio avviso hai avuto pessimi insegnanti. Bacino
- Peccato per l'originalità, ma scrivi proprio bene. Complimenti!
PIERO il 28/02/2012 23:03
Grazie! Grazie davvero a tutti.
- Sinceramente sapevo dove andava a parare perchè conoscevo la barzelletta, nondimeno tu hai saputo raccontarla in un modo davvero delizioso. Me la sono goduta tutta e la risata finale c'è stata ugualmente, e pure bella piena! Merito della tua bravura di narratore.
Anonimo il 26/02/2012 16:42
No, no, è bella così, anche senza morale. Mica ci dev'essere per forza! Ridere fa bene al cuore, dimostrato anche scientificamente!
- Ohilà Piero... ce ne hai messo del tempo... il racconto è ben scritto, lineare, pulito... si vede che hai una mentalità logico-matematica... non sgarri. Nessuna sbavatura. La storia l'hai impostata bene, con abbondanza di elementi narrativi verso un finale-freddura. Ti aspetto però al varco con un racconto un momento più analitico circa la personalità dei protagonisti.
PIERO il 25/02/2012 20:31
Noooo! La morale, no! È come il dibattito dopo il cineforum!
Scherzo, se uno vuole trovarci una morale, va benissimo.
È che ogni tanto è anche bello rilassarsi con una risata...
Anonimo il 25/02/2012 20:26
... Che rabbiaaaaaaaaaaaaaa!!!! Chissà dopo quanto si sarà incavolato! Molto bella questa specie di semi-barzelletta in prosa! Ti dirò che, dal modo in cui la raccontavi, credevo ci fosse una morale in tutto questo! Invece...
- Ah ah ah!!!!!
Ma dai!!!! Dopo tutta sta fatica!!!
Opera pubblicata sotto una licenza Creative Commons 3.0