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Ridere sul morire
Fin da piccolo Eugenio apprezzava il candore del marmo, la sua durezza, la sua maestosità, si capiva che nella sua vita avrebbe avuto un enorme significato. Anche i genitori erano felici della sua passione, e cercarono di istradarlo alla scultura; ma non era proprio lo scalpello lo strumento preferito dal giovane: la sua passione era un po' più originale, riguardava le tombe.
Anche a scuola passava le ore di disegno immortalando (è proprio il caso di dirlo) cappelle cimiteriali, disegnava le bare in diverse angolazioni, e i fiori da lui preferiti erano i crisantemi.
Anche quando giocava con le automobiline chiedeva sempre ai genitori di comprare i carri funebri e spesso si immaginava i cortei di auto che si avvicinavano ai cimiteri, e passava spesso i pomeriggi dopo i compiti presso un suo amichetto, figlio di becchini, che volentieri raccontavano le loro esperienze e i loro aneddoti.
Quando andava in montagna dai nonni, durante le passeggiate nei boschi, tastava sempre le cortecce degli alberi pensando "ottimo, questo sarebbe resistentissimo per le bare!".
Col passare degli anni Eugenio decide che dedicarsi alle bare ed ai funerali sarà il suo passatempo per la vita.
Ecco che da lì una serie di avventure costelleranno la sua gioventù: come quella volta che alla sua festa di compleanno chiese che sulla torta fossero messi i ceri mortuari al posto della candeline, cosa che procurò infarti al nonno; oppure organizzò una festa a tema in un pub e intrattenne per ore e ore gli invitati parlando loro di bare e funerali.
Spesse volte, in occasioni di eventi luttuosi e funerali di stato, Eugenio non rispondeva alle chiamate, e si chiudeva in casa staccando tutti i mezzi di comunicazione: solo laconicamente mandava messaggini ai suoi amici dicendo che non voleva perdersi neanche un minuto di quelle trasmissioni.
Una volta organizzò anche i campionati cittadini dei becchini: durante una gara di atletica, esattamente la staffetta della bara, morì un becchino di infarto per lo sforzo subito, e immediatamente scoppiò una tremenda rissa fra gli altri perché non riuscivano a decidersi su chi doveva seppellirlo.
Addirittura aveva pensato ai premi: un'urna cineraria al terzo classificato, un teschio per il secondo, ottimo per diventare un porta penne, e al primo classificato un portentoso prodotto per lucidare il legno.
Eugenio strinse amicizia con tutti i preti della città, che ben volentieri lasciavano un posto in prima fila nelle chiese, quando dovevano celebrare un funerale, e spesse volte andava da un sarto a farsi cucire un vestito di misura per l'occasione.
Una volta, però, fu preso dalla collera, allorquando un matrimonio di due giovani sposini della città andava troppo per le lunghe, e al momento del sì Eugenio si alzò stizzito dicendo loro "e sbrigatevi una buona volta! che dopo c'è un funerale! e poi non illudetevi che il matrimonio è la tomba dell'amore!".
Fu l'unica volta che non poté seguire un funerale, dato che fu assalito dai parenti degli sposi, inviperiti per il mancato rispetto della cerimonia.
Poi divenne famoso in città per un'altra sua caratteristica: difatti era lui l'autore di tutti i discorsi in suffragio ai morti, e il 2 di novembre suonava a tutti i campanelli della città per augurare alle famiglie di passare una serena giornata.
Anche il sindaco volle aiutare Eugenio nella sua passione: di tanto in tanto venne assunto dal comune per guidare le comitive dei turisti a visitare i cimiteri cittadini, ai quali raccontava per filo e per segno tutte le vicissitudini delle tombe.
Tutta la sua vita passava felice in questo modo, e tutti in città avevano accettato la sua originalità, del resto non faceva male a nessuno.
Un bruttissimo giorno però avvenne un evento che è rimasto nella mente di tutti: mentre attraversava la strada, venne investito da un carro funebre, che lo ha visto all'ultimo momento; era un suo amico e questo fatto fu ancora più drammatico.
Subito il tragico evento fece il giro di tutta la città, e le notizie all'ospedale furono subito pessime: il nostro Eugenio purtroppo morì dopo poche ore.
Il sindaco, commosso per l'evento, decise di ordinare immediatamente il lutto cittadino ed Eugenio venne portato in corteo per tutta la città sul carro funebre che lo aveva investito. Tuttavia una inchiodata improvvisa fece aprire la bara e tutti con stupore videro che giaceva sorridente fra le quattro assi, e tutti impararono una grande lezione: sapere ridere sulla morte, forse anche per esorcizzarla.
Venne tumulato a fianco delle autorità cittadine, e dopo qualche mese trovarono un bigliettino sul tavolo in cui c'era scritto: "La morte è natura, accettiamola per come è, probabilmente è un passaggio ad un mondo a noi sconosciuto, e forse più felice".
Questa frase fu scelta come ingresso del cimitero cittadino, e probabilmente sarebbe stato l'omaggio preferito da Eugenio.
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0 recensioni:
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- Molto piaciuto ed apprezzato questo tuo veramente bello!
- Racconto tutt'altro che funereo, anche se parla di funerali. Anzi brioso e spumeggiante come deve essere un racconto comico e questo lo è perfettamente. Mi viene in mente il funerale di Piero Chiara, fu divertentissimo, forse sai come è stato, e comunque Eugenio sembra proprio un personaggio di Chiara. Bel racconto. Saluti
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