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Carissimo fra Samuele
Carissimo Fra Samuele,
volevo raccontarle un viaggio.
Ma prima desidero ringraziarla per le lettere che mi scrive, le tengo preziose; e secondo, scusarmi per la mia lentezza nel rispondere.
Il viaggio. Deve sapere che ogni mese mi sottopongo ad una terapìa in ospedale, qualche flebo di un medicinale recente e molto potente che, fortunatamente, riesce a rallentare la progressione della mia malattìa.
E martedì scorso ero, appunto, in ospedale. Solitamente dopo i flebo rimango un po' sbilenco per uno o due giorni, e me ne sto a casa. Martedì pomeriggio mi telefona Massimo raccontandomi che era andato al mare in Liguria e mi chiede di raggiungerlo: io ringrazio ma rifiuto, mai più mi sposto subito dopo la terapìa e soprattutto di così tanti chilometri. Ma Massimo, sapendo che non sarei andato al lavoro tutta settimana, insiste, rassicurandomi che il posto dove si trova (Levanto) è molto tranquillo e accessibile, e che mi avrebbe prenotato una camera al piano terra.
Io sono molto restìo a spostarmi di casa, riesco a camminare per qualche decina di metri, ma oltre devo usare la carrozzella, e carrozzella significa che lungo il tragitto occorre assoluta mancanza di ostacoli, altrimenti è un guaio. Quindi, tendo a starmene casa.
Massimo insiste con forza (mi conosce). Proprio questa volta la terapìa pare non darmi problemi; il martedì pomeriggio sto già bene. Allora gli dico "Vediamo come mi sveglio domani e decido, intanto grazie per il pensiero".
Mercoledì mattina controllo che le gomme della carrozzella siano gonfie, carico comunque la pompa e parto. Da casa mia sono 250 chilometri, da fare da solo, e sono un po' preoccupato; è da molto tempo che non percorro così tanta strada. Uscendo dalla mia stradina, recito la mia (abituale) Ave Maria e mi dirigo verso il mare.
Durante il viaggio mi fermo spesso, faccio molte tappe per riposarmi, ed essendo dotato di buon senso di orientamento, difficilmente sbaglio strada. Fortunatamente il traffico è scarso, e ci son le nuvole, il sole in auto mi darebbe fastidio.
Così esco da Brescia, e vedo cartelli che indicano Cremona, poi Parma, e Cisa e passo tra gli Appennini, e mi tornano in mente i giorni in cui percorrevo quelle strade in moto, sempre da solo, con zaino in spalla, vivande e da bere, verso destinazioni che non contavano. Quello che importava era il viaggio. Ricordo un meraviglioso (primo) viaggio ad Assisi, quando già non stavo più bene e faticavo a camminare. Avevo parcheggiato la moto quasi davanti alla basilica, senza che nessuno mi dicesse di andarmene nonostante i divieti. Pranzài con i miei panini a San Damiano, lì vicino, assieme ad un cagnolino arrivato da chissàdove.
Mercoledì stavo rifacendo un tratto di quella strada (la Cisa), con l'auto, e altre quattro ruote nel baule (da due ero passato ad otto, un maniaco di grandezza :) ).
Dovevo seguire l'indicazione "La Spezia", non era difficile.
Gli Appennini son belli, che meraviglia quel verde, quei paesini arroccati, quelle case, e sempre un campanile a vista.
Qualche camion mi superava! Certo, io vado piano, però ... vabbeh.
Mi fermo ancora, anche perché mi scappa la pipì, e trovo una piazzola tra i vertiginosi viadotti di quell'autostrada. Ne approfitto per mangiare un cioccolatino, e di nuovo guardarmi attorno meravigliato; fa fresco, e nonostante il rumore delle (poche) auto che mi sfrecciano a fianco, che silenzio.
Riparto. Supero La Spezia e mi fermo ad un distributore; non scendo, far benzina da solo mi è di impaccio. Esce il benzinaio e, gentilissimo, mi dice che se faccio il pieno mi regala 8 batterie: il pieno mi serve e riparto contento per l'affarone (chi l'affare l'abbia fatto veramente poi sarebbe da verificare...). Uscita per Levanto, bene, meta raggiunta. La discesa al paese è lunghetta e ripida, ma ad un certo punto finalmente vedo il mare, bellissimo, ed è uscito il sole, un regalo.
Avviso Massimo, che mi dà indicazioni precise su come trovarlo: il paese è piccolo, ci incontriamo subito, son contento, molto stanco ma contento.
Trovo un parcheggio per disabili, scarico carrozzella e ci dirigiamo verso l'affittacamere, dove c'è la mia camera, al piano terra, con l'ingresso che dà sulla strada: perfetta!
E poi subito Massimo mi porta verso il mare, è lì vicino. Spinge la mia carrozzella; non sono abituato, solitamente manovro io le ruote, perché (appositamente) evito lunghi tragitti, ma stavolta le stradine sono ignote, ci son salitine e discese, qualche marciapiede, buche e ogni tanto del ciotolato (un dramma per il mio mezzo). Sono molto in imbarazzo, noto di più gli sguardi delle persone che mi fissano, ma io sorrido, e spesso rispondono al sorriso. Qualcuno saluta, stupendo.
Ad un certo punto vedo il mare, e la riva, e la spiaggia e la sabbia. E le onde! Erano ANNI che non sentivo il suono della onde! Sa che è bellissimo ascoltarle? Sa che ogni flutto è il racconto improvviso e brevissimo del loro viaggio? Un sogno. Levanto è chiusa ai lati, non c'è una strada lungo la riva, è tutto pedonale, e sarà lunga un chilometro. Magari lei ci è stato, quindi potrebbe già saperlo.
Massimo se ne va in spiaggia, e io scorrazzo lungo la stradina ciclabile. Ci son bellissime case, con molte piante, e io, armato di macchina fotografica, scatto continuamente (è anche una scusa per fermarmi spesso, ho le braccia non ancora allenate per fare da locomozione... e quando arrivano a dolermi, mi prometto subito che cancellerò all'istante l'imbarazzo di essere spinto).
E Massimo ogni sera andava anche alla messa dai domenicani: è un bravo ragazzo :)
Mi porta fino a Sant'Andrea, la chiesa principale del paese, e poi fino a Villa Rossana, che, a dispetto del nome e della sua imponenza, è una "struttura per turismo religioso": la storia narra di una ricca signora che, come testamento, lasciò la sua splendida villa sul mare in eredità alle Suore del Buon Pastore.
Proprio davanti c'è una grande panchina che dà sul piccolo porticciolo, dove ci siamo seduti entrambi per un po' lasciando la mia carrozzella di fianco: mi son divertito ad osservare le persone che, guardandola, cercavano di capire a chi dei due appartenesse. La prossima volta mi attaccherò un cartello sul petto, con scritto qualcosa del tipo "Son io il rotellato".
C'è anche una lunga salita a gradini chiamata "Salita di San Francesco"; Massimo che l'ha percorsa, dice che porta ad un convento in cui non si può entrare, ma che si possono sentire i francescani cantare.
Certo, ho provato un po' di tristezza vedere le persone che camminavano sul bordo mare, sulla sabbia, morbida, con i piedi nudi ogni tanto bagnati dalle onde: io non posso più. Ma immediatamente mi son reso conto che era un pensiero ingiusto; essere lì era già un regalo, era più di quello che per me pensavo possibile solo qualche giorno prima.
Avevo molto timore sa di partire, sia per il lungo viaggio, sia per i miei impedimenti, che diventano poi anche impedimenti per gli altri; questo è il mio più grande peso, sapere che ho bisogno di aiuto anche per piccole cose, e sapere che quando mi danno quell'aiuto, contemporaneamente sto limitando qualcuno. Chi mi è vicino anche solo tre giorni, come in questo caso, di vacanza, deve rinunciare a qualcosa, deve limitare i propri spostamenti, le cose che può fare, i posti che può raggiungere, preoccuparsi per me. Questo mi pesa più di quello che io non posso più fare.
Massimo è stato bravo, ha fatto tutto con naturalezza e spontaneità. Ma io ci penso lo stesso.
Ma di più ho fatto bene a partire. Mi ha fatto bene partire.
Shakespeare dice "A volte le nostre paure possono farci perdere la gioia della vittoria": stavolta non è successo.
E sa qual è il finale beffa? Giovedì sera faceva freddo, e ho notato che Massimo era poco vestito. Lo faccio notare anche a lui, ma mi risponde "No no, non ho freddo". Quando ad un certo punto intravedo qualche suo tremolìo, insisto a che vada alla mia auto dove c'è un maglione mio che può indossare, ma lui ancora nega di avere freddo (a volte evidentemente è capriccioso? ).
Bene, la mattina dopo, mentre io mi sto preparando per tornare a casa, mi avvisa che si è svegliato con 39 di febbre!!!
Lui doveva tornare a casa l'indomani, in treno, 5 ore di viaggio, cambiando a Milano. Ho imposto (non ho chiesto, ho imposto) che lo avrei riportato a casa io.
E così è stato. Son risultato utile, pur se rotellato :)
Spero di non averla annoiata Fra Samuele, desideravo solo condividere con lei questo mio frammento di felicità.
Ora torno a riguardare le bellissime foto che ho fatto.
Dimenticavo, Massimo si ripromette di venirla a trovare, probabilmente il mese prossimo.
Stia bene Fra Samuele, la saluto con tanto affetto, ringraziandola ancora per le sue preghiere.
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- un dolcissimo racconto, scorrevole nella lettura, denso di una forza di vita e di una malinconia interiore... mi è molto piaciuto...
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