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Due adolescenti e la potente berlina blu.
Bella scintillante e graziosa scendi dall’autobus quando torni dal liceo, io sono li su quella potente berlina ad aspettarti, hai solo quindici anni, ed esci pazza per me che mi vedi giungere a tutto gas verso di te.
Papà non si arrabbierà per qualche sgommata e mezzo serbatoio meno solo per farti emozionare, a diciotto anni questo ed altro ho dovuto farmi perdonare.
Ma il bello è vederti salire sulla potente berlina, ed i sedili di pelle un po’ freddi ti fanno diventare la pelle d’oca, e mentre ti guardo le calze un po’ rigate rubate alla mamma, che indossavi per sentirti più donna, aumento il volume dell’autoradio mentre già sfreccio in terza lungo il viale che conduce a casa tua. Stringendoti la mano, guido mantengo il controllo, tra il volante il variolux e la leva del cambio, mentre tu ti abbracci a poco a poco, e appoggi il tuo viso alla mia spalla.
In quel preciso istante, una lunga e sibilante scia lungo la mia schiena di adrenalina mi sale su da per tutto come se seguisse l’aprirsi del turbocompressore sempre al massimo della pressione.
Ridi e non hai paura delle lunghe accelerate, e dei sorpassi un po’azzardati lungo il viale, ti piace perché ti stringi forte a me, mentre svolto da un incrocio all’altro.
Qualche volta abbassi il parasole per specchiarti, un po’, ti metti il lucidalabbra, ti pettini un po’ mentre la mia mano scivola sulle tue gambe, rigandoti ancora di più le calze, all’improvviso ti giri e socchiudi un po’ le labbra, e non potendo fare a meno di baciarti, con una manovra elegante decelero dolcemente, e passando davanti una vetrina, si rispecchia quella potente berlina blu, che si abbassa sotto l’effetto della frenata, e di noi che prima ancora di fermarci avevamo già dato inizio al lungo bacio. Col motore ancora acceso, mentre suona l’autoradio quel raggiante gruppo degli anni ottanta mi batte forte il cuore, ti stringo a me, eravamo già nei pressi di casa tua.
Tutta un po’ stravolta non riesci a ritrovare la scarpetta che si era sfilata mentre mi baciavi, ti sposto un po’ il sedile e la recupero, ma non posso fare a meno di afferrarti il piedino con la calza un po’ rigata, per rimettertela.
Siamo già li davanti casa tua, tua madre che non vede attraverso i vetri un po’ oscurati di quella potente berlina blu, rimane sbalordita al vederti scendere un po’ tutta spettinata e con la calza tutta rigata. Alzando il finestrino ti mando un bacio mentre già stavo accelerando, tua madre vede solo un potente berlina blu allontanarsi velocemente e non vedersi più.
Il giorno dopo,
provo insistentemente a chiamarti sul telefono di casa, ma tu non rispondi.. chissà cosa è successo,
in ansia guardo dalla finestra il tramonto e l’imbrunirsi del giorno, l’arrivo della sera, e l’angoscia del mio stato d’animo, quello di un adolescente innamorato che teme di non poterti vedere più…
Rimango seduto sulla scrivania, mentre scarabocchio un po’ sugli appunti di elettronica, la data del diploma si avvicina, dovrei studiare ma non ho voglia, devo capire cosa succede, vederti e baciarti.
Ad un tratto sento mio padre arrivare e parcheggiare in garage. Non ho fame, è quasi ora di cena, ti penso intensamente, devo fare qualcosa necessariamente.
Ad un tratto vedo le chiavi appese al muro, li prendo di nascosto, entro in garage, e la potente berlina era li ferma, ancora i fari incandescenti, il motore caldo, l’odore delle pinze dei freni nuovi che mio padre aveva fatto sistemare da poco. Chiudo gli occhi un’ attimo, appena li riapro ero seduto al volante, misi in moto, la lancetta del contagiri che sale, premo il pulsante del telecomando, la porta che si apre, le luci dei fari che penetrano con violenza le tenebre all’alzarsi della chiusura d’ingresso, mio padre… penserà che sarà il solito giretto, un paio di stirate, stereo a tutto volume e rientro poco dopo.
In realtà ero in viaggio verso casa tua, a tutto gas, mentre attraverso la città, un’ autobus mi impedisce la visuale, ho fretta e non mi importa, accelero a fondo e sorpasso, il sopraggiungere di un’altra vettura mi intimorisce un po’ , ma pensando a te, riprendo in scalata in terza e passo bruciapelo tra l’autobus e le altre vetture, mentre arrivo al giallo a semaforo quasi in rosso, invece di frenare passo subito in quarta superando i 140, arrivo giusto in tempo a frenare per non passare fuori limite davanti all’autovelox, per poi riaccelerare e vedere il barometro del turbocompressore arrivare al massimo in terza mentre sono attaccato al sedile e stretto al volante.
Abbasso il volume ormai giunto nei pressi di casa tua, per non fare troppo baccano arrivo a motore spento…
Mi fermo, vedo a distanza il tuo balcone ma tu non ci sei…. Mi nascondo dietro alla siepe, e tirandoti dei sassolini sulla finestra, me ne sto tutto accartocciato e nascosto tra le foglie.
Ad un tratto ti vedo… sei li, un po’ tremante, forse avevi pianto e mi facevi notare che non suonava il telefono, i fili li aveva tagliati tuo padre.
Non potendo fare nulla esco dalla siepe, e scappo verso la potente berlina.
Era buio… dovevo riallacciare i fili del telefono nella cassettina a muro appena sotto al balcone.
Ritorno a casa, rientro lentamente in garage, ma mio padre li ad aspettarmi, mi chiede cosa stava succedendo.
Non sapendo cosa rispondere andai in camera mia, ma mio padre non mi chiede le chiavi, si andò a coricare. Non riuscendo a dormire, scendo in garage, prendo una corda, una pinza del nastro isolante e dei pezzi di filo elettrico, carico tutto sulla potente berlina e scappo di nuovo verso casa tua.
La strada è semideserta, tranne qualche volante della polizia non c’è nessuno.
Stavolta mi fermo al semaforo, ma mi accorsi che qualcuno mi pedinava.
A distanza riconobbi la macchina di tuo fratello maggiore, era proprio lui, non potevo arrivare da te per ricollegare i fili del telefono, dovevo prima sviare e seminare lui….
Allora è arrivato il momento di giocare, di tirare fuori i dischi di quel raggiante gruppo degli anni ottanta, mentre lui già si avvicina con quello scassone e si attacca al paraurti.
Usciamo fuori dal centro abitato, all’incrocio ci fermiamo e lui mi affianca.
Accelera forte come volesse sfidarmi, inizio ad accelerare anche io, la potente berlina che subisce l’ inclinazione dovuta all’inerzia del volano sull’albero motore, lui parte, parto anche io poco dopo il verde, sgommo fino in terza gli sto di fianco, ma solo per poco, lo supero, vedo l’alzarsi della povere dal retrovisore, sotto l’effetto delle luci, passo il variolux sugli abbaglianti e vado a fondo, mentre già lo semino. Ma una volante della polizia mi accorgo ci sta alle calcagna… all’improvviso, l’adrenalina si fa subito sentire… le mie vene sembrano dei cavi dell’ enel, accelero ancora a fondo, mentre a distanza vedo le luci dei lampeggianti, una volante ferma lui, ma un’altra procede verso di me a tutto gas.
Ho 18 anni cavolo… macchina di papà… patente e potente berlina sequestrate???? NO!!!!
Non mi arrendo… vado a fondo… il turbo compressore va sul rosso, il tachimetro è oltre i 160,
chiamo un mio amico al telefono, l’antenna del satellitare che si alza insieme all’alettone automatico sul cofano posteriore che avevo visto alzarsi solo quando guidava papà in autostrada, e strappo la leva del cambio sulla quinta. Il mio amico vive nei pressi, mi apre il cancello del suo cortile dopo averlo avvisato della situazione, spengo i fari ed entro mentre il cancello stava già chiudendosi, la volante passa proprio in quel istante, pericolo scansato, mi accorsi che i dischi dei freni erano rossi incandescenti per la lunga frenata.
Continua…..-->>>>
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