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Anche i sogni possono morire
Federico e Livia, avevano lavorato senza interruzioni. Numeri e annotazioni avevano avuto il sopravvento sul resto. L'orologio sulla scrivania segnava le quattordici e trentasette.
"Non hai fame?"
Si fermarono solo quando arrivarono tramezzini e Coca Cola. Tra un boccone e l'altro, Livia gli raccontò di conoscerlo da sempre, i nonni abitavano di fronte alla casa dove viveva con i suoi genitori e lei passava tutta l'estate da loro. A quel tempo aveva preso una brutta cotta per lui e cercava ogni scusa per avvicinarlo. I suoi nove anni però erano un ostacolo insormontabile.
"Il giorno del tuo matrimonio, sono rimasta chiusa a chiave nella mia stanza a piangere per ore, ricordo ancora la disperazione dei nonni."
Vent'anni. Erano trascorsi vent'anni. Una vita. Il matrimonio. Ricordava ancora l'espressione della madre, il sorriso forzato, la tensione forte che tutti scambiavano per emozione, in realtà era collera, avrebbe fatto qualsiasi cosa per impedire quello che lei considerava un'aberrazione ma bisognava riparare
"Hai sbagliato e adesso paghi".
Non era solo la preoccupazione per la sua giovane età. Non sopportava l'idea di non essere stata lei a decidere, a scegliere, sentiva di essere stata lesa nel suo diritto di possesso. Era abituata ad avere il controllo assoluto, questa novità la sconvolgeva. La cerimonia era durata poco. Per fortuna il prete considerava la gravidanza della sposa quasi un affronto personale, non poteva rifiutarsi di celebrare il matrimonio ma non c'era ragione di benedire un'unione che nasceva dal peccato.
Federico non aveva provato particolari emozioni quel giorno e nemmeno nelle rare occasioni in cui ci ripensava andava oltre il ricordo degli episodi.
"Quando sono entrata qui per la prima volta e ti ho visto, per poco non sono svenuta. Poi ho saputo che eri il capo e non ho avuto il coraggio di avvicinarti."
Aveva parlato quasi senza ascoltarsi e ora si chiedeva se avesse fatto bene. Rimasero a lungo in silenzio.
"Sei davvero molta bella."
Questa è un'affermazione compromettente, rimarcò Livia, dovrai invitarmi a cena, se vuoi evitare conseguenze peggiori. Alzò la lattina e mimò un brindisi "Al passato, al presente, al futuro, a noi insomma."
Livia aveva deciso di non mollare la presa, aveva quasi dimenticato quell'uomo, ma adesso che l'aveva ritrovato, si stava accorgendo che le sensazioni provate da bambina erano rimaste le stesse. Non si era mai sposata, non aveva conosciuto uomini interessanti, aveva avuto qualche storia, ma niente di serio. Morti i genitori, si era stabilita in città. Aveva di che vivere bene, possedeva un paio di appartamenti e diversi titoli acquistati con il ricavato della vendita dei terreni dei nonni. La vecchia casa, no, quella non aveva avuto il coraggio di venderla e qualche volta, soprattutto nei momenti più difficili, si rifugiava tra quelle mura che la facevano sentire al sicuro. Si alzò per alimentare il fuoco, aveva il collo indolenzito, un forte formicolio alla mano, talmente forte che il libro, sembrava pesare una tonnellata. Era rimasta immobile per troppo tempo, guardò l'orologio ma non fece caso all'ora, aveva fame ma nessuna voglia di mettersi ai fornelli, addentò un pezzo di ciambella, si versò un bicchiere di latte e tornò a stendersi sul divano. Inutile tentare di riprendere la lettura, non sarebbe riuscita a concentrarsi, ormai non pensava ad altro. Sentiva di non essergli indifferente, di questo era certa, non era altrettanto certa delle mosse successive. Aveva riascoltato la voce di Federico, quasi sussurrare, sei molto bella, aveva riassaporato i silenzi, ricordava tutte le parole, gli sguardi. Quel pomeriggio aveva avuto, più volte, l'impressione che lui fosse sul punto di accarezzarla, ma anche se erano soli non si poteva certo parlare di intimità.
A lasciarla perplessa non era il suo comportamento, ma la difficoltà a riconoscerlo nella descrizione che tutti ne facevano. Non c'entravano niente i sentimenti che provava per lui, anzi accentuavano la certezza di trovarsi di fronte ad un uomo diverso da quello che tutti credevano. È vero, nel lavoro era razionale, preciso, anche in quelle poche ore di lavoro comune aveva dimostrato competenza e una conoscenza assoluta delle dinamiche aziendali ma aveva rafforzato la sensazione di trovarsi di fronte un uomo alla ricerca di qualcosa di diverso, attratto da altro, non sapeva dire cosa ma aveva il timore di non potere essere lei a dargli ciò che cercava. Rimpiangeva di non averlo vicino, lo desiderava talmente da provare dolore fisico. Erano sensazioni già provate, si rivedeva bambina, scorrazzare con la bicicletta intorno alla sua casa sperando di scorgerlo, pur sapendo che la sua indifferenza l'avrebbe ferita.
Come reagirebbe ad un mio invito? Magari potrei informarmi sui suoi gusti e preparagli un'imboscata.
Mentre apriva il rubinetto della vasca, "un bagno caldo mi farà bene," dovette scacciare un flash fastidioso, rivide un uomo che armeggiava con la doccia, una presenza ingombrante, un senso d'angoscia si impadronì di lei. Come aveva fatto a cadere in quella trappola, non riusciva a spiegarselo. Un uomo arrogante, grossolano, che pensava di poter disporre di lei a suo piacimento. Nemmeno la solitudine bastava a motivare quell'errore. L'aveva incontrato ad una cerimonia, il matrimonio di una conoscente, "Cazzo non ci volevo neppure andare." Avevano scambiato qualche parola e si era lasciata coinvolgere per la serata in discoteca. Una serata faticosa ma piacevole, soprattutto aveva evitato il solito film in cassetta o l'ennesimo libro. Lui non era certo il suo ideale di uomo, parlava sempre di donne e motori, a suo dire le uniche cose che danno un senso alla vita. Nonostante il fisico notevole, non si sentiva attratta, ma era spiritoso e soprattutto la faceva sentire meno sola. La storia scivolò fino al letto e più per pigrizia che per altro, Livia si lasciò coinvolgere. Fu subito evidente, che era stata un'idiozia e tentò di chiudere in fretta, cosa che si rivelò alquanto difficile. Per toglierselo definitivamente di torno dovette minacciarlo di rivolgersi alla polizia. La storia era durata pochi mesi, qualche notte passata insieme e poco più, ma l'aveva quasi del tutto svuotata. Forse anche per questo aver ritrovato l'unico amore della sua vita, seppure vissuto solamente nella sua fantasia di bambina l'aveva galvanizzata. Provava una felicità indescrivile, probabilmente immotivata. Dopo tanto tempo provava interesse alla vita, faceva programmi, fantasticava, nemmeno la solitudine era più un peso. Ogni tanto qualche ombra riappariva, ma era solo un attimo.
E se fosse un'altra delusione? Avrò mai una possibilità? Cosa cerco? Lui non lascerà mai moglie e figli. E se avesse un'amante?
Si chiedeva come avrebbe vissuto lei in quel ruolo, non aveva mai avuto rapporti con uomini sposati, per la verità non aveva mai avuto rapporti degni di questo nome. Avrebbe accettato di essere l'altra? Sarebbe stata gelosa? Mentre stava cercando di districarsi da questo groviglio di pensieri, tentando di conservare solamente i più piacevoli, si addormentò.
Si svegliò di soprassalto nel momento in cui la tv locale trasmetteva il notiziario. In primo piano la foto di Federico, subito pensò a uno scherzo del suo inconscio ma il commento del giornalista la riportò subito alla realtà: perde la vita in un incidente stradale il noto manager...
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- Anche se il titolo ha un senso con le ultime righe del racconto, ugualmente, a mio avviso, il finale non rende giustizia a questa "storia" magistralmente raccontata. La rende infatti improbabile, mentre il suo sviluppo è reale e vivo e vero. Complimenti comunque. Saluti. Ellebi
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