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Notte senza fine
NOTTE SENZA FINE
1
Pensavo di avere ormai superato la mia innaturale paura della notte, che mi perseguitava fin da quando ero un fanciullo.
Una paura insana, direi, come un piccolo mostro che si nasconde nei meandri più oscuri e inesplorati del mio cervello, per poi uscire quando cala solenne e silente la notte.
Non so ancora se definirla fobia, si manifesta come una forma di pazzia, piccoli, brevi, determinanti momenti di pura follia, dei quali però sono stranamente cosciente.
Nel mentre in cui il folle demone che ha il controllo del mio cervello esce allo scoperto, scombussolando la mia attività cerebrale, mi rendo perfettamente conto di non poterlo fermare, e mi rassegno a vivere istanti di pura agonia, che solo la mente umana può concepire.
La sensazione che provo ogni notte può solo essere paragonata ad una sorta di coma infernale, una prigione custodita da malvagi, ripugnanti esseri che desiderano solo farmi impazzire, non vogliono la mia morte, bramano il peggio, la mia paura, la mia angoscia, i miei timori, la mia follia.
2
Era una sera come tutte le altre, sedevo su di una poltrona particolarmente comoda, sul mio terrazzo, mentre ammiravo compiaciuto il cielo scuro come le tenebre, e la pioggia che devastava le strade vuote e desolate.
Nulla avrebbe potuto distrarmi.
Amavo follemente sia la notte che la pioggia, erano le mie uniche fonti di ispirazione, riuscivano a nascondere la maledetta realtà del mondo, oscuravano gli orrori, i meschini sguardi della gente, le inutili parole buttate al vento, lasciate andare chissà dove, contemporaneamente risaltavano l'orribile freddezza ed indifferenza dei maligni demoni comunemente chiamati umani.
Ritenevo invece che il sole fosse un dannato ipocrita, mi domandavo perché qualcosa dovesse illuminare e fare splendere un così simile incubo, perché cercare di rendere l'inferno un posto migliore?
Il mio insano amore verso il macabro colore delle tenebre si contrapponeva però con una folle paura, una strana ed inquietante depressione che non riuscivo a placare nemmeno cercando di dormire.
L'idea di dovere dormire non mi garbava affatto, non volevo cadere vittima dell'immensa oscurità, in balia di ogni più delirante orrore.
3
Il sonno e la stanchezza mi devastavano sia fisicamente che psicologicamente, sapevo che quella notte sarei caduto inevitabilmente in un interminabile vortice di delirante follia, sotto il totale controllo del demone che mi possedeva.
Mi sedetti impaurito sul cuscino stropicciato del mio letto, stringevo un libro con la mano fredda e tremante, mentre speravo ingenuamente che la lettura avrebbe allietato il mio riposo.
Dopo avere sfogliato ripetutamente il libro che impugnavo non mi sentivo di certo rinfrancato, niente in quel momento avrebbe potuto consolarmi, neppure i miei tanto amati libri.
Avevo più volte preso in considerazione l'idea di un possibile suicidio, ma la morte era solo un altro inevitabile orrore, come la vita, come la follia.
Molti avrebbero potuto pensare al suicidio come una possibile fine della loro disgraziata vita, io penso che non sia così, credo che sia un infinito susseguirsi di interminabili incubi, la vita è solo un altro piccolo passo lungo la scala degli infiniti e demoniaci aspetti dell'universo, e dopo di essa, c'è semplicemente un altro inferno che ci attende.
4
Ero ormai in procinto di chiudere definitivamente gli occhi, divenendo inevitabilmente schiavo della notte.
La paura occupava ogni angolo del mio cervello, nel mentre in cui mi abbandonavo al mio inesorabile destino.
La stanchezza si faceva più intensa ed osservavo amareggiato l'oscurità intorno a me che continuava ad avvolgermi con una inquietante dolcezza.
Avevo deciso di chiudere gli occhi soltanto cinque minuti, quel poco che bastava per riprendere le forze, ma, come sospettavo, dopo qualche secondo ero già caduto in un sonno profondo, e questa volta non c'era modo di svegliarmi.
Ricordo a fatica i miei sogni, tanto erano disumani. Surreali voci di anime inquiete affollavano la mia mente, suoni che mai avevo sentito prima devastavano le mie orecchie.
Mi ero poi svegliato pallido e sudato nel cuore della notte, il sangue mi scorreva freddo e pungente in prossimità delle tempie, completamente in preda al panico non sapevo che fare.
Mi alzavo ripetutamente dal freddo letto che mi attendeva, facevo brevi ed inutili camminate lungo il perimetro buio della mia camera da letto. Mentre fissavo freneticamente l'orologio a pendolo che mi era di fronte sentivo il ticchettio costante ed interminabile delle sue lancette, sperando ingenuamente che il tempo passasse più in fretta.
5
Camminavo ormai da diversi, lunghi minuti, e le voci nella mia testa continuavano ad assillarmi, erano disgraziate urla dei dannati costretti a subire le pene dell'inferno, ed io sapevo di essere solo all'inizio di questo orrendo gioco mentale.
Niente in quel momento avrebbe pututo salvarmi se non Dio.
Orrende fantasie sulla mia sorte mi balenavano ormai nel cervello, una più spaventosa e cruenta dell'altra.
6
Mentre il mio cuore batteva freneticamente ed io cadevo irrefrenabilmente nel delirio più inimmaginabile strane visioni apparivano davanti ai miei occhi; visioni do morte, di sofferenza, offuscate immagini di essere non umani mi incutevano un timore tale da desiderare di non essere mai nato.
Tuttavia, durante i pochi momenti di quiete, l'unico suono che mi dava conforto era il dolce ticchettio della pioggia che, spinta dal vento, sfiorava la mia finestra.
Le ore passavano e la lucidità che possedevo svaniva disastrosamente, sapevo che quella non era una notte come tutte le altre, il tempo trascorreva in fretta ma il sole non sorgeva mai, non riuscivo a trovare una spiegazione razionale per ciò che stava accadendo, ma ero certo che l'alba mi avrebbe salvato da un momento all'altro.
Desideravo il sole che tanto odiavo più di ogni altra cosa, ma inconsciamente sapevo cosa stava succedendo, tutto ciò che avevo sempre temuto si era ormai manifestato, e la paura mi stava facendo perdere anche gli ultimi rimasugli di razionalità che possedevo ancora.
Cercavo di urlare disperatamente ma era come se nessuno mi sentisse, stavo diventando più invisibile di quanto non lo fossi già nella mia miserabile vita.
Con mia grande sorpresa mi ero accorto di non possedere più il controllo di gran parte dei miei arti, era come se non possedessi più il mio corpo, sentivo solo l'inarrestabile battito del mio cuore che risuonava nell'inquietante silenzio di quella notte.
7
Mi chiedevo se fosse giusto per me morire così, in solitudine; ecco perché odiavo gli uomini, sanno essere più meschini di tutti i demoni dell'inferno, l'unica cosa di cui dovere aver paura non sono certo le orrende visioni che mi perseguitavano, ma gli umani.
Giunto a questa veritiva conclusione mi domandavo perché lottare ancora. Perché combattere contro la morte?
Perché vivere per poi subire quotidianamente la freddezza degli uomini, la crudeltà, la solitudine?
Un essere umano che soffre di malinconia, angoscia e solitudine, patisce le peggiori pene, più di ogni disgraziato che brucia nelle fiamme dell'inferno, la solitudine è il vero inferno, credetemi, e gli uomini non sono altro che i suoi demoni.
Avevo deciso di abbandonare ogni speranza, ora; l'oscurità mi stava lentamente avvolgendo nel più dolce abbraccio che avessi mai ricevuto, un abbraccio vero.
Mentre consegnavo il corpo e la mente al mio destino le lacrime mi ricoprivano il viso, piangevo diperatamente, ma non per il dolore, non per la paura, bensì per la gioia. Stavo finalmente bene. Mai più finti amori, mai più false parole, ma più crudele freddezza.
Ora non dovevo temere nulla, ero al sicuro, nelle tenebre.
Almeno la morte non ha inganni, non ha segreti.
La morte si mostra per ciò che realmente è, non nasconde nulla.
La morte è forse l'unica cosa vera della nostra vita.
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0 recensioni:
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- Si nelle ultime righe si è semplicemente rassegnato ad abbandonare la vita e spera in un inferno migliore.
Comunque leggo molto Lovecraft, Poe, Shakespeare, Wilde e Doyle.
- Ma non avevi scritto che dopo la vita c'è soltanto un altro inferno? Le ultime righe invece sono incerte. Sembrano significare che "poi" non c'è più nulla, o che "poi" c'è la "sicurezza" delle tenebre, se le tenebre sono qualcosa. Beh, sei comunque brava, e mi domando da dove provengano le immagini rappresentate in questo racconto. Mi viene qualche dubbio che ha 15 anni. Sai mi piacerebbe sapere quali sono le tue letture preferite. Saluti.
- Ciao a tutti, sono master.
Se non vi piace lo capisco, ho solo 15 anni non sono ancora molto brava
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