Ciao Vincenzo,
anzi ciao Enzo. È così che ti facevi chiamare, così che amavano chiamarti tutti. È già passato un anno, un incredibile, lunghissimo anno. E non ci sei più. Dove tu sia finito non saprei dirlo, il perchè neanche. Non avrebbe alcun senso cercare di rispondermi. So soltanto che esattamente un anno fa, il ventisettembreduemilanove ti ho perduto per sempre. E nessuno potrebbe capire, nessuno. Il dolore che si prova. Il vuoto, la solitudine, l'amarezza, l'odio. Ho odiato il mondo, la vita, tutte le persone che mi circondavano, per molto, troppo tempo. Nessuna di loro, niente, mi sembrava dovesse meritare attenzione. In fondo sono state la mia salvezza e tu lo sai bene. Addio Enzo, addio. Perchè sei andato via in autunno? Amavo così tanto questa stagione. E le foglie morte, raccontarti di noi due per mano in riva al mare senza smettere di ridere. Perchè proprio in autunno? Quante volte ho desiderato di svegliarmi, che sciocca, e trovarti in camera, come sempre, con la tv accesa e il telecomando a terra. I tuoi libri, le poesie, i cd ordinatissimi e la tua mania di conservare tutto. Nessuno potrebbe capire, nessuno. O forse si, ma non saprei condividere il mio dolore. Che ora ho imparato a custodire gelosamente, come un dono, come qualcosa che non si chiede, di cui tu sola conosci il potere devastante, la capacità di distruggerti fin dentro l'anima. E ho desiderato di morire con te. Cos'altro altrimenti? Cosa avrei potuto desiderare se non annientarmi. Ma ho saputo allontanare anche questo. L'istinto si domina, il dolore un po' meno. Questo ti succede quando non credi più a nulla, quando tutto è lontano da te, non hai la forza di reagire, di sperare, di avere fiducia, tantomeno fede. Quella non mi ha mai aiutato, mai mi aiuterà. So che se fossi qui mi diresti di non essere così ingenua, così stupida. Ma non ci sei, altrimenti avrei amato quelle parole una ad una. Tutte. Come mai prima d'ora. Sopravvivere a te è sopravvivere ad una ragione di vita. È sopravvivere a chi hai dato la vita. E muore con te tutto, quando quella ragione ti lascia. Muore soprattutto la volontà, quella volontà dalla forza brutale, cieca, assassina, che ti conduce nel vortice dell'inganno, che ti seduce e sa come renderti schiava. Sono stata troppo tempo schiava del mio dolore. Che parola orribile, il dolore. E io, ormai non più giovane, il dolore non l'avevo mai conosciuto. Non capivo quanto ero fortunata. Quanto avrei voluto conoscere questo dolore a dosi, a gocce. È impossibile riceverne tanto in un solo secondo. Forse anche meno. E in fondo credo che sia finito qui. La vita non ha più debiti, né crediti con me.
Credo di averle dato tutto, persino me stessa. Spero di perdonarla questa vita. E ora non potrei fare altro che ricominciare, proprio in autunno. Ricominciare da quello che è stato, da quello che sono, dal dolore che mi divora ma non mi annienta. Da te, di cui rimane soltanto il sapore di quei giorni e nessuna foto che riesca a parlarmi senza essere così spietata. Addio Enzo. Addio ma non per l'ultima volta. Vorrei dirti addio fino a quando la mia mano sarà in grado di scrivere, la mia voce di farsi udire. Riuscire a non pensare che per te sia tutto finito, è lì il segreto.
Poserò questa lettera qui, sul tuo letto, dove sto scrivendo. E qui forse rimarrà per sempre. Negli autunni e nelle stagioni a venire.
Per sempre.
Tua madre.