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Abrenet 2
Un uomo dal volto coperto si avvicinò cauto alla porta di una casupola, quasi un capanno, dall'aspetto cadente. Non aveva finestre e sembrava fosse disabitata da tempo. Il comignolo non fumava e le luci erano spente. L'uomo legò il cavallo ad un albero e si guardò intorno per assicurarsi che nessuno lo avesse seguito. Dopo aver verificato che nessuno potesse spiarlo, portò le mani alle tempie chiudendo gli occhi e iniziò a declamare strane litanie, rotolandole tra i denti. D'improvviso il comignolo prese a fumare e una sottile luce ammiccò da sotto la porta. Era quello che si aspettava. L'uomo entrò con circospezione, tenendo gli occhi bassi. Appena all'interno, gli occhi incollati al pavimento, si mise in ginocchio, con un braccio sul petto e salutò
-" Sia lode a te, Maestro Abrenet. Ti rendo omaggio."
Nessuna risposta. La grande tenda nera che nascondeva la parete prospiciente l'ingresso ondeggiò leggermente come mossa da un refolo di vento.
L'uomo toccò l'amuleto che teneva al collo e riprese a parlare
-" Maestro, credo di aver trovato ciò che fa a caso vostro" deglutì e continuò
-" C'è un giovane non lontano da qui. Ha diciassette anni" attese qualche secondo come se si aspettasse una risposta poi riprese a parlare molto lentamente come se ogni sillaba gli pesasse
-"Si è fatto assoldare come sicario, l'unico lavoro che ha trovano per sfuggire alla fame, e ora si appresta a compiere il suo primo omicidio"
La tenda parve fremere di piacere.
-"Un omicidio compiuto da un innocente" continuò l'uomo inginocchiato quasi sillabando soffermando la voce su quell'ultima parola, innocente. Poi, mellifluo
-"Le darà forza. Si chiama Nafer, può trovarlo in una locanda a un chilometro da qui, prendendo il sentiero a Nord. Un omicidio compiuto da un innocente" ripetè, poi dopo un attimo di silenzio:
-" Si ricordi di me, Maestro".
Finito di parlare attese qualche minuto un cenno di risposta, titubante come se fosse incerto sul da farsi; poi la sottile luce che veniva da dietro la tenda e si rifletteva sul pavimento si spense e capì di essere stato congedato.
Si affrettò ad uscire. Fuori l'uomo respirò con voluttà l'aria fresca e viva della notte e sorrise.
-" Via di qui, Astra" disse al cavallo montandogli in groppa.
L'uomo era appena uscito dalla capanna nel bosco e Abrenet a miglia e miglia di distanza, nella sala più interna del suo palazzo, situata al centro di un labirintico groviglio di corridoi e di stanze, si alzò dal suo scranno nervosamente, senza nascondere il suo turbamento. "L'equilibrio, l'equilibrio delle forze si sta modificando" pensava considerando che sia a causa della sua ormai veneranda età che in conseguenza di alcune imprudenze di gioventù gli era sempre più difficile mantenere l'equilibrio a suo favore. Prima l'involontario tentativo di intrusione di Seisel. In quello sfiorarsi di menti la ragazza aveva corso il rischio di essere uccisa. Solo il calcolo degli interessi nel gioco di alleanze che si andava profilando l'avevano mantenuta in vita.
Il mago raggiunse un ampio cerchio disegnato sul pavimento in corrispondenza del centro del locale. Prima di mettere piede all'interno dell'area circoscritta compì una ricognizione mentale per assicurarsi che nessuna presenza fosse nelle vicinanze; poi si denudò e entrò nella linea continua che legava il cielo notturno con gli abissi del sottosuolo, entrando nell'antico spazio della Dea, attorno al quale quall'edificio era stato costruito
-"Ecate, padrona della vita e della morte, signora della notte, dea degli incantesimi e degli spettri, tu che accompagni gli uomini nei regni del sottosuolo, tu che muti forma e nome, ascolta il tuo umile servitore che un giorno hai amato. Mantieni buia la notte per permettere ai miei fedeli di riconoscersi davanti alla Porta e dammi la possibilità di conoscere in anticipo cosa chiederà Oxyria per i suoi servigi"
Pronunciate questo parole il vecchio, spoglio di tutti i segni e i simboli del suo potere, si predispose ad attendere i segni della Dea.
Nel cielo l'ultimo quarto di luna calante e Luna, pensando a quanto si erano dimostrati maldestri quei suoi inseguitori guardava l'astro illuminare dolcemente i tetti delle case e la strada. Non si accorse subito della nebbia fuliginosa, scura scura che lentamente, piano piano si stava addensando avvolgendo case, cose, strade, persone. Quando si accorse del buio, più nero dell'inchiostro non seppe più chi era ne dove fosse, solo un dolce sonno ma prima che Morfeo potesse abbracciarla completamente completamente le arrivò il lampo di un pensiero nel cervello "cerca tuo padre, cerca tuo padre, cerca tuo padre ti cerca, ti cerca tuo padre"Poi cadde in un sonno senza sogni. La nebbia era dappertutto, in ogni angolo del mondo conosciuto, ognuno perdeva coscienza di se qualcuno ebbe la veloce perecezione di un pensiero prima di addormentarsi. "Ti ho riconosciuta e sei viva, pensaci!" e anche Sèisel si addormentò ma non fu un sonno senza sogni, il suo potere le permise di mantenere quella piccola finestra sulla percezione del mondo.
Al centro dello spazio della Dea, Abrenet sentì sciogliesi la tensione "Ecate ti ringrazio di avermi ascoltato, ora scendi pure nel regno dei morti, quando ti rivedrò avrai il volto sempre amato di Selene", così dicendo usci da cerchio magico, si rivestì e lasciò velocemente la stanza pensando "adesso vediamo chi viene alla capanna".
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- Bè, sarà mica finito qui, no? Non fare scherzi... al lavoro!
- Molto apprezzato e piaciuto questo tuo tanto bello!
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