Moloch e Baal sono stravaccati sul divano. Il rettangolo atemporale e aspaziale del televisore dipinge calciatori accaldati sulla parete, mentre i due intingono nel ketchup patatine fritte McDonald's e s'incazzano di brutto per un rigore sbagliato. Il secondo canale trasmette la diretta dalla costa, dove le acque cominciano a sollevarsi. Il che li interessa, ma fino ad un certo punto. Un punto assolutamente prossimo allo zero, in effetti.
Fuori soffia un vento feroce, qualcuno lo sapeva già e aveva provato ad avvertirci. È morto completamente pazzo in un campo di sterminio.
Niente di imprevisto. A fatica riesco a chiudere la lampo del chiodo che stasera fa un po' di capricci. Una tegola strappata ad un tetto mi passa pericolosamente vicino mentre con le mani cerco di dare un po' di riparo alla fiamma dell'accendino.
Georg Heym si avvicina pattinando, schiva senza nessuna difficoltà miliardi di cappelli trasportati dal vento.
Si ferma, aspetta che io lasci andare il mozzicone.
Aspetta ancora, il maglio del silenzio contro il mio petto.
"Quindi è così che funziona? Lo immaginavo diverso."
"Tutti lo immaginate diverso. È la solita vecchia storia, ognuno ha il suo canto, lo sai."
"E in fin dei conti non ha molta importanza."
"No, non ne ha affatto."
"Qualcosa ne ha ancora?"
"Non dovresti chiederlo a me. Che risposta ti aspetti?"
"Hai ragione."
Rido. Rido come se fossi posseduto da una forza primordiale. Come se dalla mia bocca uscissero le risate amare del mondo intero.
"Che ti prende?"
Adesso non rido più. Rimane solo un ghigno, lapide per l'appena avvenuta (e ciononostante ancora imminente) catarsi.
"Scopami."