"Le restano sei, otto mesi di vita al massimo. Perdoni la franchezza ma credo che non si debba mentire mai, soprattutto in questi casi."
Il tono della voce non rivelava nessuna apparente emozione, nulla che comunque avesse a che fare con la propria coscienza.
Probabilmente era convinto che la sua condizione di medico lo ponesse al di sopra di certe convenienze, dei scontati sotterfugi usati dalla gente comune per evitare l'imbarazzo di dover comunicare certe notizie.
Probabilmente era altrettanto convinto di meritare la riconoscenza dei destinatari.
In effetti indossava l'aura di chi si sentiva intermediario tra coloro che debbono morire e l'entità superiore che governa i destini del mondo.
Come sempre era solito fare dopo aver emesso le sue sentenze, anche questa volta si stava allontanando in silenzio per consentire al condannato di turno di assimilare la notizia, e soprattutto per evitare d'essere coinvolto emotivamente.
Un messaggero di morte non può, e non deve, provare pietà.
" Perché lo fa?"
La domanda lo colse mentre stava per afferrare la maniglia della porta. Rimase bloccato in quella posizione, con la mano protesa in avanti, per alcuni istanti.
La stessa inesorabile questione che occupava per intero le sue notti, privandolo del ristoro del sonno. Non esistevano risposte per quella domanda, e nella solitudine della notte la disperazione era la sola compagna.
La piccola crepa che aveva iniziato a ledere l'integrità delle sue certezze si richiuse rapidamente.
"Crede che avrei dovuto dispensarle una verità di comodo con la quale drogare la sua coscienza, magari alimentare delle false speranze costringendola a sottoporsi ad inutili, costose e dolorose cure, privandola quindi del poco tempo rimasto che invece dovrebbe dedicare ai suoi affetti, ai suoi cari?"
"Lei sostiene di avere l'obbligo di rivelare la verità. Ma si è mai chiesto che cos'è la verità, se non un aspetto della questione, un modo di vedere, una convenzione? Lei sa che nel preciso istante in cui rivela quella che pensa essere la verità questa diviene una menzogna per il semplice fatto che i destinatari della rivelazione interagiscono con la stessa, modificandone quindi la portata del messaggio? Lei sa che la verità non esiste se non in forma di mistero assoluto, e che l'unica verità è quella che non conosciamo? No!? Quante cose non sa, per essere uno che afferma di agire in nome della verità."
La crepa si riaprì per non richiudersi più.
Avrebbe voluto rispondere a quello sfrontato, rammentargli che la dignità della sua condizione lo sollevava da certe sfumature dialettiche, da certi sofismi.
Ma la sedia di fronte alla sua scrivania era vuota.
Stava guardando la sua diagnosi quando si soprese con quell'oggetto in mano.
L'aveva preso dal cassetto della sua scrivania senza pensarci, e ora rifletteva le sue paure.
Doveva controbattere a quei concetti, non doveva lasciare che si incuneassero nelle sue certezze. Ma quello ormai non c'era più.
Cominciava a capire come si potesse interagire con la verità, tramutandola in menzogna.
La successiva esplosione di uno sparo di pistola proveniente dal suo studio provocò un'incontrollata agitazione tra le varie persone in attesa.
L'infermiera, indecisa sul da farsi, infine aprì la porta. Il cadavere di quello che era stato fino a poco prima il suo datore di lavoro, giaceva riverso sopra la scrivania, con il cranio squarciato da un proiettile.
Una vasta chiazza di sangue si andava allargando sopra alcuni documenti cinici che recavano il suo nome.