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L'armadio
Ancora uno scricchiolio. Ce n'erano stati parecchi quella sera. Lucio tendeva le orecchie ogni volta che il vecchio armadio cominciava a farsi sentire. Sembrava che si aggiustasse, nella sua posizione statica. Imponente e massiccio, rumoreggiava in sequenze di tre o quattro piccoli schiocchi. Lucio aveva il tempo di pensare che stava per arrivarne un altro e, puntualmente lo avvertiva.
Viveva in quella casa da quasi vent'anni, la conosceva benissimo e la sentiva sua. Era un vecchio appartamento di famiglia che lui aveva ristrutturato e che aveva abitato un po' da solo e per il resto del tempo con le fidanzate di turno. Alcuni mobili dei parenti erano rimasti nella casa ed erano ormai suoi. Tra questi, l'armadio, che troneggiava in camera da letto. Era un pezzo in stile Liberty, con un'unica grossa anta munita di specchio. Al di sotto dell'anta, un ampio cassetto accoglieva altra roba; ma quasi tutto quello che era riposto al suo interno, non veniva mai utilizzato da Lucio. Le camicie, restate appese da anni e una tuta jeans che sicuramente non gli stava più; anche i pantaloni avevano preso irrimediabilmente la forma delle grucce. Invece Lucio era solito aprire l'armadio e buttarci dentro, alla rinfusa, quello che si toglieva: felpe, jeans, calzini, riposavano ammonticchiati gli uni sugli altri fino all'Indomani.
Ora non si sa perché, si era fatto l'idea che quando era solo e si stava rilassando magari con un buon libro, cominciavano gli scricchiolii. Gli pareva di sentirli forti e netti, come se l'armadio volesse dirgli qualcosa, comunicare con un linguaggio particolare. Forse si sentiva offeso per l'utilizzo che Lucio ne faceva: più estetico che funzionale. Un contenitore per la roba smessa! Non c'era altra spiegazione, forse era addirittura l'anima turbata di qualche suo antenato.
Per quanto cercasse di razionalizzare, l'idea rimaneva fissa: l'armadio scricchiolava e sembrava proprio che si lamentasse, rimproverandolo.
Lucio non credeva a niente che non fosse tangibile ed era la prima volta che si trovava a riflettere su qualcosa che di per sè, secondo le sue idee era ridicolo. "Figuriamoci, adesso l'armadio mi giudica. Sarà il legno che si gonfia e si sgonfia a seconda della temperatura, sono piccoli movimenti di assestamento... sì, ma perché solo dopo che metto dentro la roba sporca?" Ormai si era fissato e quando apriva l'anta aveva un atteggiamento quasi circospetto, evitava di stare di fronte allo specchio e allo stesso tempo si innervosiva delle sue insulse convinzioni.
"Va tutto bene!" disse -ormai parlava da solo - "Potrebbe essere qualsiasi cosa, ma per quanto mi riguarda, fosse anche il Diavolo in persona, non l'avrà vinta!"
Qualche minuto dopo si ritrovò per strada, aveva bisogno di una boccata d'aria fresca. Erano i primi giorni di marzo e l'inverno stava cedendo il passo. Si avvertiva l'odore di fiori appena sbocciati che tentavano di profumare l'aria cittadina. Il cielo si stava facendo scuro, era l'imbrunire: si incamminò per le strade del centro cercando di liberare la testa dai suoi stupidi pensieri.
Invece non riusciva a pensare ad altro e tornò a casa con un'aria bellicosa. "Adesso vedrai", e cominciò a smontare l'armadio pezzo per pezzo. I vestiti giacevano per terra in un cumulo disordinato e tutto quello che era all'interno del mobile era sparpagliato nella stanza che assomigliava ad un campo di battaglia.
Stava per risolvere il problema, una volta per tutte, e si affannava sudato e ansimante per raggiungere lo scopo il prima possibile. "Fuori di qui " disse con tono vittorioso trascinando, ad uno ad uno, fuori dalla camera i vari pezzi che accatastati avevano un aspetto triste e sembravano pronti per un falò.
Tornò nella camera, stremato e soddisfatto, si buttò sul letto sicuro che adesso niente l'avrebbe più potuto disturbare e chiuse gli occhi.
Pochi minuti dopo, però, gli scricchiolii ripresero!
Lucio scattò in piedi, incredulo: non era possibile! Si guardò intorno disperato.
Aveva lavorato per ore per smontare quell'armadio, sicuro che fosse la causa dei rumori e invece li sentiva ancora. Forse smontandolo l'aveva anche rovinato, scheggiandolo. Era un pezzo tramandato da generazioni e probabilmente non sarebbe più tornato come prima; ma adesso non c'era tempo per pensare, doveva trovare la causa degli scricchiolii: forse la toletta o il cassettone o addirittura il letto. "Scoprirò da dove vieni, dovessi metterci tutta la notte... ti scoverò". E mentre smontava si convinceva: "Lo sapevo che non era l''armadio... perché avrebbe dovuto lamentarsi? E di cosa poi? Quanto può fregare ad un armadio di cosa ci metti dentro? Le cose non hanno un'anima... gli oggetti non hanno un'anima... non hanno un'anima..."
L'aria nella stanza era irrespirabile: calda sia per il riscaldamento che per il lavoro nevrotico dell'uomo, pregna ormai del suo sudore e di una sottile polvere di legno dovuta allo smantellamento dei mobili. Il materasso giaceva sul pavimento mentre la rete, semi smontata, era addossata ad una parete e aveva strappato la carta da parati. La luce artificiale feriva gli occhi stanchi e arrossati di Lucio. "Lo sento ancora, lo sento ancora" ripeteva nel suo delirio. Se era stato il Diavolo a bussare alla sua porta, certo lui gliela aveva spalancata senza neanche rendersene conto!
Percepiva quei rumori amplificati dalla sua mente: come dei tonfi che sembravano volergli bucare il cranio, trapassargli il cervello in un crescendo di dolore.
Era rimasto in ginocchio, con le mani tra i capelli in un attimo di apparente, rassegnata calma, tra i pezzi sparsi, con lo sguardo fisso verso un cassetto che era di fronte a lui."Basta, basta", disse lentamente e a bassa voce. Allungò la mano verso il cassetto... tirò il grilletto e un fragore riecheggiò sordo, spezzando il sonno dei vicini.
Il suo cane entrò di corsa nella stanza, spingendo la porta socchiusa... si udì uno scricchiolio...
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