racconti » Racconti autobiografici » Patagonia-terra del fuoco 2008-09 -parte I
Patagonia-terra del fuoco 2008-09 -parte I
Non so perchè ma uno dei momenti che ricordo con più nostalgia è quello del viaggio
in auto da casa mia all'aereoporto, Marco come sempre puntualissimo mi stava
accompagnando verso un viaggio che ancora nemmeno immaginavo mi avrebbe
cambiato la vita almeno nei mesi successivi.
Era il 26 dicembre, una giornata grigia e fredda ma mi ero vestito non troppo pesante
sapendo le temperature che avrei trovato a Santiago del Cile.
Arrivato al terminal dopo i rituali saluti con Marco, amico di una vita, l'incontro con
parte del gruppo che mi avrebbe accompagnato in questa avventura. Un po di attesa
e ci lmbarcammo per Madrid dove avremmo incontrato altri componenti del gruppo.
Altri purtroppo per una serie di coincidenze sfortunate sarebbero arrivati a Taloahuano ventiquattro ore dopo di noi. Quindi da Santiago, volo interminabile, altro volo verso Concepcion a sud. Ci aspettava un tempo grigio e piovigginoso ma caldo. Brutte città, Talcahuano classico porto commertiale frequenxaro da brutte facce. Concepcion, seconda città del Cile non offriva nienre di bello, l'equivalente di una nostra Latina. Il bollo al container con le nostre moto sarebbe stato tolto il 29 pomeriggio e quei due giomi d'attesa non furono molto entusiasmanti. Albergavamo proprio davanti ad un supermercato che diventò la meta dei nostri continui acquisti. La cittadina la girammmo
in un pomeriggio e non offriva niente di eccezionale apparte qualche ottimo rlstoranbe di pesce che con piacere provammo. Di quei giomi ho un ricordo bellissimo in particolare da raccontare. Una mattina andai
al porticciolo e mi portai un libro per stare un po da solo e prendere un po di sole. Scambiai qualche srms con una donna con la quale fino ad allora avevo avuto un
rapporto sofferto e contrastante. In uno di questi messaggi lei mi dichiarò il suo amore per me e che avrebbe voluto stare Ii con me, cosa che desideravo anch'io.
Questo mi dette una forza ed una felicità che anche gli altri notarono al mio ritomo in albergo. Va bene, dopo la visita di un immenso centro commerciale per qualche otimo acquisto a livello di convenienza, arrivarono gli altri e finalmente arrivò il 29.
Già dalla mattina cominciammo a far pressione sull'agente di dogana offrendogli un
po di tutto dalla birraa al pranzo per sveltire le pratiche e consegnare le nostre amate
moto. L'attesaa diventò spasmodica, i giorni passati in quei posti anonimi, la voglia di metterci in viaggio ci portarono alle 16 ad aprire finalmente il container e tirare fuori
le moto con bagagli, ricambi e gomme occorrenti. Le operazioni di manutenzione per
la messa in moto durarono una mezzoretta con qualche problemino poi risolto. In
fondo erano state 2 mesi chiuse dentro un container attraverso gli oceani Atlantico e
Pacifico.
Arrivammo all'albergo dove le donne ed il mezzo d'appoggio noleggiato per
l'occasione ci stavano aspettando. Ci sbrigammo a vestirci con abbigliamento tecnico,
caricare le valigie sulle moto o sul furgone e muovermi finalmente. Ci aspettavano 5000km per attraversare verticalmente la Patagonia argentina e cilena. Partimmo con l'unico obiettivo per la prima tappa di allontanarci più possibile da quei posti, calcolando che faceva notte alle 22, ed avvantaggiarsi sulla tappa seguente che altrimenti sarebbe risultata lunghissima. Ci addentrammo nel Cile ed il panorama cambiò di colpo, immersi nel verde e nel g fresco coprimmo i primi 200km completamente asfaltati con la gioia nel cuore e la consapevolezza di aver iniziato qualcosa di fantasico. Arrivammo, dopo paesaggi europei, alpini, con mandrie di mucche e muraglie di
alamos, gli altissimi alberi che proteggono dal vento che in seguito capimmo perché, ad Angol, una colonia di italiani dove trovammo da dormire nel probabile unico B&B della cittadina. Ci spartimmo alla buona in stanze da 5-4 e 3 posti coi bagni con
l'acqua fredda ma eravamo stanchi e felici e ci rifacemmo con la cena in un
ristorante dove con l'equivalente di 10€ mangiammo quantità esagerate di asado e
bevvero fiumi di birra per festeggiare la partenza. Ho detto bevvero perché io non
bevevo alcol ed anzi ero sempre istigato dai più a bere, ma resistetti.
La notte fu strana, tirava un fastidioso vento e nella stanza vicino alla mia sbatteva
continuamente una finestra ma sembrava non dare fasfidio a nessuno, tanto che mi
alzai nella notte ed al buio andai a chiuderla io.
La mattina seguente cominciò con una colazione non ecezzionale. il vestimento,
l'organizzazione della tappa da parte del nostro coordinatore, Alessandro e la
partenza. Ci aspettava il primo passo andino e soprattutto l'ingresso in Argentina,
primo dei 5 attraversamenti di frontiera che ci attendevano nei prossimi 18 giorni.
Si parte per la tappa che ci porterà a San Martin de los Andes, nella pampa argentina. Siamo bellissimi, 13 moto allineate che creano un serpentone che viene salutato quasi da tutti. C'è un pezzo di autostrada, forse l'unico di tutto il viaggio, e mi metto in testa al gruppo allungando un po, poco dopo vedo negli specchietti tutto il gruppo che svolta a destra per direzionarsi verso Villarrica. Niente di grave, esco all'uscita dopo ed andando a braccia, non avendo ne mappa ne gps ma un discreto senso dell'orientamento arrivo al destino dove mi riunisco al gruppo. C'è qualcosa che non va nel posteriore della mia moto, non lo sento sicuro. Dopo Villarrica facciamo tappa per il pranzo a Pucòn, località turistica, e mentre gli altri pranzano io mangio un panino al volo e mi metto a regolare la sospensione posteriore aiutato da Marcobarry. Tra poco l'asfalto finirà e comincerà il vero viaggio sulle strade sterrate dei passi. Riunitici dopo la sosta si percorrono pochi chilometri e finisce l'asfalto. Ci si ferma come d'accordo e ci si danno le disposizioni del caso, la più importante ed utile delle quali viaggiare distanziati di almeno 30 metri per non respirare polvere e non ridurre la visibilità. L'erta si presenta subito impegnativa sulla mia moto da 280kg. Ma la strada è bellissima e piena di tornanti, il fondo è pietroso ma compatto, ci si arrampica abbastanza bene. Arriva purtroppo la prima scivolata di Sergio, senza conseguenze, prima del viaggio che purtroppo non sarà ne la prima del giorno ne del viaggio. Dopo rettilinei fantastici sotto un vulcano innevato si arriva alla frontiera cilena sul passo Lanin. Le pratiche per 18 persone, 13 piloti, 4 passeggeri ed il pilota del furgone, sono un po lente ma i cileni sono simpatici e ci lasciano andar via abbastanza in fretta. Si riparte e dopo pochi chilometri si arriva alla frontiera argentina che ci darà più problemi del previsto. Fatta la rituale fila agli sportelli per mettere i visti sui passaporti e firmare i documenti per le moto arriva la notizia che non aspettavamo. Un doganiere si affaccia per controllare l'interno del furgone e ci comunica che la maggior parte dei materiali che trasporta non possono passare per le legni contro l'importazione. Insomma le nostre casse di attrezzi, ricambi, ed i pneumatici non possono passare. Devono restare li farci fare un permesso da un notaio argentino e tornare a prenderli, incredibile. Comincia la trattativa con Ale che tenta in tutti i modi di convincere l'uomo che i materiali che portiamo servono per le nostre moto e non dobbiamo venderli. Si arriva al compromesso che ognuno di noi può portare una piccola borsa e due pneumatici ma qualcosa dobbiamo lasciargli e facendo una veloce cernita scartiamo le cose meno importanti. Essendo stato io uno dei più veloci ad espletare le pratiche di frontiera, mi carico subito tutta la mia cassa dei ricambi, le mie valigie in alluminio stracariche e due pneumatici, dico a gli altri di accompagnarmi almeno in due e si passa senza che nessuno mi fermi per controllare cosa trasportassi. Un po per averla scampata, un po perchè ero felice di essere entrato in Argentina ed un po per la stanchezza percorrendo un rettilineo in discesa a velocità un po troppo sostenuta finisco con le ruote in un tratto di ghiaia grossa, perdo il controllo della moto e finisco nel canalone di bordo strada. Cerco di frenare in tutti i modi ma quando capisco che sto per andare verso le rocce mi butto e lascio scivolare la moto nella ghiaia. Mentre aspetto che arrivino gli altri slego le valigie ed i materiali con la paura addosso di aver rotto qualcosa di irreparabile il che vorrebbe dire fine del mio viaggio in moto, ma sul furgone. Ritirata su noto subito la valiglia ed il suo telaietto sinistri rotti, graffi su cupolino e serbatoio e cosa preoccupante ho gli steli della forcella sbieghi. È da capire se si sono storti o si sono solo allentati. Sono solo allentati fortunatamente, dopo una mezzoretta di lavoro per riaddrizzare e stringere tutto ciò che si era allentato, carico le valigie ed il resto sul furgone e riparto. Gli altri erano andati avanti, mi avevano aspettato Giovanni e Massimo coi quali arriviamo a valle dove ricomincia l'asfalto ma soprattutto inizia l'Argentina, fantastica, sconfinata e con dei paesaggi da Far West come dirà Giovanni nel suo toscano simpaticissimo. Siamo al tramonto, la strada scorre ampia e con un ottimo asfalto, siamo in una delle zone turisticamente più ricche dell'Argentina. Arriviamo a san Martin e subito troviamo l'albergo dove dopo che tutti si sono sincerati delle mie condizioni ci si concede una doccia e si va a cenare. La cittadina è bellissima simile ai paesini alpini austriaci con tutte le costruzioni in legno anche perchè questa è una zona ad alto rischio sismico. ceniamo in uno dei migliori ristoranti della città dove mangio il miglior cordero, agnello, mai mangiato in vita mia, una vera delizia alla brace. Non manca il solito asado e le innumerevoli bottiglie di vino o birra. Per me agua sin gas. Si va a dormire molto stanchi. La mattina seguente non si parte presto, ci sono da percorrere circa 300km tutti asfaltati per arrivare a San Carlos de Bariloche, la Cortina della Patagonia. Io mi avvantaggio sui gruppo per vedere di trovare un fabbro o un meccanico che mi aiutino a riparare la mia moto ma è il 31 dicembre ed è festa, tutto chiuso. Aspetto gli altri mangiando un panino nella via principale di questa simpatica
e sicuramente ricca città di vacanze sciistiche. Arrivati gli altri si decide ín soli 4 di fare il giro dei laghi all'interno di un parco bellissimo, al tramonto. peccato per gli altri che si sono persi queste meraviglie. La sera si dovrebbe festeggiare il capodanno e ci consigliano un ristorante misto cinese-argentino alquanto squallido. Io dopo un paio di antipasti di riso mi prendo una bottiglia d'acqua rigorosamente sin gas e me ne vado in albergo. Mi sono arrivate dall'Italia notizie non buone e non mi sembra il caso di festeggiare. Verrò a sapere il giorno dopo che gli altri non hanno avuto modo di festeggiare nel solito modo. Li si usa cenare a casa ed uscire per festeggiare dopo /e due di notte. La mattina dopo, nonostante l'ora tarda della notte, sveglia alle 7, oggi la tappa sarà lunga, impegnativa ma bellissima. Praticamente circa 400km sterrati per arrivare ad Esquel, cittadina di frontiera. Durante il polveroso ma relativamente facile tragitto incontriamo il posto dove dovrebbe aver vissuto Billy the kid fuggitivo dagli USA alla fine dell'800. Ma la meraviglia dei giorno è il parco National Los Aierces, centinaia di km quadrati di verde, monti laghi e fiumi. Un aneddoto, all'ingresso del parco io ed Ale andiamo a pagare i biglietti d'ingresso e chiediamo se all'interno del parco si trovano dei punti dove comprare acqua visto che ne avevamo poca. La signorina con un bellissimo sorriso ci avverte che stiamo nella riserva d'acqua più importante del cile del sud ed ogni lago, fiume o rigagnolo è potabile. Si entra, alcuni decidono di fermarsi a fare un bagno, io mi metto da solo ad attraversare quel parco fantastico facendo qualche foto ogni tanto. 54km di goduria in moto fino all'uscita del parco dove decido di aspettare gli altri che però probabilmente hanno gradito le acque del parco. Arrivano Momo a Mara, milanesi simpaticissimi. Aspettiamo un po poi mi stanco di aspettare e vado avanti, appuntamento ad Esquel, strada sterrata fantastica, tutta battuta dove raggiungo anche velocità sostenute vista la mancanza quasi assoluta di altri mezzi. C'è solo da stare attenti agli animali che qui non mancano davvero. Arrivo ad Esquel ed impiego quasi un'ora per trovare le cabanas(capanne)che ci ospiteranno, la città è più grande del previsto. Arrivo finalmente e trovo Momo e Mara già arrivati, incredibile. Siamo affamati, a pranzo ci eravamo fermati ad El Bolson ma avevamo mangiato solo frutta fresca per il troppo caldo, qui è estate, ma non troviamo niente. Da una delle mie borse esce una busta di snakes residuo delle spese di Concepcion che viene presa d'assalto. Il posto è bello con capanne costruite in robustissimo legno e sono praticamente degli appartamenti circondati da prati. Infatti arrivano gli altri e non ci pensano un attimo a spogliarsi e stendersi su quell'erba fresca. Io decido di dare una sistenata alla mia moto e con l'aiuto di Aime, il furgonista riesco a sistemare alla meno peggio il telaio dela valigia. Fatte le doccia e cambiatici ci accorgiamo che il ristorante più vicino è a circa 5km nel centro città. Non possiamo rimetterci gli abiti sporchi da moto e decidiamo di andare in bermuda e camicia con le moto. Io scambio la mia con quella di Giuseppe e ci divertiamo come bambini, suonando i clacson al nostro passaggio con le persone, soprattutto bambini che rispondono ai nostri saluti saltando e sbracciandosi. Il ristorante anonimo ci porta a cenare alla svelta ed andarcene, ormai è notte, quasi mezzanotte. Meglio riposarci, domani altra tappa andina che ci porterà a conoscere la mitica carretera austral.
Ci sono da fare delle considerazioni su questi tipi di avventure. Gestire un gruppo di 18 persone non è già facile in qualsiasi situazione, a maggior ragione in un raid motociclistico che comporta difficoltà specifiche e uno spirito di adattamento non indifferente. Il nostro poi era un gruppo misto, con viaggiatori solitari e viaggiatori in coppia. Con moto diverse e quindi con bisogno di manutenzioni diverse. Ma bisogna fare come i moschettieri, uno per tutti e tutti per uno per arrivare in fondo. E sicuramente ci vuole di base una buona esperienza e resistenza alla fatica ed ai dolori che possono venire su percorsi sterrati e non asfaltati. A viaggio finito, come poi vedrete andando avanti, ci possiamo ritenere soddisfatti del rapporto cameratitistico che si era formato anche grazie all'organizzazione ed al buon senso di persone sicuramente responsabili. Molti viaggi di questo tipo si rovinano per liti o differenza di vedute su percorsi o giorni di riposo da prendere, a volte finisce anche che si dividano e non finiscano l'avventura insieme. L'amicizia e l'umanità nel nostro gruppo l'ha fatta da padrone, veramente, e quando c'è stata qualche difficoltà ci siamo seduti intorno ad un tavolo e ci siamo detti in faccia ciò che pensavamo da persone responsabili. Detto ciò si riparte. La tappa da Esquel a Puerto Puyuguapi è stata una delle più dure ma più belle. Sveglia presto alla mattina e con sorpresa non troviamo la colazione contrattata con la gestione delle cabanas dove alloggiavamo. Pazienza, vestizione e fermata immediata al primo benzinaio con bar. Pieno di benzina e colazione fredda, scorta di biscotti ed acqua e in marcia verso uno dei passi andini più belli. Solita strada sterrata e polverosa, l'abbigliamento ormai comincia ad essere bello sporco. Si arriva alla frontiera e stranamente i doganieri sono molto veloci, sia cileni che argentini. Si rientra in Cile e si punta verso la carretera austral, fatta "costruire" dal generale Augusto Pinochet per congiungere santiago del Cile con Punta Arenas, nel sud estremo del Cile. È completamente sterrata ed è la più importante strada cilena del sud. Appena scollinato resto estasiato dai paesaggi, uno più bello dell'altro con cambiamenti continui dai monti a fiumi turchesi che riempiono gli occhi di qualcosa di meraviglioso. Ogni cento metri dovremmo fermarci per scattare delle foto ma la cosa è impossibile. Oggi decido di andare un po da solo e avvertiti gli altri mi avvantaggio godendomi quella natura meravigliosa. Gruppi di guanachi mi guardano incuriositi, uguale i nandù. Ogni tanto mi vola sulla testa un condor. La strada è bella ma stretta e le curve sono per la maggior parte cieche per la fitta vegetazione ma apro il gas e faccio derapare la mia GS 1150 come un bambino alle giostre. Ad un tratto iniziano dei lavori che durano per chilometri e rovinano un po la cavalcata quindi decido di aspettare gli altri e dopo un altro centinaio di km tra boschi, laghi e fiumi arriviamo verso le 18 al destino. Puyuguapi è una colonia tedesca fondata nell'immediato anteguerra da coloni che l'hanno fatto diventare un paesino di pescatori. Infatti sorge sulla punta di un fiordo lungo 30km, siamo sul mare ragazzi. È perfettamente liscio e si possono fare foto fantastiche. Alloggiamo in un lodge bellissimo chiamato Casa Ludwig, tutto un programma. Stranamente sono stanco e mi appisolo, in una stanza da 5. Per cena si va a mangiare in un ristorante che non si aspettava di vedersi arrivare 18 persone tutte insieme ma con velocità, stranamente come vedremo più avanti, e dandoci dei cibi precotti riusciamo a mangiare degli ottimi salmoni e merluzzi, io come sempre la mia agua sin gas mentre gli altri come sempre svuotano i frigoriferi di ogni posto dove mangiamo ripulendoli dai vini e birre. Dopo cena ci si riunisce nella stupenda sala in legno del lodge dove si discute della tappa di domani che come da programa prevede sveglia alle 6 e più di 500km. Alcuni sono contrari ma se vogliamo rispettare la tabella di marcia bisogna armarsi di forza di volontà e farlo. In fondo mica siamo qui per pettinare le bambole. Domani tappone.
La sveglia a casa Ludwig è fissata alle 6, a tavola per colazione ci sono dei mugugni soprattutto da parte delle donne del gruppo, oggi sarà durissima ed approfitto per fare scorta dei dolci e del pane avanzato a tavola, serviranno durante la giornata. La meta è Puerto Guadal sul lago Carreras. Fuori ci attende un clima coperto e molto umido, in fondo siamo sul mare. Stranamente Aime col furgone arriva in ritardo e ci fa perdere una buona mezz'ora. Si parte e per qualche km si costeggia il fiordo, nei tornanti quando posso cerco di rubare ancora qualche immagine di quei posti fantastici che probabilmente non rivedrò più. Complice anche la pendenza ed il carico in un tornante prendo un folle e non mi resta che poggiare la moto in terra, subito aiutato da Momo ritiriamo su i quasi 300kg di ferro e ripartiamo, cominciamo bene!! Finchè non sale un poco il sole sembra di attraversare una foresta tropicale, la vegetazione è fitta e c'è una nebbia fastidiosa che mi fa appannare spesso la visiera del casco. Praticamente oggi non abbiamo fissato una tappa per il pranzo, la tappa è lunga e non attraverseremo grandi centri abitati a meno di non fare delle deviazioni che però ci porterebbero via molto tempo. Si cammina abbastanza bene, la Carretera Austral come annunciatoci da Ale che già la conosce è sterrata ma non difficile, però è stretta e bisogna stare attenti ad eventuali cantieri ed a quei pochi mezzi che incontriamo in senso contrario. Anche oggi decido di concedermi delle libertà ed allungo, me ne vado avanti a godermi in solitaria questi paradisi terrestri. A volte mi fermo per le foto e vengo avvolto dal silenzio rotto solo da qualche verso di animale, comincio a vagare con la mente e vorrei condividere quei momenti fantastici con persone a me care, cosa purtroppo impossibile. Arrivo ad un area di servizio, l'unica che incontreremo oggi e mi fermo ad aspettare gli altri. Mangio dei biscotti e bevo parecchia acqua, la temperatura si è alzata ormai ed il sole scalda molto, tanto che comincio ad avere il naso bruciato. Chiedo della crema protettiva a Maria Novella detta Vella e me la cospargo ben bene sul nasetto. Gli ultimi del gruppo arrivano quasi un'ora dopo di me. Riparto sempre da solo fissando il prossimo appuntamento, al bivio Chile chico-Cochrane dove dovremo svoltare a destra. Continua la mia speciale solitaria, tipo motorally, mi diverto come un matto, canto a squarciagola e penso a chi vorrei fosse con me, dietro di me per godere insieme di quei posti. Arrivo al bivio ma non ho nessuna intenzione di aspettare, sicuramente avrò accumulato un vantaggio alto, però rallento perchè comincio a costeggiare il lago Carreras, di un turchese brillante stupefacente, con un occhio sulla strada ed uno sui paesaggi arrivo a Puerto tranquillo verso le 16. È un gruppetto di case con un paio di posti per mangiare e da dove partono delle escursioni in barca sul lago, gli altri arrivano e mangiamo qualcosa mentre discutiamo sul fatto di fare o no l'escursione in barca. Si è alzato un bel vento e complice anche la stanchezza decidiamo di stare 2 notti a Puerto Guadal, rinunciare alla tappa che ci avrebbe portato a Calata Tourtel e fare le escursioni il giorno dopo. Potete immaginare la felicità di chi era più stanco, soprattutto le ragazze e sono da capire. Se guidare una moto su terreni accidentati soprattutto in 2 è faticoso lo è altretanto per le passeggere che tra l'altro non possono nemmeno godere della gioia di guidare ma devono stare anzi più ferme possibili e concentrate. Gli ultimi 80km per arrivare a puerto Guadal, che nei due giorni faremo per ben sei volte, sono una cosa da godere e basta, giochi di luce ed ombre nella vegetazione che code nel lago sovrastati da un cielo azzurro splendido. Arriviamo e restiamo tutti incantati dal posto dove alloggeremo, un lodge affacciato sul lago che definire bello è pochissimo. Completamente in legno, diviso per appartamenti a tre piani dove il terzo è la mansarda con un solo letto ed una di queste tocca a me, è arrivato il mio turno di dormire in singola, devo solo stare attento alla scala a pioli soprattutto se mi alzo di notte. Come arrivati, scaricati i bagagli e docciati a qualcuno viene voglia di farsi un bagno in quel lago da sogno. Mi infilo il costume, scendo il costone verso la spiaggetta e trovo già Emanuela che mi ha anticipato, il sole sta per iniziare a scendere la durezza del viaggio, il paesaggio stupendo che ci circonda e la seminudità di Emanuela svegliano in me istinti e pensieri assopiti dai giorni di polvere e motocicletta. Ma come metto il primo piede nell'acqua mi dimentico tutto, è gelata, il fondo è pietroso, non indosso le scarpette ed anche essendo un ottimo nuotatore desisto, mentre lei stoicamente si immerge. Passiamo un paio d'ore sulla balconata prima della cena allegramente, con bottiglie di birra che vanno e vengono e si discute sul da farsi domani. Sicuramente l'escursione in barca per visitare una cappella in granito azzurro e poi ci sarebbe anche da andare a vedere un ghiacciaio a circa 150km. La cena è un misto di allegria e delusione. Allegria perchè ci hanno preparato una tavolata affacciata sui lago dietro una vetrata gigantesca e quando iniziamo a mangiare il sole sta appena per tramontare. Delusione parche il servizio in tavola, nonostante avessimo prenotato, ed il cibo lasciano a desiderare. Cameriere inesperte e di una lentezza disarmante ci portano ad alzarci ed andarci a prender le cose da soli. Come sempre si svuota la riserva dei vini (domani come faranno?) e stavolta, dopo cena, tutti riuniti nell'appartamento dove aloggiavo anch'io si consumano anche bottiglie di rhum ed amari. Si tira tardi, tanto
per domani non c'è una sveglia fissata, in fondo ce lo siamo meritato dopo le fatiche dei giorni passati. La mia mansardina è un gioiellino dal quale posso scattare anche delle belle foto panoramiche, oltre che comode ed accogliente. L'indomani inizia con la sorpresa che la moto di Momo ha la batteria scarica quindi insieme alla sua Mara ed a Massimo decidono per un'escursione a cavallo, altri decidono di riposarsi e fare casomai qualcosa nel pomeriggio, il resto parte deciso con l'intenzione di fare sia l'escursione in barca che la visita al ghiacciaio. Naturalmente io faccio parte del terzo gruppo, non voglio perdermi niente di questo viaggio. Si rifanno gli 80km indietro fino a Puerto Tranquillo, godendo già solo di quello e si arriva alle barche. La visita alla cappela ed alle altre grotte è qualcosa di stupefacente, tutto in granito azzuro che con il turchese del lago creano qualcosa di fantastico. Il barcaiolo-guida ci racconta alcune cose su quei posti e ci dice che quel granito è stato scoperto circa 30 milioni di anni prima, solo quello di Carrara è più antico con i suoi 60 milioni. Finita l'escursione non vediamo l'ora di reinforcare le nostre moto non prima di pranzare con del churrasco scadente. Si punta verso il ghiacciaio, la strada inizia a salire e le temperature a scendere ma è fantastico, si attraversano innumerevoli ruscelli su dei ponticelli fatti di assi di legno, si costeggia per chilometri el Bosque muerto, un bosco secolare morto con spuntoni di tronchi che escono dalla terra come in un paesaggio post atomico, è stupefacente ancora vedere gli spazi sterminati di queste zone, sembrano non finire mai. Arriviamo al sito, parcheggiamo le moto e bisogna camminare per una decina di km in salita attraverso un bosco arricchito da piante stranissime. Fa freddo, si è annuvolato tutto e tira anche un discreto vento, arriviamo sulla pedana per la vista del ghiacciaio ed in effetti si resta un po delusi, il ghiaccio è ancora a circa 5km da noi ma non è il caso di continuare viste le condizioni climatiche. Lasciamo un messaggio sul libro delle visite nella biglietteria e torniamo a valle anche perché la strada salendo poco dopo finisce. Inutile ridire sempre della bellezza e del divertimento. Comunque si riarriva a Puerto Tranquillo col sole ma con un forte vento. Sono già circa le 19 e decidiamo di rinunciare ad un'alta piccola escursione che ci era passata per la testa. Via, verso il Lodge, la doccia ed alcuni un bagno turco. Io preferisco leggere qualche pagina di libro in attesa della cena. Cena che conferma purtroppo la precedente, servizio snervante ma per miracolo sono uscite fuori delle bottiglie di vino per la felicità della tavolata, non certo mia che come sempre, "agua sin gas por favor". Escono fuori i rimpianti di chi è rimasto a poltrire e di chi non ha trovato i cavalli e ci chiedono com'erano i posti da noi visitati, glieli facciamo veder sul noteboock scaricandogli le foto e facendoli un po rosicare. Dopo cena si discute sulla tappa del giorno dopo che prevede l'attraversamento della frontiera per tornare in Argentina e conoscere la famosa ruta 40 che punta verso sud in piena Patagonia. Finora abbiamo girato pochi filmati con le helmet-cam che abbiamo e così vengo designato come cameraman ufficiale da domani in poi, che da una parte mi piacere perché potrò scegliere i posti da riprendere ma dall'altra mi dispiace perché io in quale riprese non ci sarò. Vabbè pazienza, i ruoli si dividono, abbiamo chi ci capisce di meccanica ed interviene sempre ad ogni guasto anche minimo, abbiamo chi ha fotocamere professionali e ci delizierà con le loro opere, abbiamo un narratore e gestore dei sito che abbiamo creato per l'occasione, abbiamo le ragazze che sono sempre comunque di supporto e deliziano la compagnia, abbiamo un responsabile-guida ed ora il sottoscritto che oltre ad essere uno dei battitori, nel senso che sono sempre pronto alla battuta ed a tenere alto il morale del gruppo ora anche cameraman. Da domani diventerà più dura del solito, sono finite per ora le avventure, inizieranno le disavventure.
1234567
un altro testo di questo autore un'altro testo casuale
0 recensioni:
- Per poter lasciare un commento devi essere un utente registrato.
Effettua il login o registrati
Opera pubblicata sotto una licenza Creative Commons 3.0