Era seduta in un angolo, con suo figlio tra le braccia. Sulle guance i segni della disperazione. Gli occhi grandi, pieni di paura. Fissava il vuoto. "È un incubo", continuava a ripetere. Aspettava solo il momento in cui si sarebbe svegliata e la realtà le avrebbe sorriso di nuovo, come sempre. Invece no. L'incubo era realtà. Lo capì dal pianto incosciente del suo bambino. Non riusciva a trovare una spiegazione a tutto quello che le stava succedendo. Non l'avrebbe mai immaginato. Eppure era successo. Lui le aveva messo le mani addosso, non per accarezzarla. Le aveva graffiato il cuore, annebbiato l'anima. Non riusciva a muoversi. Il dolore l'aveva paralizzata. La stanza era vuota, umida. Non c'erano più mobili, sedie, quadri. Era sparito tutto. Intorno a lei solo quattro mura bianche, divorate dal buio. Era disperata. Pensò a quando era piccola. Giocava con le bambole, sognando una famiglia. Si sarebbe sposata e avrebbe vissuto nella felicità. Il candore dei suoi sogni non conosceva le ombre che si stavano affacciando sulla sua vita da adulta. Si guardò intorno, cercava un interruttore per accendere la luce in quella stanza, voleva uscire dall'incubo. Niente. C'era solo vuoto. Pianse, abbassando gli occhi per la disperazione. Fu in quel momento che incrociò lo sguardo del suo bambino, che le sorrideva con la gioia dei suoi pochi mesi di vita. Eccola la luce. L'interruttore che avrebbe schiarito il buio intorno a lei. Aveva trovato la forza per andare avanti. Gli occhi di suo figlio asciugarono le lacrime che le rigavano il volto, cancellarono i segni della disperazione. Si guardò di nuovo intorno. La stanza era di nuovo piena, la luce era tornata. Si rialzò, pronta a vivere la sua vita, armata del suo bambino.