Il mio nome è Charlie Parker, ma mi chiamano Bird.
Dicono che la mia musica derivi da un'ossessione ornitologica.
Per cominciare vi racconto quando con l'orchestra di Jay mcShann ero in tournée. Molto spesso ci spostavamo in automobile.
Una volta eravamo un gruppo di due macchine e quella in cui ero io arrotò un pulcino,. presi la mia testa tra le mani perchè mi assalì un'angoscia totale e urlai al guidatore di fermarsi e tornare indietro, scesi dalla macchina e raccolsi con cura quel "yardbird", lo portai in hotel e chiesi allo chef di friggerlo: pretesi che ne mangiassero tutti. Ero strafatto, simulai un'eucarestia...
In effetti mi piace il pollo fritto ed ho cominciato ad amare la musica nei cortili, proprio come un "yardbird":
nel cortile della mia casa, da mia madre, a Kansas City, ascoltando il cinquettìo melodico degli uccelli, fin da piccolo ero affascinato dalla velocità del loro fraseggio, tanto simile a quel che coglievo quando il mio maestro Lester Young, soffiava in quel tubo di ferro, il suono che ne usciva era simile al cinquettìo degli uccelli più armoniosi, solo che il suo era più lento.
Nel cortile posteriore del Reno Club, dove insieme agli altri giovani musicisti disoccupati aspettavamo i leaders e da dove, altre volte, io mi intrufolavo, attraverso una porticina, per nascondermi in un anfratto adiacente al palco quando suonava il mio amico Jesse Price. Mi hanno sempre rimproverato, da ragazzo, che la ricerca ossessiva della velocità metteva in secondo piano la sonorità e la tecnica. Ma io quando mi esercito col saxofono nei cortili o all'aperto, quando questi curiosi uccellini cinquettano vicino a me, loro sono li, non posso fare a meno di imitarli, semplicemente...
Ad ogni concerto, talvolta quando io suono o durante ciascuno dei brani, negli "interplay", quando Elvin attacca con la batteria o Miles con la sua tromba, non posso fare a meno di osservare il mio pubblico. Vedo davanti a me marinai, poliziotti, pompieri, funzionari pubblici, prostitute e tossicomani, tutti con la bocca aperta, proprio come tanti uccellini affamati. In questi momenti le armonie più complicate si rivelano nitide nella mia testa e il mio diaframma e le mie dita fanno il resto.
La mia venerazione per gli uccelli deriva anche da ciò che loro fanno con ancor più naturalezza: il volo. Ed il mio è un volo migratorio fra tutti i suoni d'America, d'Europa e d'Africa: reels per violino, minstrel songs, motivi vaudeville, canzoni popolari americane ed anche spirituals, ragtime e blues.
Tutti noi afro-americani conosciamo il racconto orale di Caesar Grant, carrettiere e bracciante: "tutti gli africani, un tempo volavano come uccelli, ma poi a causa delle loro molte trasgressioni, quelle ali gli furono tolte. Rimasero alcuni qua e là, nelle isole del mare e in località sperdute delle pianure, certi che erano passati inosservati e avevano conservato la capacità di volare, anche se a vederli sembravano uomini come tutti gli altri."