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Il Riflesso
Ancora uno scricchiolio. Ce n'erano stati parecchi quella sera. Lucio tendeva le orecchie ogni volta che il vecchio armadio cominciava a farsi sentire. Sembrava che si aggiustasse, nella sua posizione statica. Imponente e massiccio, rumoreggiava in sequenze di tre o quattro piccoli schiocchi. Lucio aveva il tempo di pensare che stava per arrivarne un altro e, puntualmente lo avvertiva.
Viveva in quella casa da quasi vent'anni, la conosceva benissimo e la sentiva sua. Era un vecchio appartamento di famiglia che lui aveva ristrutturato e che aveva abitato un po' da solo e per il resto del tempo con le fidanzate di turno. Alcuni mobili dei parenti erano rimasti nella casa ed erano ormai suoi. Tra questi, l'armadio rumoroso che troneggiava in camera da letto. Era un pezzo in stile Liberty, con un'unica grossa anta munita di specchio. Al di sotto dell'anta, un ampio cassetto accoglieva altra roba; ma quasi tutto quello che era riposto al suo interno, non veniva mai utilizzato da Lucio. Le camicie, restate appese da anni e una tuta jeans che sicuramente non gli stava più; anche i pantaloni avevano preso irrimediabilmente la forma delle grucce. Invece Lucio era solito aprire l'armadio e buttarci dentro, alla rinfusa, quello che si toglieva: felpe, jeans, calzini, riposavano ammonticchiati gli uni sugli altri fino all'indomani. In realtà, a pensarci bene, la cosa più sfruttata del mobile era sicuramente lo specchio: piuttosto ampio e lungo, dava la possibilità di cogliere meglio, per così dire, alcuni momenti topici della vita di Lucio. A dirla tutta, dalla parte opposta della stanza e in posizione a tre quarti, campeggiava una bella toletta, fornita anch'essa di un comodo specchio ovale orientabile, che garantiva... ogni angolazione. Lucio era un uomo vitale, di bell'aspetto e nonostante avesse già compiuto il suo quarantacinquesimo compleanno non si era mai sposato. Le sue esperienze si erano limitate alla convivenza, che prima o dopo si era rivelata un disastro, convincendolo a mantenere una totale indipendenza. Era appunto questo un momento in cui stava sperimentando le possibilità di resistenza umana in frequentissime sessioni di puro, sfrenato e disimpegnato sesso. Accoglieva le sue amiche, cominciavano bevendo qualcosa, un po' di chiacchiere e due risate e quando l'atmosfera raggiungeva la temperatura ottimale e la preda era ormai tra le sue fauci, si trasferivano in camera da letto. Ora non si sa perché, si era fatto l'idea che dopo gli incontri amorosi, quando ormai era solo e si stava rilassando magari con un buon libro, cominciavano gli scricchiolii. Gli pareva di sentirli forti e netti, come se l'armadio volesse dirgli qualcosa, comunicare con un linguaggio particolare. Forse si sentiva offeso per l'utilizzo che Lucio ne faceva: più estetico che funzionale. Un contenitore per la roba smessa! Si fece strada in lui il pensiero che lo specchio, testimone delle sue prodezze, non fosse d'accordo ad avallare il suo operato. Non c'era altra spiegazione, forse era addirittura l'anima di qualche suo antenato che inorridiva alla vista di quelle scene.
"Ma perché poi?" si chiese tra sè, "In fondo è una cosa naturale. Saranno stati anche loro preda dei desideri e quello specchio avrà riflesso anche i loro corpi nei momenti più intimi". Per quanto cercasse di razionalizzare, l'idea rimaneva fissa: l'armadio scricchiolava e sembrava proprio che si lamentasse, rimproverandolo.
Lucio non credeva a niente che non fosse tangibile ed era la prima volta che si trovava a riflettere su qualcosa che di per sè, secondo le sue idee era ridicolo. "Figuriamoci, adesso l'armadio mi giudica. Sarà il legno che si gonfia e si sgonfia a seconda della temperatura, sono piccoli movimenti di assestamento... sì, ma perché solo dopo che ho incontrato una donna?" Ormai si era fissato e quando riceveva una ragazza aveva un atteggiamento quasi circospetto, evitava di stare di fronte allo specchio e allo stesso tempo si innervosiva delle sue insulse convinzioni.
"Va tutto bene?" gli chiese la "tipa" di turno, "Sì, sì certo" rispose lui, imbarazzato che l'altra avesse notato la sua inquietudine,"Ma spegniamo la luce, sarà... più intimo."
Un paio di ore dopo si ritrovò per strada, aveva bisogno di una boccata d'aria fresca. Erano i primi giorni di marzo e l'inverno stava cedendo il passo. Si avvertiva l'odore di fiori appena sbocciati che tentavano di profumare l'aria cittadina. Il cielo si stava facendo scuro, era l'imbrunire: si incamminò per le strade del centro cercando di liberare la testa dai suoi stupidi pensieri. Si ritrovò, quasi senza accorgersene, davanti alla porta della farmacia. Entrò e, subito, il farmacista vedendolo gli chiese: "Ciao Lucio, il solito?" "Sì, grazie", rispose lui meccanicamente. L'uomo gli incartò un pacco di profilattici e glieli porse. Lui pagò e ringraziando salutò ed uscì. Appena fuori si fermò a guardare il pacchetto e inevitabilmente cominciò a pensare al piacere che gli avrebbe dato ognuno di quegli oggetti: un piacere effimero, legato ad un momento, orgoglio maschile senza il bisogno vero di un abbraccio. Collezione d'inverno. L'inverno che si stava radicando dentro di sè, faceva scricchiolare le sue certezze. D'istinto cominciò a scorrere la rubrica del cellulare: quanti nomi! Qualcuna non riusciva neanche a ricordarla: si sentì estremamente solo. Indubbiamente era divertente organizzare gli incontri, preparare il terreno e godersi il momento... ma dopo rimaneva ben poco e il vuoto tornava sempre.
Doveva essere sicuramente colpa di quei dannati scricchiolii: sì, erano loro che lo avevano condizionato. Mentre pensava, si scoprì a cancellare ad uno ad uno tutti i nomi dalla rubrica: lentamente sparivano i caratteri e rimaneva spazio; e più eliminava le schede, tanto più si sentiva leggero. Liberava la memoria del telefono e... anche la sua!
Tornò a casa e si sdraiò sul letto. Poco dopo drizzò le orecchie: gli era parso di sentire qualcosa. Annuì, sorrise e si addormentò: gli scricchiolii non gli davano più fastidio. Si svegliò l'indomani, sereno. Aprì la finestra: lo accolse la primavera.
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