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Il Dybbuk, l'ultimo demone, il non-veduto

La nuova era della litweb ha probabilmente sancito la fine della letteratura epica occidentale, originatasi con l'Iliade e l'Odissea di Omero.
L'epica era la possibilità di raccontare storie esemplari e di trasmettere l'esperienza di qualità di un popolo; il narratore epico era la voce corale della sua gente ed era capace di trasmettere insegnamenti e suggerimenti saggi e pratici, nel contempo, ai suoi lettori.
Ora, all'antica saggezza epica, sono subentrati il soliloquio e l'isolamento cronico dei novellieri e dei lirici litweb, intrappolati nei loro Ego frammentari e (i più avvertiti) consci che la totalità del mondo epica si è infranta, che il particolare disgregato ed esploso non lascia più trasparire il respiro e la legge del Cosmo.

Isaac B. Singer è stato l'ultimo romanziere epico, in virtù dei suoi stupendi racconti scritti in jiddish, il linguaggio ebraico-tedesco parlato da secoli dagli ebrei diasporici nell'Europa centrale e orientale e sparsosi in seguito alle persecuzioni e allo sterminio dei nazisti, in tutto il mondo e soprattutto in America.
L'jiddish è una sorta di dialetto della diaspora, della persecuzione, della discriminazione che è parlato su scala mondiale ed ha sempre avuto la suprema virtù epica di creare una calda familiarità quotidiana e un senso d'appartenenza alla piccola grande comunità degli esiliati, degli umiliati e offesi da ogni forma d'arroganza e di prevaricazione.
Singer ambienta i suoi racconti negli Shtelach, i borghi ebraico-polacchi distrutti dalla furia nazista: Yampol, Frampol, Sencimin, Janov, Kreshev, Jozefov, Goray...

In questi piccoli paesi le persone (nella letteratura ebraica l'uomo è sempre persona e mai massa) cercano di salvare i valori sacri dell'umanità: l'eredità della spiritualità, l'amore per l'arte, il saper vivere in armonia in comunità, l'affetto per i figli, l'Eros pieno di rispetto tra coniugi e lo straordinario umorismo che allieta la vita.
Nel racconto "L'ultimo demone", che vi consiglio caldamente di leggere, a narrare la storia è un demone che vive in una soffitta a Tishevitz, e si nutre rosicchiando un vecchio libro di storie jiddish, succhiando le lettere dell'alfabeto ebraico, e dice che quando avrà divorato l'ultima, svanirà e cesserà d'esistere.
Riporto per intero l'incipit, un capolavoro assoluto d'ironia e di umanesimo:
" Io, un demone, assicuro che non rimangono altri demòni all'infuori di me. A che potrebbero servire i demoni, se l'uomo stesso è diventato un demonio? Perché persuadere al male qualcuno che è già persuaso?"
Quest'ultimo demone è un Dybbuk, uno spettro malvagio che vede gli uomini e li tenta, ma non è veduto da loro; vede ma non può essere guardato.

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2 commenti     1 recensioni    

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1 recensioni:

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  • jessica il 03/07/2012 17:25
    Ho 15 anni, parlo quindi da ignorante, amo le poesie i racconti il tuo testo mi è paciuto sopratutto la frase : Io, un demone, assicuro che non rimangono altri demòni all'infuori di me. A che potrebbero servire i demoni, se l'uomo stesso è diventato un demonio?

    Molto giusto, sono d accordo.

2 commenti:

  • Anonimo il 04/07/2012 11:09
    Ho letto un paio di libri di Singer, che si può dire, ebreo americano, e ho letto Saul Bellow che come Singer conosceva l'jiddish, e credo, lo conosca anche Philip Roth, altri due grandi scrittori ebrei americani, e poi ho letto Joseph Roth, ebreo tedesco-austriaco, mi pare, la cui opera è ambientata tutta in quell'Europa centrale che sarà devastata dal nazzismo, e quindi mi ha favorevolmente sorpreso questo tuo breve saggio, e condivido la tua riflessione finale e aggiungo, non solo in rete. Saluti Ellebi
  • jessica il 03/07/2012 17:25
    Ho 15 anni, parlo quindi da ignorante, amo le poesie i racconti il tuo testo mi è paciuto sopratutto la frase : Io, un demone, assicuro che non rimangono altri demòni all'infuori di me. A che potrebbero servire i demoni, se l'uomo stesso è diventato un demonio?

    Molto giusto, sono d accordo.

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