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Il peccato
Si ritrovò seduta, dentro il confessionale, di una chiesetta di paese, lo sguardo era fisso nel vuoto, la sua bocca si muoveva freneticamente senza far uscir un fiato, una parola, come se avesse le corde vocali anestetizzate, paralizzate.
La sua esagerata ansietà la sfogava ora sul quel rosario, che con le dita sgranava velocemente tra le mani.
Quello strano silenzio fu interrotto improvvisamente da una parola strozzata, "... Peccato".
"Non capisco...", replicò l'uomo di là della reticella, "... spiegati meglio".
"Sì, ho peccato. Ho tradito, ho ucciso mio marito... o non era lui... non lo so più. Non avrei dovuto... voluto..., ma l'ho fatto".
La donna, che ora si trovava dentro il confessionale, stava raccontando confusamente la sua storia a un estraneo, mentre piangeva come mai aveva fatto prima e quel pianto rimbombò ovattato in quel luogo religioso.
"Ma perché? Cosa ti ha spinto a farlo... " La donna sembrava aver scosso l'animo di quella persona.
"Dopo più di trentacinque anni di matrimonio", incominciò a spiegare la donna.
"Ho scoperto che mio marito mi aveva tradito ripetute volte. A quanto pare lo sapevano tutti, eccetto me".
"Perché non glielo ha detto?". Echeggiò questa frase per qualche secondo dentro il confessionale.
"A cosa sarebbe servito!". Lei rispose quasi indispettita.
"E se non fosse stato vero?". Replicò l'uomo.
La donna rimase in silenzio per qualche minuto, riflettendo, o rimuginando quasi seccata da quest'ultimo pensiero.
L'aria che si respirava ora dentro la cabina del confessionale, era quella di legno ammuffito, che si mischiava a quello acre della vergona, che adesso provava la donna.
Il malessere cominciava ad affiorare, attanagliandole la testa, come una morsa, mettendo in dubbio quelle certezze che aveva prima, cercando di capire se quello che aveva fatto era scaturito da un senso profondo di vendetta. Era evidente la costante oppressione della donna in questa storia.
Umiliata, offesa.
Sottomessa al volere maschile del marito, forse anche del padre dimenticata dalle leggi, esclusa ed emarginata dalle istituzioni, violata nel corpo e nell'anima.
Avesse avuto un'amica sincera, si sa che tra donne spesso si crea un legame profondo e autentico di amicizia, che aiuta a reagire nei confronti degli uomini e riscoprire il senso della propria identità femminile.
Il rancore stava per esplodere. Colpì ripetutamente quel leggero strato legnoso che divideva lei con l'uomo dietro la feritoia, dibattendosi graffiando con le unghie la cabina, era fuori di sé, dalla collera che ora la offuscava, la ammantava.
Inarcandosi, alzandosi dalla sedia sbattendo la testa, i gomiti le spalle contro la parete, e tirando calci da rompersi le ossa.
Gridava come una pazza, come una matta. Con una voce che non aveva nulla a che fare con la sua.
Cosa ne poteva sapere quell'omino, continuava a ripetersi dentro la testa, non era un oggetto. Tanti, troppi doveri e diritti negati...
"Chi sei, tu..."
"Cosa sai di me?!..."
"Chi sei tu per giudicarmi...", rimproverò a quell'uomo.
Intanto l'uomo da dietro la reticella, abbozzò sulle labbra un sogghigno diabolico.
Si svegliò improvvisamente affamata d'aria, a stento faceva fatica a respirare, come se avesse il naso e la bocca chiusi. Si mise d'istinto seduta sul letto, con gli occhi ancora assonnati e stanchi, passò le mani sul viso, ma fu strana la sensazione che ora stava provando, sembrava che avesse le mani sporche, unte. Non era solo una sensazione, guardò ripetutamente quelle mani e vide che erano sporche, sì, ma di sangue. In bocca un sapore ferroso che gli dava la nausea. Non capiva, rimase impietrita.
Il confessionale era un inganno, o quello che stava vivendo ora era un'allucinazione?
Si guardò attorno e nel silenzio più totale, e vide un uomo affianco a lei imbrattato di sangue, il silenzio che la avvolgeva in quella stanza, era irrazionale, assurdo, come assurdo era stato l'atto che aveva commesso, o per lo meno quello che pensava di aver fatto, che in quel momento le sembrava la strada più breve verso la sua assoluzione, morale.
Un'allucinazione.
Il corpo ormai immobile che le giaceva accanto non era quella di un uomo qualunque né quello del marito, ma del suo occasionale amante, " Dio mio cosa ho fatto...", ricominciò quella sensazione di soffocamento, a stento respirava, le mancava l'aria.
Balbettava, tremava non riuscì a emettere neanche un fiato, mentre l'orrenda verità, cominciò a farsi strada.
In quel momento di lucida follia cominciò a ricordarsi ogni singolo istante.
Per lei, questo poteva essere un gioco, una passione o semplicemente... Vendetta. Sì, una rivincita nei confronti di quelle persone che l'avevano solamente usata, umiliata, e a ogni secondo che passava cresceva dentro di se, quel desiderio tremendamente semplice, che toglie ogni razionalità, mentre divampava in lei il fuoco della rivalsa, che stava nascendo quella sera per poi morire alla prima luce del mattino dopo.
Il drink che aveva preparato una ventina di minuti prima aveva fatto il suo effetto. L'uomo, stordito, era sdraiato, immobile su quel materasso, con le braccia e le gambe spalancate, legato mani e piedi, delle macchie violacee circondavano i polsi e le caviglie come un originale bracciale che lo inchiodavano a quel letto della follia.
Era pronta per dare inizio al primo atto, di una lunga, lenta tragedia, nella mano sinistra impugnava un coltello da cucina, ben affilato, in quella destra un bicchiere d'acqua, pronto per risvegliare i sensi dell'uomo.
Lei, lì, davanti a lui, nuda, solo i capelli lunghi le coprivano il seno, e quel trucco un po' dark le donava quell'aria da puttanella, in fondo sentirsi, sporca dentro le piaceva.
Il silenzio era interrotto dal sordo e cadenzioso passo di lei che si stava, avvicinando lentamente alla sua sacrificale vittima.
Strinse così forte quel coltello da non poter più sentire le dita, si mise a cavalcioni su quel uomo, si allungò col braccio destro verso il comodino per appoggiare lentamente il bicchiere pieno d'acqua, in quel momento i capelli di lei strisciarono sul viso del poveretto che si risvegliò, semintontito.
Con gli occhi ancora appannati, vide lei che rialzandosi di scatto, forse accortasi del suo risveglio, agitava nervosamente quel coltello.
"Slegami, per l'amor di Dio!" urlò lui
"Slegarti? E perché? Chi mi assicura che non scapperai?... e poi per quello che ti sto per fare mi servi legato" .
Dentro la testa, lei, sentiva rimbombare il sussurrare suadente della voce di quell'uomo che la stava dietro la parete del confessionale e che gli diceva cosa fare.
Sembrava contratta, mentre spingeva quella lama dentro la sua carne, quel tanto da far sì che la pelle sudata si mescolasse con le gocce di sangue.
"Se stai calmo ti farà meno male... Vedrai"
"Ti prego non farlo..." Le disse con un filo di voce.
"Stai zitto!"
Il primo taglio aprì diagonalmente il petto, ne seguirono altri, sempre più rabbiosi mentre il dolore era insopportabile.
Quel folle gioco perverso di morte, eccitava la donna, come non mai, la eccitava a tal punto che glielo si leggeva negli occhi, e quella luce che emanava... era come se non aspettasse altro... come se avesse vissuto solo per quest'attimo.
"Chiudi quei maledetti occhi", urlò mentre martoriava quel corpo, "Non guardarmi mentre ti faccio questo".
La fronte gli sudava, il frenetico pulsare del cuore le rimbombava nella testa, mentre ancora si scagliava su quel corpo.
Lui, chiuse gli occhi e si fece divorare dal buio... finché le lacrime e il sangue finirono di fondersi.
La morte fa davvero paura, tanto che non vorresti voltarti in dietro per non vederti prendere.
"Ho ucciso... è Morto", il suo pensiero in quel momento si fece ancora più lucido mentre vedeva scendere il sangue su quel corpo livido bluastro, gonfio.
Era spaventoso.
Il terrore riprese il sopravvento, ma riuscì ugualmente ad allungare su quel volto mostruoso le sue mani per portarselo vicino a sé, scoppiando in lacrime.
Il suo spasimo acuto e rabbioso era un dolore insopportabile, un dolore tangibile carnale, chiuse gli occhi, cercando di farlo sparire.
Ripeté di nuovo quelle frasi come se volesse giustificarsi.
"Se questa fosse soltanto un'altra allucinazione?" pensò dentro di sé. "Se fossi ancora nel confessionale? a parlare con quell'uomo?". "Se questo veramente fosse stato un inganno", rimase ancora per un istante con gli occhi chiusi, impedendoli di riaprirsi, ancora per un momento. Quando li aprì, si ritrovò a confessare a quell'uomo, che la ascoltava nel confessionale, quel percorso di supplizi morali, così spaventosi, che l'amicizia, che l'uomo gli aveva donato quella sera, era stato, un prezzo troppo alto, da pagare, con la morte. Questo gli confidò da dietro quella parete, che ora non era più di legno del confessionale ma di vetro, ... il vetro del parlatorio del manicomio di stato. ... Mentre l'uomo, il marito, di là da esso continuava a sogghignare...
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- bello, sei molto bravo a descrivere le emozioni
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