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Bella da morire
Non è lei. Quel viso così magro, quegli occhi così tristi, quei seni così svuotati non sono i suoi. Il pranzo è ancora intatto davanti a lei. Evita accuratamente di posarvi lo sguardo. Non riesce più nemmeno a guardarlo, il cibo. Seduta nel letto della clinica in cui è ricoverata guarda il panorama. Non guarda, piuttosto vede. Lo sguardo è vuoto, inespressivo. Dalla camicia da notte spuntano le gambe, così magre da non distinguere la coscia dal polpaccio. Così magre che persino io non riesco a guardarle. Stringo la sua manina fragile tra le mie non riuscendo a fare altro. Tutto quello che le potevo dire gliel'ho detto. Non ha ascoltato me, la sua migliore amica, né la sua famiglia. Posso solo starle vicino e farle capire che io per lei ci sono.
"Mia madre mi ha portato questa" la sua voce è come un soffio. Mi passa la busta bianca appoggiata sul comodino. "Penso di sapere cosa ci sia" una lacrima le riga il viso "io non riesco a guardarla". Questa è lei. Sulla spiaggia di Corfù, con una mano si tiene il cappello di paglia e sorride all'obiettivo. Gli occhi sono lucenti, il sorriso euforico, i capelli brillano al sole. Scendo con lo sguardo lungo il corpo, così florido e perfetto, ricoperto da un'abbronzatura dorata. Bella. Bella come nessuna. Qualche mese prima della sua rovina. Prima d'incontrare quel manager che le propose di fare la modella, prima di conoscere Carmen, la sua "amica", già famosa indossatrice, che la faceva sentire inadeguata. Troppo robusta. Grassa. L'ha aiutata a perdere peso, a suo dire.
"Solo qualche chilo in meno" mi aveva detto "per sentirmi meglio; non sono più a mio agio in questo corpo, vorrei solo star bene con me stessa".
Ripongo la foto nella busta e l'appoggio sul letto. "Sono orribile" sussurra "non riesco nemmeno a guardarmi allo specchio". Continuo a tacere. Non ci sono parole giuste da dire. Io non le conosco. O forse non le hanno ancora inventate.
"Ho perso tutto" di nuovo una piccola lacrima.
"No" provo a dire "non hai perso la tua forza d'animo, puoi ancora rimediare"
scuote la testa e per la prima volta da che sono qui mi guarda. Ha gli occhi arrossati e gonfi di lacrime. "Non ho nemmeno la forza per stare in piedi".
Le sue piccole dita ossute stringono debolmente il mio pollice. "Vorrei solo riuscire a riavere la mia vita, svegliarmi e accorgermi che è stato tutto un brutto sogno, che questa cosa non è capitata me". Un nodo mi stringe la gola. Mi fa troppo male vederla così, a soli vent'anni. Non vive. A malapena sopravvive. Vorrei stringerla forte a me, dirle di non preoccuparsi che tutto s'aggiusterà. Ma ho paura di stringerla, tanto è fragile. Più il tempo passa e più le mie speranze diventano vane. I medici dicono che se non cambia qualcosa è solo una questione di settimane. E io la sento sempre più lontana, sento che sta diventando così leggera da spiccare il volo.
"L'orario di visita è finito" l'infermiera fa capolino nella stanza. "Sì, vado" dico prima che richiuda la porta.
"Torno domani" prometto. Lei annuisce appena con il capo. La bacio sulla fronte ed esco. Salgo velocemente in macchina e finalmente scoppio a piangere.
Il giorno dopo la trovo con gli occhi fissi su un quotidiano. Nemmeno mi saluta quando mi siedo accanto a lei. Da sopra la sua spalla leggo il titolo dell'articolo. "Mangiava solo mele e cetrioli a fette. Muore a ventidue anni la modella spagnola Carmen Gomez". Resto di sasso, pietrificata. Carmen ci fissa dalla foto, con il sorriso sicuro di chi sa di essere bellissima, orgogliosa e fiera di stare sulla passerella. Me la ricordo bene, anche se ci ho parlato una sola volta.
Avevo capito che stava facendo il lavaggio del cervello alla mia amica, ecco perché ero andata a trovarla. Mi aveva riso in faccia. "Ma cosa ne sai tu del nostro mondo? È competitivo, sai. Bisogna essere più magre e più belle delle altre per farsi strada" aveva sollevato la maglietta per mostrarmi l'addome piatto e tirandosi un minuscolo pezzetto di pelle aveva continuato: "vedi? Anch'io devo ancora lavorare per mandare via questo schifoso ed inutile grasso. La tua amica è solo agli inizi, cara mia"
"Lei era bellissima prima di conoscere te!" avevo esclamato piena di rabbia.
"Non pretendo che mi tu mi capisca, abituata come sei al tuo ambiente di universitarie grasse e sfatte senza il minimo senso estetico". Si era infilata in bocca una di quelle pasticche per ridurre il senso di fame e con aria di sfida mi aveva chiesto: "Ne vuoi una?" prima di scoppiare a ridere.
Lo ammetto. Lì per lì l'avevo invidiata. Bella, sicura di sé, con il mondo ai suoi piedi. Passava le serate negli ambienti più alla moda e la sua unica preoccupazione era quella di sorridere ai flash. Mentre le mie giornate trascorrevano tutte uguali, tra esami, lezioni, pomeriggi in biblioteca e tristi serate davanti alla televisione.
Una lacrima cade sulla pagina di giornale. "Ho paura" quegli occhi ancora a malapena vivi si posano disperati suoi miei. "Ho paura. Ho paura. Ho paura!!" esclama concitata prima di lasciarsi sfuggire uno straziante grido di dolore. Getta via il giornale e si aggrappa a me, come se fossi l'unica cosa che la tiene ancorata a questo mondo. Sento sotto le mani le sue piccole spalle tremare, le lacrime bagnarmi i capelli, le grida soffocate sulla mia spalla.
Non ce la faccio più. Sto scoppiando. Sono preoccupata per lei, sto male. Nemmeno lo capisce. Chiusa egoisticamente nel suo dolore.
"Basta!" mi sento esclamare. Le prendo con forza il viso tra le mani. "Devi mangiare! Lo vuoi capire? Hai vent'anni e ti stai uccidendo! La tua vita non è solo la tua, la tua vita è anche delle persone che ti vogliono bene, anche la mia, perché la mia, di vita, senza di te non sarebbe più la stessa. Lo capisci, cazzo? Lo capisci? Ce la fai per un secondo a pensare che non esisti solo tu al mondo?" le lacrime le si gelano sugli occhi. Ho il respiro affannoso. Il cuore mi rimbomba impazzito nel petto. Mi guarda incredula, come se stesse rielaborando il mio discorso. Ho paura che mi cacci via, che mi dica che sono una stronza incapace di capirla. Se questo accadesse, non me lo potrei mai perdonare. D'un tratto, un piccolo borbottio proveniente dal suo stomaco rompe il silenzio. Abbassa lo sguardo sulla pancia. Dopo qualche secondo, punta di nuovo gli occhi sui miei e abbozza un timido sorriso.
"Ho fame"
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2 recensioni:
- Grazie Frivolous! Ti svelo un piccolo segreto (una cosa molto imbarazzante a dire il vero)... mentre lo scrivevo mi veniva da piangere pensando a come si riducono certe ragazze per sembrare più belle... beh, a dirla TUTTA la verità, qualche lacrima m'è uscita sul serio. Tieni conto che ero in "quel periodo" e quindi la mia emotività era proprio alle stelle...
- Grazie mille Chira
Anonimo il 21/06/2012 19:11
Bel racconto per un argomento toccante e di attualità tra i giovani, purtroppo, anche tra i maschietti dicono. Spiazzante per me il finale ma avevi sviscerato prima il problema e va benissimo così, con la fame che torna e con essa la vita. Bravissima! Letto con molto piacere.
- Ancora grazie per il tempo che mi hai dedicato
Anonimo il 13/05/2012 20:35
virgi avevo capito che, per fortuna, non interessava personalmente te... ragione di più per dirti brava a parte il problema purtroppo noto a molti... hai saputo ben impostare questo racconto... ancora complimenti
- Ti ringrazio Carla davvero tantissimo per il commento positivo... in tutta sincerità è un problema che non mi riguarda; amo mangiare, odio vomitare e soprattutto sto benissimo con me stessa (non che sia grassa), però sono molto sensibile al riguardo soprattutto perché penso sia un problema generalmente sottovalutato
Anonimo il 13/05/2012 16:19
bravissima... non posso fare a meno di farti i miei complimenti, anch'io ho scritto una poesia su questo male ma su un altro sito... quindi il tuo eccellente scritto mi ha toccato il cuore...
- Scusa Massimo se rispondo solo adesso ma sono immersa nel diritto romano fino al collo... comunque, intanto grazie per avermi letto e commentato. So che l'anoressia è una malattia anche psicologica, ma se la protagonista fosse ancora psicologicamente malata non sarei riuscita a fare un'introspezione psicologica nei panni dell'amica narratrice... e non sarei potuta arrivare alla guarigione in sole due pagine! Grazie per tutte le cose positive che dici su di me a presto
- Prima di tutto è un piacere leggere un'autriche che, al contrario della maggior parte dei PRutenti, sa come impostare una storia in maniera narrativa. Che poi scrivi pure bene non te lo sto a ripetere. Tu sei la prova di come questo sito purtroppo è in fase involutiva, tanto da stufarmi, perchè altrimenti non saresti ferma a un commento (e col mio 2)con uno scritto così bello ed emotivo.
Quando la ragazza anoressica, all'inizio del racconto, rivela all'amica di essersi rovinata e di essere diventata orribile, ecco, allora dimostra di avere già iniziato la via della guarigione, perchè il problema delle anoressiche è proprio quello: non riuscire psicologicamente a comprendere di essere malate e di essere anzi convinte di stare molto meglio così. Brava, mi è piaciuto.
- Grazie Piero per questo tuo commento. L'atto finale della narratrice, più che un modo di aiutare l'amica è un atto disperato; quindi sì, il crescendo che ci vedi tu c'è, anche se, a dirla tutta, non è stata voluta la cosa
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