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Marco
Ciao. Mi chiamo Marco, il mio cognome non lo scrivo perché oltre a non piacermi non lo reputo importante. È la prima volta che mi trovo a scrivere su una pagina di quello che, probabilmente, da oggi sarà il mio diario di vita. Non mi è mai piaciuto scrivere di me o di quello che mi succede ma forse stavolta sono davvero saturo, pieno, colmo e schiacciato dalla realtà che mi circonda. Ho 21 anni e vivo con quelli che sono i miei genitori, le persone che mi hanno messo al mondo. Fino a stasera credevo di aver sviluppato una sorta di scudo, una crosta ad un certo tipo di dolore che mi rendeva immune a determinate cose. Mi sbagliavo, ma non mi dispiace particolarmente. A volte si ingoia talmente tanto dolore che si rischia di farci l'abitudine e di lasciar sfumare l'importanza e la gravità di quello che ci succede.
Mi ritrovo protagonista di una realtà che detesto, di cui sono solito parlar male e che non mi appartiene. Mi sono illuso di stare sotto il riflettore centrale del palcoscenico che rappresenta la vita della mia famiglia, ma mi sbagliavo anche qui. Ero e sono il ragazzo che ama scrivere e viaggiare, quello che ha dei sogni "diversi", interessanti. Quello che va seguito e che rende orgogliosi un padre ed una madre. Stronzate. Sono solo uno strumento che acquista importanza per la sua forma, non per la sua sostanza. Sono qualcuno che può contribuire a dare un'immagine migliore della famiglia, niente di più niente di meno. Non sono l'uomo sotto il riflettore centrale, sono solo un personaggio che ha preso parte ad una vicenda caratterizzata da menzogne, ben illuminato. Sono il soprammobile d'argento appena lucidato: come me ce ne sono altri, ma io sono fresco.
Forse la rabbia e la delusione stanno parlando al posto mio ma alzando gli occhi verso quello che ho scritto sopra leggo fin troppa verità. Spero di non essere abbagliato da una vanitosa presunzione di essere nel giusto.
Stasera i miei hanno litigato di nuovo. Non sono in vena di scrivere particolari perché è una scena che ho vissuto con i miei occhi una manciata di minuti fa. Vedere due persone che in due fanno cent'anni litigare perché uno ha fatto una cosa senza dirlo all'altro mi fa ridere e piangere allo stesso tempo. Ho provato una strana sensazione stasera mentre li sentivo gridare. Ho sentito di sottofondo a quelle urla la voce di mio padre che mi diceva "ormai sei un adulto, comportati come tale e non fare idiozie.. devi essere maturo e seguire dei principi, ammesso che tu ne abbia qualcuno". Mi è sembrato di rivedere l'espressione del suo viso mentre mi diceva quelle parole: beffarda, mezza sorridente e con una strana sicurezza. Per un uomo "adulto" parlare ad un ragazzo è rassicurante, si sente inattaccabile, si sente esperto, si concede il lusso di non temere le parole del giovane perché riesce ad ignorarle con una facilità estrema. Cosa ne potrà mai sapere del resto un semplice ragazzo inesperto di come si affronta la vita, di come si affrontano i problemi, di come si dicono le bugie per tessere una tela di tranquillità apparente? Cosa mai potrò sapere io dei principi sani in cui devo credere per affrontare la vita? Cosa ne so io del giusto e sbagliato, del buono e cattivo? Niente. O almeno questo è quello che pensano. Del resto io sono sempre quel povero idiota che sogna di scrivere e di viaggiare, non importa se con una penna o con un aereo. Sono sempre quello che appena ha tempo imprime su carta un assurdo concatenarsi di parole che cercano disperatamente due occhi pazienti, capaci di leggervi attraverso la sostanza, di recepire la parte di me che vi lascio dentro. Sogno e cerco qualcuno che possa raccogliere i frammenti di me che lascio tra le parole, tra i versi, tra i periodi o dopo le punteggiature.
Ora però voglio scrivere quello che non sogno, quello che mi spaventa. Mi spaventa l'idea di seguire una strada che mi porterà a diventare "adulto". Già perché l'adulto che ho avuto modo di conoscere io è incoerente, è beffardo, è sicuro di possedere una forza che non ha mai visto nè conosciuto.
So che non leggerai mai queste righe Papà, perché mai te le farò leggere. Mai saprai che l'ultima cosa che voglio è diventare come te. Non li voglio i tuoi principi, preferisco le mie insicurezze. Non la voglio la tua freddezza, preferisco la mia fragilità. Non voglio i tuoi sogni materiali ed economici, preferisco i miei, leggeri, filosofici ed irraggiungibili. Non so cosa tu credi di rappresentare per me, non ho idea di cosa volevi lasciarmi o insegnarmi. Non sono riuscito a recepire bene i tuoi messaggi, chissà se un giorno me ne pentirò.
Di una cosa per adesso ti ringrazio: mi hai offerto un esempio di "adulto" che farò di tutto per non essere, non so se ce ne sono altri, forse; non so nemmeno se mai sarò uno voi.
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