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Bianco e nero
Che strano posto, chissà dove mi trovo. Là c'è un signore, sembra non abbia nulla da fare, quasi quasi mi avvicino. Elegante però nel suo completo bianco, e poi ha dei bei lineamenti, cordiali. Ecco, sono proprio davanti, ora chiedo.
<Scusi, dove si va per di qui?>
<Cos'è uno scioglilingua?>
< Intendevo, dove porta questa strada?>
<Perché, lei non lo sa?>
<No!>
<A, no?>
<Perché, dovrei saperlo?>
<Eh sì, caro signore, a questo punto dovrebbe proprio saperlo!>
Non credo sia poi così buono come pensavo. Mah, proverò ad andare avanti, qualcuno mi saprà dire dove mi trovo.
<Senta lei, non può passare.>
<E perché?>
<Poco fa mi ha detto di ignorare dove porta la strada, se non sbaglio!>
<Infatti!>
<Allora non può andare.>
<Chi lo dice?>
<Ordini superiori!>
Questo qui è proprio antipatico, se ne sta lì tutto impettito. Che ci farà, poi, con tutte quelle chiavi. Boh, meglio tornare indietro. Se almeno ricordassi del motivo per cui mi trovo in questo posto, già sarebbe qualcosa.
Laggiù vedo muoversi qualcuno, chissà se posso chiedere. Ora che sono vicino, che lo vedo bene, devo dire che questo tipo è proprio diverso dall'altro. Sempre molto elegante, ma completamente vestito di nero. I suoi lineamenti sono duri, quasi ostili.
<Dove va lei?>
<Ah io non lo so. Volevo giusto domandarle..>
<Silenzio. Le domande spettano a me.>
Questo è molto, molto più antipatico dell'altro. E sta zitto poi. Ha detto che le domande le fa lui, però non parla.
<Senta, scusi, vorrei solo sapere..>
<Zitto!>
<E no, caro lei, se facciamo così. Là non posso passare, qui nemmeno parlare. E dove diavolo mi trovo!>
Non l'avessi mai detto! Il tipo vestito di scuro mi guarda con gli occhi iniettati di sangue, le narici sembrano sbuffare, il volto assume un ghigno crudele. Credo di averlo fatto arrabbiare. Ecco, ora sta per dirmi qualcosa.
<Lei sa cosa c'è laggiù, oltre quel fiume?>
<No, perché dovrei saperlo?>
<Speravo tanto di sì.> Mi dice, recuperando il suo aspetto iniziale. < Lei non può
passare.>
<Nemmeno qui. E che faccio, vado avanti e indietro?>
Il mio interlocutore sembra alterarsi di nuovo.
<No, no, non si arrabbi. Vado via> dico mentre ritorno indietro. Poco dopo guardo indietro e non vedo più nessuno. Come sono strani, qui, penso. Dopo un po' di cammino senza incontrare nessuno, mi rendo conto che anche il tipo vestito di bianco è sparito.
Vedo un albero con sotto una grossa pietra, sulla quale mi metto a sedere. Comincio a credere di essere in un sogno quando sento gridare alle mie spalle. Mi volto e con mio grande stupore vedo mio fratello.
<Marco! Sei tu?>
<Si Fabio, sono proprio io!>
Sto decisamente sognando. Marco è morto dieci anni fa.
<Ma non eri morto?>
<Certo. Anche tu!>
<Io?>
<Eh sì, mi dispiace caro Fabio. All'inizio non ci si rende conto, ma poi ci si abitua. In fondo non si sta proprio male, basta abituarsi alle regole. Sai, qui sono un po' diverse rispetto a prima.>
<Prima!?>
<Sì prima. Insomma, quando eravamo vivi!>
<Ma allora quei due!?>
<Chi, quei due antipatici? E chi se li fila, sono stati messi lì per dare loro importanza.
Sai, ci tengono!>
<Ma insomma, dove siamo al Paradiso o all'In..>
<Non fare lo sciocco. Né Inferno né Paradiso. Siamo. Tutto qui >
<Come: siamo! Che significa?>
< Ora siamo. Prima eravamo.>
<Non ci capisco nulla.>
<Vieni con me. Te lo spiego.>
Credo mi convenga assecondarlo. Tanto prima o poi mi sveglio.
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