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Western in città
Io, lo Scultore, lo Scrondo, lo Squalo blu, il Banana e il Mansueto discorrevamo nella solita birreria. Non chiedetemi però l'origine dei soprannomi, si perde nella notte dei tempi e credo che né chi li ha affibbiati né chi li ha ricevuti saprebbe oggi offrire spiegazioni esaurienti. Un tempo trascorrevamo in allegra compagnia ogni giovedì e sabato sera, ma un po' alla volta i rispettivi impegni lavorativi e sentimentali ci avevano fatto perdere l'antica assiduità. Tuttavia qualche rimpatriata l'organizzavamo ancora con piacere.
Ci stavamo divertendo più o meno tutti, ma a tener banco erano lo Squalo blu e il Banana.
Dopo alcuni tentativi frustrati di entrare in polizia o nei carabinieri, anni prima l'alto e smilzo Squalo blu era diventato vigile urbano. O dovrei forse definirlo agente di polizia locale o municipale, come si usa pomposamente fare oggi? E questa seriosa attività mi pareva in netto contrasto coi suoi classici atteggiamenti da gran macho, le inverosimili panzane sparate a tutto spiano, gli abiti da tamarro indossati nel tempo libero e l'abitudine di circolare col coltello a serramanico in tasca e chi sa cosa ne avrebbero pensato in proposito i superiori.
Quella sera era al settimo cielo per via della recente legge che armava i vigili urbani. Legge che per inciso a me invece non piaceva, anche perché, da quanto ci aveva raccontato, fino ad allora i novelli pistoleri non avevano svolto né un addestramento specifico per imparare a gestire al meglio le sputafuoco né verifiche sul loro equilibrio psichico. La sola idea di gente come lo Squalo Blu sguinzagliata in giro per le strade cittadine con la pistola alla cintura bastava a preoccuparmi.
Dal canto suo quel bambinone del Banana, sempre pronto a ficcare il lungo naso negli affari altrui, non si faceva sfuggire l'occasione per punzecchiarlo. Il nostro permaloso predatore marino di minuto in minuto perdeva così il buon umore e si faceva sempre più scuro in volto. Infine, con un movimento tanto improvviso quanto inatteso, aveva estratto di tasca il pugnale e l'aveva puntato dritto alla gola del Banana, facendolo ammutolire.
"Ma che ti sei impazzito?" Era scappato detto al Mansueto, interpretando il pensiero di tutti.
Io invece ero così sconvolto da non riuscire ad aprir bocca. Lo sapevo, lo sapevo, continuavo a ripetere a me stesso, che prima o poi perdeva la testa e commetteva una sciocchezza. Onestamente, però, fino a quel momento non avevo creduto sul serio che potesse arrivare a tanto.
"Scherzavo, Mirco, giuro che scherzavo, gira la lama da un'altra parte, per favore." Aveva esclamato infine il Banana, mentre il pomo di Adamo gli andava su e giù.
Nel frattempo anche noi ci eravamo ripresi dallo stupore quanto bastava per metterci in mezzo e convincere il dannato pescecane a venire a più miti consigli.
"Perdi sangue, Banana." Aveva quindi sussurrato il Mansueto.
Il Banana era corso trafelato in bagno, ma per fortuna si trattava solo d'un graffietto, tre gocce e via. Intanto lo Squalo giurava e spergiurava che era stato un incidente. Non aveva avuto intenzione di ferirlo ma soltanto di mettergli addosso un po' di sana fifa, affinché la smettesse di provocare. La lama, spiegava, non avrebbe inciso la pelle se il sodale fosse rimasto immobile. Poco dopo il buon Banana era tornato rinfrancato al tavolo, l'uno e l'altro si erano scusati del proprio comportamento e tutti e sei c'eravamo sforzati di proseguire la serata come se nulla fosse accaduto. Ma da allora mi ero ripromesso di tenermi il più possibile alla larga da quel mentecatto. Ero convinto che un giorno o l'altro avrebbe finito per ammazzare qualcuno ed ero ben deciso a non essere io quel qualcuno.
Damiano Barisone era demoralizzato. Operaio ufficialmente in mobilità per esubero, ma di fatto disoccupato da oltre un anno, era stato pure abbandonato dalla moglie, che si era trovata un nuovo compagno. Costei in prima istanza aveva ottenuto l'affido esclusivo dei figli, anche a causa dei trascorsi violenti del marito. L'uomo nel frattempo si era provvisoriamente trasferito in casa del fratello, dove viveva in un ininterrotto stato di tensione, mal sopportato da questi, temuto dalla nipotina di otto anni e odiato dalla cognata. Non faceva nulla da mane a sera e attendeva la sentenza definitiva del tribunale con ansia crescente ma senza soverchie speranze di un esito positivo.
Infine un sabato pomeriggio, dopo l'ennesima litigata telefonica con la moglie, ebbe un grave dissapore pure con i padroni di casa e la sua lucidità mentale, già minata, evaporò all'improvviso. Quel giorno il massiccio Damiano Barisone prese il suo vecchio catenaccio, trovò fratello e nipotina intenti a giocare in soggiorno e glielo puntò addosso.
"Ma cosa fai con quel fucile, stai scherzando?" Esclamò il congiunto, guardandolo basito.
"Avete finito di tormentarmi." Rispose Barisone, sudando in preda all'agitazione e proferendo poi diverse altre parole, ma del tutto incoerenti.
"... Ascolta Damiano, cerca di calmarti. Ce l'hai con me? Ok, ma qui c'è una bambina che non centra nulla. Posa per piacere il fucile e discutiamone con calma."
"Non ho più nulla da discutere e non le lascio i miei ragazzi. Ammazzo voi, loro, gli adulteri e la faccio finita, tanto son già morto."
"No, aspetta, non c'è ragione di... aah."
Damiano Barisone esplose quattro fucilate in rapida successione, quindi lasciò la stanza e si mise alla ricerca della cognata, convinto di trovarla nascosta da qualche parte.
Quest'ultima stendeva i panni sul balcone, quando sentì le detonazioni e rientrò spaventata, senza capire cosa stesse accadendo. Vide il marito e la figlia riversi a terra in un lago di sangue, s'immobilizzò e gridò a squarciagola, in preda allo shock.
Udito l'urlo, Barisone tornò in soggiorno e sparò anche a lei. Scese quindi in strada, montò in auto e si diresse verso l'abitazione della moglie. Cinque o sei minuti dopo giunse davanti al portone, non scorse posti liberi nei pressi e facendo spallucce decise di parcheggiare in divieto di sosta.
Intanto il fratello, benché seriamente ferito, aveva cercato di soccorrere i familiari e, resosi conto che erano entrambi morti, si era accasciato, in lacrime e disperato. Poi gli erano tornate alla mente le ultime parole pronunciate da Damiano e aveva compreso di dover almeno salvare i nipotini. Doveva assolutamente trovare la forza di raggiungere il telefono e dare l'allarme.
L'agente della polizia locale si aggirava per le vie cittadine con le gambe divaricate, le ginocchia flesse e gli occhiali da sole. Si sentiva come un marshall del far west, anche se le armi con cui far rispettare la legge erano principalmente penna e taccuino. Nulla sfuggiva al suo sguardo rapace.
"Ehi lei, lì non ci può mica parcheggiare, se ne vada subito." Sbraitò altezzoso, con la sua vocetta nasale, procedendo ad ampie falcate verso l'automobilista indisciplinato di turno.
"Mi fermo solo cinque minuti, vigile e poi..." Iniziò d'istinto quest'ultimo, preso di sorpresa, la mente rivolta altrove.
"Signor agente, per te, bello! Esigo rispetto per la mia divisa. Porta subito via 'sto catorcio o te lo faccio portare via io col carro attrezzi, chiaro?"
Damiano Barisone strabuzzò gli occhi, incredulo dinanzi a cotanta arroganza e iniziò a sudare. Lui non poteva saperlo, ma sulla scrivania del comandante del corpo si erano accumulate dozzine di proteste per l'incredibile modo di fare di quel funzionario.
"Ma tu chi cazzo credi di essere, accidenti, io..."
"Ehi, modera i termini, cafone, guarda che con me non si scherza. Un'altra parola e ti conduco alla centrale." L'interruppe l'uomo in divisa, portando con strafottenza la mano destra alla fondina.
Barisone prese a tremare per l'ira, già immerso in un bagno di sudore. Ucciderlo era fuori discussione. Intanto che si voltava, afferrava il fucile e tentava di usarlo quello faceva in tempo a freddarlo. Stava male. Gli occorreva un calmante, se voleva portare a termine la sua missione. Allungò la mano per cercarlo nel vano portaoggetti e con un urlo belluino il vigile estrasse fulmineo la pistola e gli scaricò addosso tre colpi in rapida successione. Barisone stramazzò sul sedile, morto sul colpo. La testa ricadde sul volante e il clacson prese a suonare senza sosta, coprendo le sirene dei carabinieri, che sopraggiungevano, ancora lontani, avvisati da Valerio Barisone, fratello di Damiano.
Il suo assassino vide che nel cassetto non c'erano armi ma solo oggetti innocui e impallidì. Poi udì le sirene. Stava cadendo in preda al panico quando notò qualcosa sul sedile posteriore, a stento coperto da una cerata e sembrandogli di riconoscerlo si sporse, l'afferrò e lo mise in mano al morto.
Un enorme folla di curiosi si accalcava ai bordi della strada, a stento trattenuta delle forze dell'ordine, mentre i cameraman Rai e Mediaset riprendevano tutto, avidi.
"Ecco a voi il protagonista del giorno, l'agente municipale Mirco Parisi, che ha ucciso lo squilibrato prima che completasse la strage. Ci racconti come ha fatto a fermare quel pazzo assassino." Chiese l'inviato televisivo, ficcando il microfono davanti alla bocca sorridente dell'intervistato.
"È stata solo una felice intuizione. Appena ho visto la folle espressione del tipo che parcheggiava in divieto di sosta, ho subito sentito che qualcosa non andava e mi sono all'ertato. Quando poi gli ho gentilmente chiesto di spostare l'auto, mi ha mandato a quel paese. Io allora gli ho ordinato di scendere e di favorirmi i documenti, pronto a ogni evenienza."
"E poi cosa è successo?"
"Oh, è presto detto. Lui non mi ha neppure risposto e si è voltato per afferrare qualcosa sotto una cerata nel sedile posteriore. Mi sono accorto che era un fucile, ho estratto l'arma di ordinanza e sono stato più veloce di lui, tutto qui. Un attimo di esitazione e ora sarei riverso sull'asfalto."
"Bene signori e signore, avete ascoltato un vero eroe dei nostri tempi, encomiabile per coraggio, modestia e abnegazione. Ci vorrebbe più gente come l'agente Parisi a proteggere i cittadini dai tanti pazzi e criminali che circolano oggi per le strade."
Eccoci riuniti nella nostra birreria a festeggiare l'eroe. Eh sì, perché l'eroico agente municipale è proprio il nostro Squalo blu. Mi aspettavo che prima o poi combinasse qualche casino e invece con ogni evidenza l'avevo sottovalutato. Infatti, grazie alla sua capacità intuitiva e alla sua prontezza di riflessi ha salvato quattro persone, due adulti e due bambini innocenti, da un feroce e pericoloso mass murder, che aveva già massacrato un'intera famiglia.
Guardalo lì come si pavoneggia, con la bandana piratesca, gli occhiali scuri, la camicia di jeans sbottonata a mostrare il petto villoso e la collana ad anelli così ingombrante da impacciare perfino Barracus dell'A-team, ma non lui, l'indomito pistolero. E agganciata ad essa naturalmente risalta la medaglia al valore, appena consegnatagli in una cerimonia ufficiale dal presidente della repubblica in persona!
Dopo essersi sbevazzato una prima metà pinta, Squalo blu toglie dalla fondina la rivoltella indebitamente indossata fuori servizio e la posa rumorosamente sul tavolaccio.
"Un nuovo sceriffo è arrivato in città, ragazzi." Esclama tutto tronfio, con quella sua ridicola vocina nasale.
"Ancora un brindisi per lo Squalo blu, eroe del mese." Rispondo allegramente io, sollevando il boccale.
"Evviva lo Squalo blu." Gridano gli altri in coro.
"Sì, evviva." Conferma più esitante e roco il Banana, mentre si sfiora inconsciamente la gola con la punta delle dita.
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