Quest'aria è fredda, quest'auto è fredda, questo paesaggio è freddo.
Dicono che se ti fai la doccia con l'acqua bollente, dopo, quando esci, senti un gran caldo ma dura poco: poi arriva il freddo, quello vero, che irrompe ancor più forte e pungente di come sarebbe stato se l'acqua con cui ti sei bagnato sotto la doccia non fosse stata così bollente. Perché poi ti piace stare sotto l'acqua bollente, ti ci crogioli, chiudi gli occhi mentre senti il contrasto del bollore sulla pelle e pensi: " Oh si... Tempo fermati...". Non mi sono bagnata con un acqua troppo calda oggi, eppure sento un gran freddo, di quelli pungenti, che ti inaridiscono. Sento freddo da mesi, da un anno, da un anno e qualche mese. Sono inaridita da un anno e qualche mese. Per fortuna spesso il gelo inaridisce i rami e fa cascare le foglie ma, se l'estate è stata buona e la pianta annaffiata bene, dentro di lei continua a scorrere la linfa, in attesa di un nuovo raggio di sole. Qualche anno fa camminavo curiosa per le strade di un posto sconosciuto, di cui non mi fidavo affatto. Non soffrivo il freddo e non sentivo eccessivamente caldo, camminavo e respiravo, respiravo e assimilavo, assimilavo e osservavo: conoscevo. Conoscendo mi sono acclimatata, tanto che l'aria sembrava non avere nessuna temperatura se non quella in cui ero destinata a vivere, nuda.
Un giorno, mentre scrivo, mi passa uno spiffero d'aria tra i capelli: aria calda, insolitamente calda. Chiudo gli occhi senza quasi accorgermene ma dura troppo poco, li riapro e continuo a scrivere. Passano i giorni e faccio mia una strada, passano le settimana e il quartiere parla la mia stessa lingua, passano i mesi e la città mi saluta ogni volta che sorge il sole.
Sorge il sole anche mentre scrivo, mentre ancora una volta i miei capelli sono spettinati da uno spiffero, che è stato un soffio e inizia a essere una carezza. Inizia a fare un gran caldo e io mi spoglio e ballo nuda per la città insieme al mio vento caldo. Corriamo, saltiamo ci fondiamo l'uno nell'altro, diventiamo un uragano e ci nascondiamo al suo interno. Sembra che il tempo non passi ma è solo un inganno perché il tempo non esiste affatto qua. Siamo liberi e balliamo, ci fondiamo e ancora balliamo, cadiamo, piangiamo, ridiamo e ci rialziamo, insieme. Sono vento, sono aria calda, sei acqua calda e mi cadi addosso, cadi sempre più forte. Mi fai male. Mi manca l'aria, così cerco una piccola fessura nelle pareti del nostro uragano danzante, c'è troppo frastuono. La trovo ma non ci passo e l'aria che riesco a respirare dal piccolo varco non basta a riempirmi i polmoni: devo allargare la fessura per poter passare. Solo un attimo amore, torno subito, devo solo respirare. Passo, respiro, rientro e porto con me un po' d'aria fresca... per tutti e due... così potremo continuare a ballare, fonderci, cadere e rialzarci, torno subito amore, torno!
-Crack-
La fessura è diventata uno squarcio, l'abbiamo ricucito, amore, ma il filo si è fuso. Troppo caldo.