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Le sette solitudini
"Perché la lampada si spense?
La coprii con la mano,
per ripararla dal vento,
ecco perché si spense...
Perché il ruscello s'inaridì?
Lo sbarrai con una diga,
per averlo solo per me:
ecco perché s'inaridì...
E sia quel che sia non dipende da me
E sia quel che sia non dipende più da me."
L'esecuzione della prima strofa e del ritornello mi avevano stregato.
L'artista di strada suonava quella meravigliosa canzone per un distratto pubblico di quattro passanti che andavano e venivano, gettando qualche monetina dentro la custodia della sua chitarra.
Sembrava l'uomo più povero del mondo e nello stesso tempo posso dire che era un Re: la sua schiena era dritta come quella di un monarca sul trono e il suo sguardo sembrava quello di un capitano pirata all'arrembaggio... e quella musica, quei delicati arpeggi ad accompagnare quei versi stupendi...
"Perché il fiore appassì?
Con ansioso amore
Lo stinsi al petto
Ecco perché, il fiore appassì.
Perché la corda dell'arpa si spezzò?
Tentai di trarne una nota.
Al di là delle sue forze:
ecco perché si spezzò.
E sia quel che sia non dipende da me
E sia quel che sia non dipende più da me."
Terminata la canzone e dopo aver raccolto qualche applauso sgangherato e pochi spiccioli, il chitarrista clochard stava per andarsene, quando in preda a un misterioso desiderio chiesi di potergli parlare:
- Umm... fanno cinquanta euro, amico, questa è la mia tariffa...
- Cinquanta euro? Accidenti, sei caro quanto sei bravo!
- Non l'ho inventato io questo mondo, amico.
Dalle nostre parti conta solo quello che può essere comprato o venduto.
Se tu non paghi per l'opera di un'artista, quella non vale niente, e viene buttata nella spazzatura, e spesso, il suo autore insieme alla sua opera.
Ripeto, non le ho stabilite io queste regole.
Senza ulteriori obiezioni, mi sfilai dal portafoglio cinquanta euro e gliele misi in mano all'istante.
- Bene, andiamo in quel bar a bere un caffè, offri tu ovviamente.
Dopo esserci seduti e aver ordinato, passammo alle presentazioni:
- Io sono Paolo, e faccio l'odontotecnico, e tu?
- Io non mi chiamo, sono gli altri che lo fanno e mi chiamano il Mosco, che cosa voglia dire chiedilo a loro. Che cosa vuoi sapere?
- Bè, Mosco, la tua canzone mi ha smosso qualcosa dentro, come una grande forza che non sapevo di possedere, ecco: dimmi qualcosa di quest'energia.
- Tutto qua? Quella è l'energia di chi sa vivere con le sette solitudini.
- E che cosa sono le sette solitudini?
- Le sette solitudini sono le sette prove che devi affrontare quando decidi di vivere secondo un'idea che ti sei scelto per essere fedele a te stesso.
Ad esempio, io ho un'altra visione del tempo, rispetto a tutte queste persone che vanno di corsa sotto i portici.
Guardale: tutte persone che aspettano che il mondo abbia inizio, individui non ancora nati e quasi morti prima del tempo.
Studenti che non possono essere felici finché non prendono dallo Stato un pezzo di carta, scapoli e nubili che non possono sentirsi appagati finché non si sposano; lavoratori che rimandano la gioia di vivere a quando saranno in pensione e adolescenti brufolosi che non si sentiranno loro stessi fino a quando non diventeranno adulti; malati che non possono sentirsi sereni fino a quando non sono guariti e falliti che continueranno a rompere le palle al loro prossimo finché non avranno successo.
Ecco la mia grande idea, Paolo: non voglio essere come loro e sprecare la mia vita ad aspettare il nulla e ad ammazzare il tempo.
Voglio vivere di grandi momenti, io credo solo all'Attimo, ottenuto con dolore e sacrificio ma che sia il mio, unico, grande Attimo.
Questa è la prima solitudine: innamorarsi e vivere per una grande idea.
Metterla prima del tuo egoismo e della disapprovazione sociale di chi non la comprende e cerca di strappartela dal cuore e dalla mente.
La società in cui vivevo prima, quella che vive sempre per un dopo, per un paradiso dopo morti, per l'aumento costante del fatturato che annienta tutte le risorse del pianeta, per una rivoluzione sanguinaria o una guerra finale che ammazzano prima quelli che non le hanno volute, questa società è morta per me: questa è la seconda solitudine.
Vivere sempre nella costante ricerca di un tuo Attimo, imparando che anche il riposarsi dallo sforzo del continuo studio fa parte della stessa ricerca, è la terza solitudine.
Imparare a vivere senza amici e senza parenti, se questi ti portano lontano dalla tua strada e dalla tua idea, è la quarta.
Profondere il massimo dell'impegno e il sentirti responsabile per la tua idea, è la quinta.
Non accettare leggi o regole che non siano in armonia con la tua idea, questa è la sesta.
E la settima solitudine, Paolo, sarà quella della convalescenza.
- La convalescenza: intendi come il rimettersi da una malattia?
- Esattamente: guarire dalla malattia del tempo ammazzato, per inseguire mete inesistenti, richiede tempi lunghi e molta cura e pazienza.
Poi, lentamente, piano piano, la pazienza si trasformerà in gioia e sarà l'inizio di un nuovo pomeriggio radioso.
Se avrai la pazienza di essere nuvola, diventerai forte come il fulmine.
Bene, caro Paolo, ho parlato troppo: è tempo di riprendere la mia ricerca.
Abbi gioia, fratello.
E così quel misterioso straniero, quell'affascinante artista di strada, svanì dalla mia vita come vi era entrato, lasciandomi alle mie sette solitudini.
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1 recensioni:
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- Bellissimo e drammatico racconto, anche se si conclude con un segno di pace e speranza, il che gli dà valore. Tante volte non ci soffermiamo ad ascoltare persone che invece hanno dentro di se un esperienza capace di modificare il nostro modo di vivere. Che come con i paraocchi inseguiamo cose mossi da meccanismi come sopra di noi.
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