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Lo strano caso del re inquirente Edipo
Edipo, re di Tebe, cosa succede alla popolazione della tua splendida città? Una terribile epidemia di peste ha già sterminato e portato nell'Ade tante persone e sembra inarrestabile.
Per vent'anni hai amministrato Tebe con saggezza, accanto a tua moglie, la regina Giocasta.
Vent'anni sono passati da quando hai indovinato l'enigma della Sfinge e il mostro metà donna e metà leonessa con le ali di Grifone, si è gettato dall'alto delle mura e si è schiantato al suolo.
Hai mandato un messaggero all'oracolo di Delfi e la voce divina di Apollo ha risposto che la catastrofe infurierà sulla città, fino a quando non sarà stato catturato e ucciso l'assassino di Laio, tuo padre.
E ora tu vuoi indagare, capire, fare di tutto per scoprire la verità.
Io sono Omnia, il narratore onnisciente, e ti supplico Edipo, fermati, resta all'oscuro, preferisci la menzogna alla terribile verità!
Tu credi di riuscire a sottrarti al tuo Fato, e così ne prepari inconsapevolmente la sua realizzazione!
Ricordi la feroce cattiveria dei tuoi compagni di gioco che ti offendevano chiamandoti "bastardo"?
- Sei solo un bastardo trovatello, piedi gonfi! - ti urlava quel ragazzino crudele.
Tornasti subito a casa per chiedere spiegazioni a Polibo, re di Corinto.
- Sei figlio mio - rispose, ma il suo sguardo era abbassato in terra.
E allora forte, intrepido e intelligente sei andato dall'oracolo di Apollo a chiedere chiarimenti ed è stato terribile il suo responso:
- Edipo ucciderà suo padre e sposerà la madre, che gli darà quattro figli.
Ricordi? Ti sei sentito come una grossa mosca in trappola e hai deciso di abbandonare Corinto e i tuoi genitori adottivi, Polibo e Peribea, per evitare che la predizione si avverasse.
Più la mosca si dibatte nella ragnatela per liberarsi, Edipo, e più il filo adesivo la intrappola per il pasto del ragno.
Sei andato verso Tebe, fuggendo l'oracolo di Delfi e andando incontro al tuo Destino e a un fatale incrocio ti sei trovato davanti al carro di Laio, il tuo vero padre.
- Spostati straniero, lascia il passo, tu non sai chi sono io, il re della grande Tebe! - ti apostrofò Laio con orgoglio.
- Io non cedo il passo a nessuno, sono il principe di Corinto - hai risposto con fierezza.
I servi di Laio ti hanno insultato ancora con quella maledetta parola, "bastardo", e il re, tuo padre, in persona è sceso dal cocchio per colpirti violentemente.
Hai sguainato la spada, e in preda a una furia incontenibile, hai ucciso lui e tutti i suoi servi, tranne uno che scappò di corsa a nascondersi sulla montagna.
Così sei arrivato a Tebe, minacciata e colpita dall'abominazione della Sfinge e con la tua mente brillante l'hai sconfitta e Creonte, fratello di Laio, ti ha dato le chiavi di Tebe e in sposa Giocasta, tua madre.
Hai regnato in modo saggio e onesto per vent'anni e tua madre ti ha dato quattro figli: i gemelli Eteocle e Polinice e due femmine, Ismene e Antigone.
E ora Edipo, tu chiami a corte Tiresia, l'infallibile indovino, perché vuoi sapere la verità.
Non farlo! Tiresia, grazie agli Dei, sa tutto e non vuole rivelarti niente: troppi sono i terribili segreti che gravano come una maledizione sulla stirpe di Laio!
Ma tu Edipo vuoi sapere a tutti i costi, vuoi vedere quello che non hai mai visto sotto il tuo naso, per venti lunghi anni, e costringi con la furia Tiresia a rivelarti quello che sarebbe meglio non fosse rivelato.
Arriva un messaggero da Corinto e ti annuncia la morte di Polibo e Peribea, i tuoi genitori adottivi:
- Non essere triste re di Tebe, prima di morire Polibo mi ha dato disposizione di annunciarti che lui e Peribea non erano i tuoi veri genitori, ma il re Laio e Giocasta di Tebe, che ti hanno fatto abbandonare sulla montagna da un pastore, per farti morire di fame.
In quel momento arriva nella reggia di Tebe quel pastore, chiamato da Tiresia. Lui è anche l'unico servitore di Laio che si è salvato con la fuga dalla furibonda spada di Edipo, durante il fatale duello all'incrocio.
E davanti a tutti conferma la verità di Tiresia e del messaggero di Corinto: il bambino esposto sulla montagna è Edipo (ma lui disobbedì all'ordine disumano e lo portò in salvo a Polibo, re di Corinto) ed è stato sempre Edipo a uccidere Laio, in uno scontro armato presso un incrocio.
Ora Giocasta urla per il dolore e corre in camera sua e tu Edipo?
Ti senti svuotato, un burattino dai fili di ferro, tirati da un Destino superiore che non sei mai riuscito a conoscere e controllare.
Ti sei dibattuto invano: il Ragno è calato sulla sua preda, gli ha inoculato il suo veleno e comincia a digerirlo.
L'oracolo di Apollo si sta compiendo.
Vengono a chiamarti: la regina Giocasta si è impiccata!
Sali di corsa al piano superiore e quando la trovi appesa per il collo alla trave portante, prendi la spilla a forma di Sfinge che ferma la sua veste e cominci a ferirti e devastarti gli occhi!
Ah, quanto dolore, povero Edipo, perché non mi hai ascoltato?
Tu non hai mai voluto nulla di tutto quest'orrore che ti è accaduto.
Tu non hai mai visto capitare nulla, eppure quel niente ti ha afferrato.
Malgrado tutta la tua intelligenza sei sempre stato cieco Edipo: pensavi di riuscire a controllare ogni cosa col tuo potere regale, ma la realtà è un'altra.
Noi siamo solo umani Edipo e il Fato ci sfugge di mano e sarà così sempre e in ogni momento della Storia!
Il caso e la necessità fanno parte della vita e siamo partecipi di giochi fatali così diversi, complessi, stratificati e ramificati, che pretendere di dominare tutto è folle presunzione!
Nel vederti ferire selvaggiamente i tuoi occhi, Edipo, io Omnia, il narratore onnisciente, rinuncio alla mia facile moralina e soffro e piango con te.
Mi tocca profondamente questa tua rivolta, questa tua protesta, la sofferenza che esibisci a tutta Tebe, cavandoti gli occhi da solo:
- C'è qualcosa che non va nell'ordine cosmico, amiche e amici di Tebe! Perché dobbiamo subire delle calamità che si abbattono su di noi, devastandoci la vita, se non le abbiamo meritate?
Perché devo soffrire così se non ho fatto niente di ingiusto, se quel male non l'ho fatto apposta?
Vi prego, concittadini di Tebe, salvatemi dal perbenismo distaccato di questo ipocrita narratore onnisciente; aiutatemi, riscrivete un altro finale per la mia tragica storia...
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1 recensioni:
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- Fu chiamato un famoso psicologo ed Edipo fu messo sotto cura: Vedi Edipo, ciò che è successo, non è colpa tua, è colpa di tuo padre che ti ha mandato via piccolo piccolo, tu eri bellissimo, e lui era
invidioso di te.
"DAvvero?"
"Ma si, e poi se ti sei trombato la mamma, che era una bonazzona, già trombata dal fratello, il cugino, che in realtà era una ninfomane...
"Ma come, mi ha tradito?
"SI, insomma, anche gli eventi climatici, non sono stati causa tua ma una cattiva cura dell'ambiente. E poi diciamola tutta, il Fato è una vera carogna...
" E come posso riscattare questa colpa?"
"Ma non hai colpa, eri inconsapevole, trovata la bella gnoccona innamorata te la sei fatta, chiodo schiaccia chiodo, e poi mi raccomando, salvaguardia dell'ambiente! Pene severissime per agricoltori che sprecano acqua, che non usano diserbanti naturali, e tutto ciò che farà di te l'Edipo Re, che con il tempo sarà ricordato l'Edipo che voleva bene alla natura (a quella di sua mamma poi!"
Scusa Moscone, ho preso il tuo finale come invito a dare un tocco ironico e forse fuori luogo, anzi sicuramente, al tuo racconto, hai ragione: povero Edipo. Poi considerando la cronaca attuale. È un educanda, non merita la fine che fa. Un abbraccio accaldato da Firenze!
- Interessante, da approfondire. N
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