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Nel frattempo
"Bene, nel frattempo che aspettiamo Arturo che ritorni con le pizze, cosa facciamo?" Chiedeva Fabio lisciandosi i baffi "beh, potremmo metter su un po' di musica e fare due salti, tanto per ingannare l'attesa e la fame, che non mi dà tregua. Non mangio da ieri a pranzo," proponeva Marcella carezzandosi la pelle della pancia, lasciata in bella mostra da un attillatissimo corpetto, davvero troppo corto per evitare, da parte dei maschi presenti, occhiate irrorate da desiderio piccante, ma da tutti condito con ottimo savoir faire. Da tutti tranne Gustavo. Ossessionato dalle curve di Marcella, non le toglieva un attimo gli occhi da dosso, continuando a fissarla in silenzio. Lì, sprofondato in poltrona, proprio di fronte al divano dove la ragazza sedeva a gambe incrociate. Ella faceva finta di nulla, ma sentiva quello sguardo umido scivolarle sulla pelle, come una mano sudaticcia e appiccicosa. Marcella odiava Gustavo, per quel suo silenzioso, ma ingombrante, esser presente comunque e dovunque a tutti gli incontri del loro gruppo di amici. Se ne stava tutta la serata a scrutare un po' tutti, ma troppo le ragazze! Senza dire una parola, ma umettandosi continuamente le labbra con la lingua, come se stesse lì lì per dire qualcosa, invece limitandosi a lanciare sguardi ammiccanti con quei suoi occhi da pesce lesso. Tutti avrebbero voluto spedire lui a comprare le pizze, almeno per affrancarsi un po' dall'imbarazzo costante provocato dalla sua invadente presenza, ma Francesca aveva avuto la brillante idea di fare il gioco della pagliuzza più corta, che era toccata, dura legge del caso, proprio ad Arturo, il più simpatico della comitiva, dotato di uno spiccato senso dell'humor. Insomma, un bel tipo, davvero ganzo... ehi, mica mi somiglia.
Arturo, anche se riluttante, si era gettato in strada e con passo svelto aveva, in pochi minuti, raggiunto la pizzeria Bella Capo Nord. Immediatamente si trovava inserito in una fila a dir poco esagerata. Si snodava per diversi metri sul marciapiede, costeggiando una bella fila di negozi illuminati.
"Porca miseria che fila," pensava il ragazzo voltandosi indietro verso le sopraggiunte persone. Le vedeva tutte con l'evidente pensiero stampato in faccia, "speriamo che sto' tipo molli e se ne vada al diavolo, così avanziamo di un posto," ma Arturo non ne aveva intenzione. Ormai era lì e tanto valeva aspettare. Non aveva il coraggio di tornare a mani vuote, però, nel frattempo, poteva comprare un regalino per Luisa. Lei, come gli altri, era a casa di Giulio ad attenderlo, "ma si, ci provo" pensava e rivolto alle persone dietro di lui nella fila chiedeva "scusate, io sono dietro questo signore..." indicando il tipo davanti a lui, molto somigliante a Gustavo in verità, ma si, con la stessa espressione da pesce lesso. Il tale lo osservava sprezzante dalla sua posizione più vantaggiosa, "se permettete" continuava Arturo nel frattempo, "andrei un attimo a comprare le sigarette dal tabaccaio di fronte." Non era certo il caso di spiegare quanto Luisa le piacesse, tanto da volerle comprare un regalino proprio in quel frangente, "ma certo, vada" un signore distinto con la barba curatissima gli rispondeva "e già che c'è, si trattenga anche ad acquistare un regalino alla sua bella. Vada vada, nel frattempo, il posto glielo guardiamo noi."
Colpito da tanta cortesia e perspicacia, Arturo ringraziava avviandosi verso il negozio, mentre il signore distinto, rivolto a quelli dietro di lui diceva, "se siete d'accordo, non lo faremo mai più rientrare nella fila."
"D'accordissimo!" Rispondevano in coro tutti gli altri, ridacchiando come ragazzini in gita, confabulando animatamente per decidere a quali astrusi diritti appellarsi quando il ragazzo sarebbe tornato.
Nel frattempo, Arturo entrava nella tabaccheria, provando grande sconforto per la ressa che c'era. Tra fumatori incalliti in astinenza da nicotina, giocatori al lotto illusi di poter dare una svolta alla loro vita, drogatelli da strapazzo bisognosi di cartine per rollarsi gli ambiti spinelli, tra piccoli ladruncoli organizzati in cerca di piccoli brividi, signore imbacuccate desiderose dell'ennesimo profumo griffato, un gruppetto di guardinghi metropolitani urbani ligi a eludere il proprio dovere in strada e tra vari tipi di persone con mansioni non meglio identificabili, sembrava un'impresa titanica riuscire a scegliere, con la dovuta calma, un regalino che potesse essere considerato simpatico da Luisa.
"Bah, che folla" pensava Arturo, "nel frattempo, sarà meglio che vada a telefonare a Giorgio per vedere se ci raggiunge più tardi" e usciva per incamminarsi verso una cabina telefonica, che aveva adocchiato prima. Era proprio dietro l'angolo, avrebbe fatto in un minuto, ma... "porcaccia la miseriaccia, c'è una fila di pazzi anche per telefonare, saranno almeno una dozzina di persone," pensava amareggiato.
Decideva comunque di mettersi in fila e, mentre aspettava il proprio turno, veniva attratto da un manifesto affisso sul muro di fronte: Stasera, mercoledì 16 febbraio 20..., grande processione antiabortista. Intervenite in massa per impedire la "Strage degli innocenti."
"Caspita" pensava Arturo, "stasera qui tirerà una brutta aria. Meglio che mi sbrighi a telefonare, a comprare il regalino, a fare le pizze e tornare dagli altri a casa di Giulio."
Sembrava facile, ma intanto, una donna di mezz'età, del tutto simile a Gustavo, si sarebbe detto la mamma, era al telefono già da dieci minuti buoni, ma si, buoni per fare tutte le cose elencate da Arturo, se non ci fosse stata sempre tutta quella folla. Il ragazzo era sul punto di rinunciare alla chiamata quando, nel frattempo, squillava il suo cellulare. "Pronto, chi è" rispondeva, "sono io, Giorgio. Dove sei, Arturo?"
"Ero sul punto di chiamarti da una cabina pubblica, perché non ho un centesimo sul cellulare. Tu dove sei?"
"Sono a casa di Claudia."
"Claudia? Non la conosco, chi è?"
"Come, non la conosci? Ci sei stato insieme per un anno!"
"Ah, Claudia! Si si, ora ricordo, ma quella non stava con te?"
"Nooo. Non Claudia la sorella di Luigi, che poi non stava con me, ma con mio fratello."
"Anche tuo fratello stava con Claudia? Come, andavate a letto con la stessa ragazza?"
"No! Ti giuro. Io Claudia non me la sono mai fatta. Ti è sempre stata fedele."
"Fedele? Non lo conosco, chi è. Mica se l'è fatta anche Fedele, eh?"
"Senti Arturo, lascia perdere."
"Giorgio, nel frattempo è giunto il mio turno. La cabina telefonica adesso è libera."
"Ah si? E chi devi chiamare?"
"Ma te, no? Attacca il telefono altrimenti trovo occupato."
"D'accordo, ma fa presto a telefonarmi, perché Claudia potrebbe spazientirsi. È di là sul letto che mi aspetta. Clic, tu tu tu..."
"Porca miseria," pensava Arturo introducendo la carta telefonica nell'apposita fessura "driiin, driin drin... Giorgio, allora te la stai per fare. Porco!"
"Chi, Claudia? E dai Arturo, ma che te ne frega, nemmeno la conosci. Piuttosto, nel frattempo, vieni su a casa sua, che c'è un sacco di gente. Abita nel palazzo di fronte la pizzeria Bella Capo Nord, citofono De Gustavo. "
"Ah, proprio di fronte la pizzeria dove devo fare le pizze."
"Bravo! Porta le pizze, ordina una decina di margherite e una gustavo i quattro formaggi. Clic, tu tu tu..."
"Cosa? Ma io le pizze devo portarle da Giulio. Bah, nel frattempo, faccio un salto da Claudia e convinco Giorgio a seguirmi," pensava Arturo e di gran lena tornava sui suoi passi, quando incontrava Lena.
"Lena, che piacere vederti, da quanto tempo. Ti trovo in gran lena, cioè... in gran forma. Dove vai così di gran lena?" Le chiedeva ripetendosi.
"Sono venuta per la processione del movimento per la vita."
"Anche tu sei contro l'aborto?"
"No no, sono qui per contestarli. Eccoli là, li vedi? Stanno venendo da questa parte."
Nell'oscurità avanzava un gruppo vociante di devoti delle Santissime Vallette Amburghesi, con tanto di coccarde e gagliardetti, decisi a pestare chiunque ostacolasse il loro bisogno di pace e castità. A capo del gruppo c'era un uomo alquanto somigliante a Gustavo anzi, pareva proprio il fratello gemello. Con uno scudiscio di preservativi intrecciati fustigava una mezza dozzina di ragazze e ragazzi incatenati e, nel frattempo, urlava "quando la smetterete di sbaciucchiarvi e toccarvi sudiciamente sulle panchine nel parco? Assassini di futuri embrioni concepiti dalla vostra reietta sbadataggine. È inconcepibile che non concepiate di non dover concepire... gioventù malsana!" E, nel frattempo, si leccava le labbra con la lingua spugnosa.
"Aaah, ma noi usiamo i preservativi..." urlavano i fustigati. "Ve li dò io i preservativi: dish, dish. Siete solo dei frustrati, dish, dish" dandoci dentro come un matto.
"Ahi, piuttosto siamo dei frustati" si lamentavano i doloranti.
"Aaah, cosa odono le mie caste orecchie," continuando a scudisciare di qua e di là.
"Già, di caste ti restano solo le orecchie..." imitando la mia voce, gli urlava Lena di rimando tra la folla, nel frattempo, accalcatasi.
"Chi ha parlato?" il silenzio gravava su noi tutti come un pesante macigno di colpa, guarda caso, rotolante proprio verso di me, che fischiettavo indifferente.
"Tu!" Puntandomi il dito contro, mi accusava l'uomo gustaveggiante e, nel frattempo, avanzava gagliardamente nella mia direzione, "ma come fa a conoscere la mia voce, per altro imitata anche male da Lena," non mi restava altro da pensare.
Per farla breve, in men che non si dica... infatti, non c'era proprio il tempo per dirvelo, mi voltavo di scatto e di gran lena o meglio, con Lena fuggivamo verso la pizzeria Bella Capo Nord, cercando di confonderci tra la folla di persone in fila.
"Ehi, ma che modi. Rispettate la coda," in coro sette o otto affamati di vendetta al pomodoro e basilico.
"Sono davanti quel signore..." tentavo di spiegare, "ma non diciamo eresie," diceva il signore distinto dalla barba curatissima, mentre saliva sul gradino della pizzeria sbarrandoci il passo.
Presi tra due fuochi, di cui uno a legna, maledivo quella dannata pagliuzza troppo corta, ma venivo folgorato da un'idea lampeggiante come l'insegna al neon "Chi di pagliuzza muore, di pagliuzza risorge." Essa era stata la causa dell'inizio dei miei guai, essa mi sarebbe tornata utile per trarmi d'impaccio.
Estratta la pagliuzza dalla tasca del giaccone, avevo modo di urlare, "giochiamoci il turno alla pagliuzza più corta!" Immediatamente, tutti i presenti tiravano fuori la loro corta pagliuzza, motivo per cui, costretti dal rispettivo destino infame in fame di pizza, erano lì in quel medesimo frangente. La sventolavamo mestamente al vento, compagni nella sfortuna di passare la serata all'addiaccio per fare le pizze ad amici molto più fortunati di noi e con la pagliuzza ben più lunga. Commossi, ci abbracciavamo intonando il famoso Canto del povero portatore di pizze, "Ingrata pagliuzza-zza-zza, non vali una pizza-zza-zza. Ingrata pagliuzza-zza-zza, non vali una pizza-zza-zza. Ingrata pagliuzza-zza-zza, non vali una pizza-zza-zza..."
I devoti delle Santissime Vallette Amburghesi sulle prime, ma a onor del vero anche sulle seconde e sulle terze, restavano interdetti bloccandosi. Poi, intrisi di commozione e sulle note del Canto del povero portatore di pizze, intonarono l'altrettanto famoso Canto del casto portatore di vita, "Inno alla pace-ce-ce, se la vita ti piace-ce-ce. Inno alla pace-ce-ce, se la vita ti piace-ce-ce..." e poi tutti insieme fraternamente, "Inno alla pace-ce-ce, ingrata pagliuzza-zza-zza, se la vita ti piace-ce-ce, non vali una pizza-zza-zza..."
Nel frattempo, si faceva largo tra la folla... indovinate chi? Gustavo! Con fare aderente alla propria personalità, in men che non si dica, infatti non sto qui a illustrarvi i particolari, saliva sul tetto di un'auto in sosta vietata e prendeva ad arringare la folla a colpi di scatolette di arringhe sott'olio, per un discorso che filasse davvero liscio. "Non guardare la pagliuzza più corta nella pizza del tuo vicino. Innalza la vita come meglio ti piace. Scudiscia la folla, preserva attiva la fila," la folla cominciava a incitarlo con le migliori frasi cotte per l'occasione, "sei grande frittura all'italiana."
"La sai lunga, ma calzone."
"Ne sai una più della diavola, amico."
Anch'io, preso dalla foga del momento, decidevo di dire la mia, "sei scaltro come una marinara, compagno..." ma venivo sommerso da un prolungato "buuu... onaaa"
"Lasciamolo parlare," rivolto alla massa un invasato inneggiante a Gustavo, che urlò, "sono grande fratelli italiani!"
"Siii..." il coro dei sostenitori.
"La so lunga mascalzoni!"
"Yuuhuu..." gli assertori della nuova fede.
"Ne so una più del diavolo, amici!"
"Ip-ip hurrà..." i martiri del nuovo fondamentalismo, "ma non sono compagno dei marinai!"
"È vero, ma chi ha detto questa banalità?"
"Un provocatore di professione," commentava sussurrando la maggioranza silenziosa!
"A me sembrava che il senso delle sue parole fosse un altro," una fazione dissenziente.
"Zitti scemi, ma che fate? I dissidenti. L'ha detto il maestro e il maestro ha sempre ragione, soprattutto quando ha torto!"
"Ah, se è così."
"Così è e così dev'essere."
"E se, nel frattempo, appiccassimo il fuoco a un paio di barboni?"
"Beh si, nel frattempo, però... potremmo linciare quel trans che batte all'angolo."
"Zitti, zitti, sentite questa: e se, nel frattempo, andassimo a sfasciare le baracche di quei clandestini al bivio? Magari ci viene pure di violentare qualche figlia di nessuno."
"Grande idea, ma se, nel frattempo che ci organizziamo, ci mangiassimo una bella pizza? Sapete com'è, con la pancia piena si appesta meglio."
"D'accordo, fuori le pagliuzze per decidere democraticamente chi va a comprarle." Tutti in coro sventolavano le pagliuzze, ma uno stormo di ronde, nel frattempo, con un colpo d'ali e uno di becco, rubava la democrazia di paglia dalle mani di tutti.
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