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La favola di filippo
Erano i tempi in cui i bambini con l'aiuto dei grandi si costruivano i giocattoli da soli. Le femminucce preferivano le bambole di pezza, fatte con le stoffe avanzate. I maschietti, i mezzi motorizzati realizzati con i rocchetti di legno delle macchine da cucire. Ma lui è più grande e queste cose gliele hanno raccontate i suoi genitori.
Ricco di queste conoscenze, decide anche lui di costruirsi un giocattolo amico. Non perché di amici non ne ha, ma questo, lo vuole speciale, come lui lo desidera. Semplice, allegro, e capace di stare zitto anche di fronte a sfoghi esagerati.
Così Filippo, un ragazzo sedicenne, amico di tutti per il suo carattere tranquillo e accomodante, decide di avventurarsi in questa bellissima esperienza. Pensa che ti ripensa, ma non gli viene in mente niente. Allora decide: deve nascere tutto per caso. Così un giorno tornando da scuola, vicino dei cassonetti dell'immondizia scorge il suo primo pezzo... un lampadario.
La cosa che attira Filippo è appunto la parte terminale. Una gigante palla di vetro bianca. Si appropria di quell'oggetto così importante per lui, e insignificante per gli amici che lo deridono. Ma indifferente e determinato come sempre, li ignora e va avanti per la sua strada. Conserva gelosamente questo oggetto e lo ripone in luogo sicuro. Ogni sera prima di addormentarsi, pensa al suo nuovo amico e di quante parti ancora gli mancano.
Un giorno, osserva la mamma che prepara la lavatrice per il bucato e si accorge che il contenitore del detersivo è un fustino di cartone, lungo e rotondo. Quello è il busto per il mio compagno, pensa Filippo. Ma l'attesa è lunga perché quel fustino di Dash lo trova sempre pieno. Il tempo passa veloce e Il ragazzo e' distratto da altri pensieri. Ora che il fustino e' vuoto, la mamma, fa notare a Filippo che gli ha accantonato quel pezzo a lui tanto prezioso, così Filippo si precipita ad archiviare un altro pezzo importante.
Lui sempre coinvolto dai tanti amici che ha, un pomeriggio... decide di non uscire con loro e di rifugiarsi nel suo piccolo laboratorio. Un sottoscala umido e con una puzza di muffa da capogiro. Orgoglioso e determinato, inizia l'assemblaggio. Fissa la palla del vecchio lampadario sul fustino del detersivo. Trova un pezzo di corda vecchia, ed inserisce all'interno un filo di ferro, facendola diventare le braccia.
Ora è il turno delle gambe... Come faccio si domanda Filippo, ci vuole qualcosa di rigido e leggero. Girando per la cantina scorge qualcosa di meraviglioso... Un vecchio tubo di plastica !!!!!! lo afferra, lo taglia a misura, e lo assembla in modo esemplare. Poi consulta la mamma e chiede a lei degli abiti vecchi.
La mamma incapace di comprendere quale fosse l'obbiettivo del figlio, si piega comunque alla sua volontà e gli concede ciò che lui ha richiesto. Un abbigliamento completo, con tanto di giacca e cravatta. Ma prima di vestirlo, imbullona un paio di vecchie scarpe sui tubi, e cuce dei guanti imbottiti sulla corda. Fiero di tutto ciò e vicino al suo obbiettivo, gli rimane un'ultima cosa.
Come fargli sprigionare la tanta allegria desiderata. Filippo ha di fronte a se un pupazzo formato maxi, ma senza volto. Ci vuole qualcosa di originale, il corpo sembra vero ma il viso deve essere bello e visibilmente finto. Come coniugare, queste due realtà ? Ripone il pupazzo, e va a dormire. Il giorno successivo tornato da scuola, e con le idee chiare, decide di completare la sua opera.
Smonta la membrana di un altoparlante ormai in disuso, e la fa diventare un cappello. Con della plastica adesiva di colore nero, ritaglia le forme dell'occhi, bocca, naso, ed orecchie e come un chirurgo plastico di fama internazionale li incolla sulla palla di vetro. E come successe a Geppetto con Pinocchio, Filippo comincia a parlargli... hai uno spiccato senso dell'allegria... e girandogli intorno più volte, si rende conto che non sa nemmeno come chiamarlo...
Lo chiamo FELICE perché mi piace e sono contento di averlo come amico. Ormai completo, Filippo si porta a casa il suo pupazzo e diventa suo ospite all'insaputa dei suoi genitori. Questo è il tuo posto, così ti posso guardare e parlare, anche quando studio, dice Filippo a Felice dopo averlo messo nell'angolo della sala da pranzo. Inatteso lo spavento di sua mamma che entrando in quella stanza si sono trova ogni giorno un pupazzo alto e con la testa di vetro.
Al contrario, l'allegria del papà di Filippo che nota che il pupazzo ogni volta gli sorride. I giorni passano e nel tempo Felice diventa un compagno, anche di coloro che inizialmente erano contrari. Per un genitore la volontà di un figlio, va portata con un vassoio d'argento. Tutto è tranquillo. Fino a quando, le novità diventano quotidiano, le emozioni si sfumano in sorpresa, e la gioia diventa un ricordo, allora, è il momento che deve avvenire qualcosa...
Durante una notte in dormiveglia Filippo sente delle voci provenire proprio da Felice. Sorpreso si concentra per ascoltarle ma da quel momento tutto tace. Due giorni sono passati e Filippo continua a pensare a quel sogno che sogno non è, e di questo ne è sicuro. Così decide... prima di andare a dormire va verso Felice, e lo gira con il viso verso il muro. Così voglio vedere se parli, dice Filippo.
Facendo finta di dormire, è ormai notte fonda, sente di nuovo quelle voci. Con molta cautela e in assoluto silenzio, si avvicina e ascolta... Io ero la membrana di un altoparlante, una volta ero molto apprezzata, tutti erano attenti ad ascoltarmi, mentre ora sono triste perché sono diventata un cappello inutile... Ed io allora, che una volta illuminavo tutta una stanza, ero sempre al centro dell'attenzione, vedevo le gioie e dolori di tutte le famiglie.
Volete discutere della mia utilità ? ... Ero un tubo sano e dentro di me ci passava l'acqua, ero fonte di vita, e non facevo passare nemmeno un filo di umidità. Ora sono due gambe dentro dei vecchi pantaloni. Infine sentì la corda che diceva, ero morbida e flessibile, ero accarezzata da tutti, invece ora sono bloccata da un filo di ferro che mi fa sentire sempre freddo.
Sbalordito Filippo non crede alle sue orecchie, però, prese un foglio di carta e scrisse tutto quello che aveva udito. Il giorno dopo convinto di aver sognato tutto, si accorge che sul tavolo da pranzo trova i fogli che lui nella notte aveva scritto. Sorpreso dell'accaduto, e dispiaciuto di aver procurato tanto dolore, decise di smontare il suo amico Felice che tanta gioia gli aveva dato.
Così la corda fu di nuovo accarezzata da tutti, la palla di vetro, tornò ad illuminare il volto delle persone, i tubi con orgoglio riportarono l'acqua dentro le case, infine la membrana dell'altoparlante riconquistato il suo posto ricominciò a cantare come mai aveva fatto.
E come tutte le favole che finiscono bene Filippo saluta Felice dicendogli di non essere triste perché vivrà sempre nel suo cuore.
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1 recensioni:
- Che tristezza per la fine di Felice, ma ora ho capito. Questa favola e'dedicata a noi che abbiamo costruito "davvero" le nostre opere utilizzando i fustini del detersivo, dobbiamo lasciare andare la nostra infanzia giusto? Bellissima e profondissima questa favola, complimenti.
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