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Fuoco e polvere
Febbraio quest'anno pare essere un commilitone del generale inverno russo. È una settimana che la temperatura si avvicina sempre allo zero, le nostre montagne sono completamente avvolte da un candido manto bianco, era da venticinque anni che non succedeva così.
Nella mia cittadina si stanno montando enormi cataste di legno, e sono tutte ricoperte di una polvere gialla, fortemente acre e pungente, lo zolfo.
Anche nei portici del centro storico c'è fermento, le torce vengono apposte una ad una, aspettando questa frenetica notte di festa in onore del santo patrono. La polizia e i carabinieri si aggirano per le cantine in cerca di polvere da sparo, si sa questa festa non è autorizzata, ma dopo quattrocento anni che senso ha vietarla.
Anche la conformazione di Taggia, i suoi vicoli labirintici, le continue salite e discese, le piazzette, i portoni in legno danno un senso di magia e un ritorno al passato in epoche oscure ed affascinanti. Il nostro San Benedetto è unico al mondo, non si festeggia a marzo, viene definito il santo incendiario per la famosa notte di fuoco, per le cascate altissime dei fragorosi "furgari" che di tanto in tanto esplodono.
Mi viene alla mente la canzone di Vecchioni "bruciano nel fuoco le divise la sera, brucia nella gola vino a sazietà, musica di tamburelli fino all'aurora", ed in effetti vedere giovanotti in tute mimetiche, cantine festose col vino, e danze scatenate, richiama indubbiamente il fascino di altri luoghi, di una festa tipicamente mediterranea, pirotecnica e sfrenata. In questa notte è quasi obbligatorio andare oltre, sfidare le autorità, come un carnevale dell'antica Roma.
Chi ha la fortuna di avere degli amici viene ospitato a mangiare ottimi biscotti, i canestrelli, mentre solerti soccorritori vigilano sull'incolumità degli spettatori.
Anche a casa di Giobatta ci si prepara per la festa, i figli si aggiustano i larghi faldoni dei cappelli e si assicurano che i guanti siano resistenti al fuoco.
La moglie continua il suo andirivieni fra le cantine e le cucine, ha preparato manicaretti gustosi ed invitanti e le altre comari del quartiere cicalecciano vicino ad una pentola fumante.
Sono già le sette del pomeriggio, e la cittadina comincia ad animarsi, le prime auto prendono parcheggio sul lungofiume, è praticamente impossibile parcheggiare nel paese e non è consigliato vista l'alta gradazione alcolica, per non passare la settimana dopo dal meccanico o dal carrozziere.
Anche appassionati etnologi si aggirano per i vicoli, cercando delle simbologie che possano ricondurre ai tempi antichi, alle credenze medievali, ad alimentare leggende e credenze dure a morire, ad accomunarle ad altre tradizioni del mondo.
Giobatta, tuttavia, è l'unico a non aspettare questa serata, è da tempo che è sofferente, non si sa la causa del suo malessere interiore, non ha mai dato segni di dimostrarlo. Con la moglie avvengono spesso frequenti litigi, soprattutto dopo la bocciatura del figlio maggiore avvenuta l'anno scorso, non ha digerito la sua pigrizia.
Anche il lavoro nelle serre è diminuito, i fiori si vendono poco, e anche l'agricoltura sta passando un momento di forte difficoltà.
È già ora di cena, si esplodono i primi furgari di prova, quelli più piccoli, per non sprecare materiale per lo spettacolo di stasera. Nella piazza vicina si sta ultimando la visione della cascata di fuoco che sarà lo spettacolo principale per i turisti e gli spettatori dei paesi vicini. Corre voce che anche una televisione nazionale sta riprendendo la festa per farla conoscere, e renderle dignità come altre manifestazioni italiane.
La moglie di Giobatta è anche lei nervosa, ma probabilmente è preoccupata perché i figli non si facciano del male, già qualche anno fa un amico di Luca, il figlio minore, era finito al pronto soccorso con una bella ustione di secondo grado sulla coscia, e un altro ragazzo del paese si fece medicare alla buona dalla madre, che aveva applicato alcool sulla carne viva, dopo l'esplosione di questi affascinanti meccanismi pirotecnici.
Le cucine sfornano gustose salcicce, e zuccherati biscotti alimentano la fame dei bambini, ma Giobatta continua a camminare nervosamente nella sala di casa, cercando di evitare gli sguardi del vicino, col quale non corre buon sangue, per il suo carattere burbero ed attaccabrighe; ogni anno in questa serata se la prende coi viandanti che passano sotto il vicolo. Si avvicinano le ore fatidiche, la gente si affolla fra i portici e la piazza nella quale avverrà lo spettacolo più emozionante. Dalla parte più alta di Taggia si sente il mormorio della folla, che esplode in un grido di stupore al culmine delle cascate di fuoco e delle fontane. Ad occhio e croce pare che circa diecimila persone quest'anno siano arrivate, un record per questi ultimi anni, anche sindaco e assessori sono felici.
I figli di Giobatta intanto sono in pieno centro con i loro cilindri di bambù e polvere pirica, accendendo sigarette che fungono da innesco. Il primo furgaro fa dieci metri di scintille, di un giallo intensissimo, il secondo invece esplode, ma fortunatamente senza conseguenze. Altre coppie sui muretti si baciano appassionatamente alla luce dei falò, mentre allegre comitive danzano sugli stornelli maliziosi che vengono suonati.
Come ogni anno i ragazzini suonano a caso i citofoni e il vicino di Giobatta esce sul terrazzo ad ingiuriare i malcapitati che passano di sotto, che rispondono per le rime.
Tutto ciò aumenta l'inquietudine di Giobatta, che oramai stufo delle continue lamentele del vicino, esce a sua volta per litigare furiosamente con lui.
La tensione aumenta e un lampo di follia lo colpisce, si reca in cucina e prende il falcetto che usa per dissodare il terreno. Ritorna in preda alla collera al balcone e si accanisce con rabbia sull'anziano vicino, lasciandolo esanime sul pavimento. Le urla del vicino si perdono fra il fragore dei petardi ed il vociare della gente e praticamente nessuno se ne accorge.
Giobatta se ne ritorna a casa sconvolto per il tragico gesto e getta nel camino il falcetto, per liberarsi dell'arma del delitto e lavarsi per così dire la coscienza.
Ma il rimorso dell'assassinio lo tormenta per tutta la notte, non riesce a trovare pace, non riesce a stare tranquillo. La moglie torna a casa per prendere altre stoviglie, giù nella cantina sono venuti dei soccorritori in visita ed è giusto offrire loro i piatti più gustosi.
Giobatta si offre di aiutarla, per dimenticarsi di ciò che è accaduto prima, e scende nelle cantine a salutare tutti i suoi amici del quartiere, fermandosi per un po' e cercando di ridere e scherzare.
Dopo circa un'ora torna su con la moglie che gli confida di non avere visto per tutta la sera i due figli e di essere molto preoccupata che possa essere successo qualcosa.
Dall'altra parte della città, infatti un'ambulanza è partita perché un ragazzo giovane è rimasto ferito non gravemente da un'esplosione e nessuno sa chi è di preciso.
Questa notizia pesa come un macigno sulla fragile psiche di Giobatta, che alzando la voce accusa la moglie di essere poco vigile ed accorta e la taccia di lassista e permissiva.
Ne nasce un tremendo litigio, e mentre lei lava i piatti, lui da dietro prende il coltello e con un violento fendente alla schiena, la uccide a bruciapelo, lasciandola esanime vicino al tavolo della cucina, con l'acqua del lavandino che scorre inesorabilmente.
Anche questo gesto distrugge psicologicamente Giobatta, che subito si reca all'armadietto dei medicinali, e prende i suoi farmaci che ormai da mesi erano il suo unico modo di tornare alla tranquillità. Poi si reca in cucina e si vuota in pochi minuti una bottiglia di vino di due litri, dopodiché esce di casa, vagando senza meta per i vicoli.
La sua corsa è sfrenata, si alternano momenti di lucidità con momenti di smarrimento, fa il giro di tutte le cantine, dai cui presenti viene generosamente servito e gli viene offerto altro vino.
Poi si mette a seguire una comitiva di turisti francesi, affascinati dalle cascate di fuoco. Si avvicina ad una chiesa, davanti alla quale si inginocchia e si mette a pregare. Quindi inciampa su un sasso e capitombola giù per una scalinata, al termine della quale viene aiutato a rialzarsi. Poi in un momento di paura comincia a correre urlando il suo dolore, ma viene considerato dalla folla come un ubriaco che in questa serata ha alzato troppo il gomito.
I suoi figli sono vicini ad una piazza, che continuano ad esplodere furgari, e vedono di passaggio il padre, che salutano calorosamente orgogliosi della loro capacità pirotecnica, ma il padre corre senza sentire le loro grida di gioia. La sua corsa disperata non conosce sosta, nelle cascate di fuoco rivede i volti del vicino e della moglie, rivede tutta la sua vita coi suoi momenti di felicità e tristezza, rivede il lettino dello psichiatra che lo ha in cura, il duro lavoro nelle serre, la polvere da sparo che nascondeva anni addietro per celebrare la festa.
Questa notte è davvero unica e terribile, ha due omicidi sulle spalle, ma si sente un giustiziere, ha messo fine ad un vicino che era odiato da mezzo paese, e ha dato una lezione alla moglie che aveva un carattere debole, si sente di avere fatto del bene.
Del resto, perché deve soffrire da solo quando la sofferenza gliela procurano gli altri?
Sono oramai le quattro di mattina e la sua corsa disperata pare non avere fine. D'improvviso si avvicina ad uno di quei falò e si siede per qualche istante cercando un momento di riposo per le sue stanche membra. Stremato dallo sforzo però, cade vicino al falò e viene colpito da un tremendo malore che lo porta via con sé, secco, istantaneo come i due impeti di follia di questa notte allucinata.
Ha con sé la scatola dei medicinali, pare che siano scaduti da mesi, forse anch'essi hanno contribuito a provocare la sua morte. Il suo corpo cade su della polvere di zolfo che era rimasta cadendo dal falò, viene ritrovato alle sei di mattina a fianco della catasta di legna ancora accesa.
Forse la sua morte non è casuale, è morto vicino al fuoco, forse per purificarsi dei tremendi delitti di cui è responsabile. La sua morte è come una metafora; avvolto nella polvere, la polvere che ha ricoperto la sua ultima parte di vita, si libera delle sue sofferenze come il fuoco che cancella tutte le tracce. Ciò che rimane sono i due figli ed è a loro che rimane il futuro.
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0 recensioni:
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- Molto bello l'ho letto volentieri
- Ho letto il racconto e non lo giudico negativamente, ma non ne sono rimasto convintissimo. Trovo il personaggio di Giobatta descritto troppo superficialmente. Commette due omicidi senza un perchè, cioè senza che l'autore riesca a spiegarli.
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