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Dionilla racconta 3
Tutto quello che accadde era avvenuto, in una simultaneità di fatti, così straordinariamente straordinari, da non lasciare alternative sulle nostre immediate volontà; per almeno un decennio, non avremmo affrontato esperienze, oltre le pareti domestiche. Su richiesta della commissione patronimica, veniva avviata la stesura del trasbordo, dei convogli. Veniva omesso il fatto più importante, che riguardava l'infrazione al regolamento, perché, prima di effettuare un cambio di locomotive, è necessario, avvedersi se tutte le vetture sono sgombre. Fui la prima ad essere chiamata; un luogotenente mi porgeva un foglio... Lessi ancor prima di uscire. Ero trasecolata...
E mi rivolsi a tutti gli impiegati dell'ufficio distrettuale del commissariato: "E di noi, non si parla!?... Pensate, forse che una sedicenne, può lasciarsi ingannare?!
Siamo le reduci, quasi di un attentato e non si scrive nulla?"
Pensando di ingannarmi ulteriormente, mi dissero: "Ha ragione, non si arrenda: provvederemo...
Intanto ella, ritorni dalla mamma e dalla sorellina. Il Commissario, al momento, è assente, ma un ufficiale, vi chiamerà, una alla volta e vi porrà delle domande."
"Va bene," rispondevo, ma l'antifona, era evidente: "si vuol far credere che siamo allucinate."
" Denise," dicevo a mia sorella, "stiamo bene attente."
Rivolgemmo al questore addetto alla portineria, una una preghiera: "Potreste informare gli impiegati, che nostra madre non si è ripresa ancora? Però posso chiamare Denise che è maggiorenne."
"Non ci sono problemi, Signorine."
Denise venne chiamata...
Aspettavamo ansiose...
Quel colloquio, fortunatamente, non seguì un andamento burocratico; all'uscita, turbata e commossa a un tempo, Denise, ci raccontava:
"Mi accolse, un colonnello, che, a dire il vero, sembrava uno studente. Era un po' come noi, pensoso e trasognato."
"Prego, venite..." Ed abbassava gli occhi... Ed io capii che gli era stata imposta la parte del leone, per poterci ascrivere tra gli esaltati.
"Come vi chiamate?"
"Denise, non ve l'ho detto prima?"
"È vero... Sì, Potreste spiegarmi, con dovizia di particolari, quale motivazione, ha spinto vostra madre, a prendere la decisione, di lasciare il proprio abitat e salire su di un treno?"
Rispondevo: "Cosa centra il motivo?" E avrei voluto dire: "Son fatti nostri."
Il giovane "studente", si fermava; poi si riprese: "Lo so... Purtroppo. Io devo assolvere ad un obbligo. Ma, in tutta sincerità, risponda a una domanda: sua madre è sobria?"
Risentita, risposi:
"Ma, come osa farmi questa domanda..."
E mi trovai a declamare i versi di Aleardo Aleardi:
"O gente sui binari dell'ignoto, non riversate sulle umane genti, le vostre colpe. Ciò che noi siamo fummo. Non oltraggiate il nome delle madri; nessuna è similare; tutte sono autentiche."
Le ultime parole venivano pronunciate da me con tale enfasi, che lo vidi tubarsi; egli si avvicinava e, quasi dolcemente, mi domandò:
"Dove le hai lette?"
Col mio slancio emotivo, gli rispondevo: "Giuro; non le ho inventate; me le ha dette un poeta."
La lezione riprese e gli spiegavo quelle cose che prima non capivo.
Al che mi diede un bacio sulla fronte, dicendo: "Mi volevano incastrare... Ma sono ancora in tempo per far valer me stesso." Dopo, mi disse ancora: "Ispirami l'inizio." Gli sussurrai: "Il treno si fermava..."
"Adesso spetta a me," mi disse sottovoce... "Il treno si fermava, per pochi istanti; nessuno degli adepti si è accertato dell'avvenuto sgombero."
Ed, infine, mi chiese: "Ora, cosa farete?"
Risposi: "La ringrazio. Col primo volo torneremo a casa; le manderò una cartolina."
Noi rimanemmo solo qualche ora nella vetusta cittadina...
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- sempre brava pina bel racconto

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