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Il koala va a cavallo - seconda e ultima parte
Tutti quelli che amano i gatti sanno che sono animali molto casalinghi, non gradiscono essere spostati da un appartamento all'altro.
Già essere portato via dalla sua prima casa provvisoria, custodito da una biondina giovane e delicata, per finire nelle grinfie di questo rusticone con la barba e i modi un po' bruschi, l'aveva piuttosto indispettito.
Ma si consolava ciucciandosi la coda. Pare sia tipico dei siamesi, anche quelli illegittimi, quindi.
Si acciambellava al mio fianco, molto indietro, quasi dietro la schiena, con la lingua faceva la punta alla coda come fosse stata una matita, poi la bloccava con una zampata e cominciava forsennatamente a succhiarla, fino allo sfinimento.
Io però dovevo, in quella scomodissima posizione, continuare ad accarezzarlo: se smettevo per un momento mi guardava fisso con quei suoi gelidi occhi azzurri, miagolandomi "Beh? Che c'hai, l'artrosi?"
Andò avanti così per un po', finché non mi capitò di avere una fidanzata che veniva quasi ogni sera a cenare da me. Piaceva anche a lui. Terminata la cena (se non era terminata faceva lo stesso) si acciambellava in grembo a lei, le faceva gli occhi dolci e la sventurata gli dava i vizi, cioè gli teneva la coda mentre lui se la ciucciava. Che libidine!
Poi successe che con la "nostra" fidanzata mettemmo su casa da un'altra parte, in un altro quartiere, con altri alberi nei viali.
Il trasloco fu un trauma.
Il koala e la sorellina...
Già, non vi ho ancora parlato della sorellina, Kicchi.
Quando il koala era ancora gatto unico, accadeva che ogni mattina, una volta chiusa la porta per andare a lavorare, lo sentivo piangere disperatamente.
La cosa mi spezzava il cuore e così pensai che una compagnia gattesca avrebbe potuto alleviare il problema. La scelta, per contrasto, cadde su un cucciolo di gatto femmina, l'unico di una nidiata di sorelline tutte nere che avesse qualche macchia di colore diverso.
L'esperimento fu tragico.
Lui non ne voleva sapere. Per quanto la miciolina ce la mettesse tutta per entrare nelle sue grazie, lui continuava a soffiarle. Se la prese anche col babbo: da allora smise del tutto di giocare con me, la mattina, una cosa che mi metteva di buon umore, nonostante le mani perennemente insanguinate dai suoi graffi e morsi.
Poi finì svogliatamente per accettarla, rivestendo con riluttanza il ruolo di capobranco che non gli era congeniale, ma il risultato finale fu che, al mattino, quando chiudevo la porta di casa, c'erano due gatti - invece di uno - che piangevano disperatamente.
In occasione del trasloco avevo pensato di spostarli solo quando la casa nuova fosse stata pronta, senza più muratori o idraulici in giro.
Pessima idea: si videro svuotare la casa vecchia pezzo per pezzo, fino a rimanere solo loro due e i muri. Quando li portai finalmente nella casa nuova, non volevano saperne di uscire dal trasportino, abbracciati stretti stretti come due amanti.
Per fortuna la curiosità è femmina, dicono, così Kicchi si fece coraggio, uscì per prima, cominciò a perlustrare il nuovo ambiente, e lui la seguì a ruota.
Lo shock del trasloco lasciò i suoi segni, ma c'era sempre la ciuccia, con la sua - pardòn - la mia fidanzata. La quale, dopo poche settimane dal trasloco, pensò bene di veleggiare verso altri lidi, prendendosi un altro... gatto.
Il koala la prese molto male, molto peggio di me.
Cominciò con lo scrollare sempre più spesso le zampe, segno di stress, e a grattarsi in continuazione. Dopo qualche settimana aveva le zampe posteriori completamente spelacchiate e varie altre parti di mantello con pochi peli rimasti.
I veterinari glie ne fecero di tutti i colori, comprese dosi massicce di cortisone. La situazione migliorò di poco. Gli si fece pure un abbondante prelievo di sangue da mandare ad analizzare negli USA, il quale stabilì che il povero aveva tutta una serie di intolleranze ambientali e alimentari.
Gli erano vietati quasi tutti gli alimenti, specialmente quelli che lui e la sorellina amavano di più, come il merluzzo.
Andammo avanti per mesi con solo pollo, alimento consentito, e la situazione non migliorava affatto.
Lo riportai dal suo primo pediatra (volevo dire veterinario), di cui mi fidavo un po' di più, il quale mi propose di farlo visitare da una collega dermatologa milanese (dopo gli americani, vengono subito i milanesi...).
La luminare longobarda fu l'unica a chiamare il gatto col suo nome corretto (il koala), ma solo perché i milanesi mettono l'articolo davanti a tutti i nomi (la Cesira, il Bossi, il Berlusca, ecc.).
A parte questo, la terapia che propose fu probabilmente azzeccata.
Dato per scontato che le analisi americane sulle intolleranze alimentari non fossero affidabili, stabilito che le cause della dermatosi del micio potevano essere molteplici (l'arrivo della sorellina, il trasloco, l'abbandono da parte della fidanzata, i pollini delle piante del nuovo quartiere, una sopraggiunta intolleranza alimentare), si poteva tentare di intervenire su quest'ultima, impostando la sua alimentazione su una proteina che non aveva mai assunto prima di allora.
Facile a dirsi: io avevo provato a fargli assaggiare di tutto, anche se - come ho già detto - la sua preferenza andava decisamente verso il pesce, merluzzo in particolare (e se non era Findus mi guardava storto, potenza degli spot televisivi...)
Restava una carne sola che non gli avevo mai dato, quella equina (poco frequente negli alimenti per gatti, di più in quelli per cani).
Le scatolette di carne di cavallo per gatti erano pressoché introvabili, ma riuscimmo a fare una dieta esclusivamente equina per tre mesi e mezzo: il mio adorato gattone rifiorì. L'alopecia scomparve, gli stati catatonici pure, riprese a fare a botte con la sorellina, a combinare marachelle e dispetti come ogni gatto che si rispetti.
La terapia prevedeva che, una volta assodato che la dieta a base di cavallo funzionava, si poteva poi tentare, una per volta, ad introdurre tutte le altre proteine: se dopo una decina di giorni non peggiorava, si poteva confermare anche la nuova proteina, e così via.
Quale regalo più grosso potevo fargli se non provare a reintrodurre il merluzzo?
Appunto.
Dieci giorni di merluzzo associato al cavallo e il koala ha ripreso a grattarsi e a perdere il pelo a ciuffi.
Capite adesso perché il koala è destinato ad andare a cavallo per il resto della sua vita?
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