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A seguito del suicidio di Ada F. ( quarta ed ultima parte)
Ada aveva scritto le tre lettere in momenti diversi, di giorni diversi. Non tutte le serate o le notti erano adatte a concentrarsi sul foglio e a pensare all'uomo cui scrivere. A volte i pensieri le rimanevano intrappolati nelle sensazioni vivide dei ricordi, e ne provava commozione; a volte erano i rumori... ... la sera avanzata e la notte portavano rumori e ciò la distraeva. Dal bar sottostante la sua casa, spesso salivano le voci dei clienti che sostavano ai tavolini. Oppure i suoi dirimpettai litigavano, vociando. In questi casi doveva attendere che avanzasse il silenzio. Quello interrotto appena dal ticchettio dell'orologio. Ada, allora, nella sua vestaglia allacciata, si sedeva al tavolo della cucina, raccoglieva i capelli in un fermaglio d'osso, e iniziava a vergare un foglio via l'altro, scriveva, rifletteva, buttava il foglio e ricominciava. Per queste lettere aveva acquistato appositamente una risma di bella carta spessa, adatta al pennino della sua penna stilografica.
Quanto al contenuto delle lettere, Ada non voleva essere patetica, con nessuno dei tre uomini. Voleva solo essere se stessa in quel saluto. Né le importava se costoro avrebbero sofferto, leggendo. Soffrissero pure. Per lei era stato inevitabile e poi non ci sarebbe stata a verificare i loro stati d'animo.
" Non devo pensare come se potessi esserci - si diceva - sono parole definitive, le mie...".
Le capitava di riporre le lettere in un cassetto, convinta di quanto aveva scritto. Ma una volta nel suo letto, al buio, ci ripensava... forse una frase, alla tal riga, era troppo accorata, troppo vendicativa? Allora si rialzava, accendeva la luce, rileggeva i fogli, verificava, correggeva. La stesura di queste lettere fu un vero tormento.
Luciano entrò nella piccola cucina del suo appartamento di uomo ritornato scapolo, ora vedovo, ad essere precisi. Egli buttò il mazzo di chiavi sul tavolo che vi cadde con un rumore secco. Fece scorrere l'acqua dell'acquaio. Si sedette senza un particolare pensiero alla mente, se non che Ada non aveva mai cessato di entrare nella sua vita e sconvolgerla.
Rimase qualche secondo pensoso. Avvertì il rumore della prima marcia, ingranata del bus 52 che passava sotto casa. La fermata dei mezzi pubblici si trovava proprio davanti al portone del suo palazzo.
Luciano aprì la busta usando un tagliacarte, sentì la resistenza della carta spessa. Aprì il foglio e riconobbe la scrittura fluida e leggermente inclinata della moglie. Il foglio emanava un leggerissimo profumo di sandalo.
Si sorprese d'affrontare la lettura della lettera come se Ada fosse ancora viva, eppure lui era stato al suo funerale solo pochi giorni prima.
Si sedette alla luce della finestra della cucina e lesse:
" Caro Luciano,
non ti chiedo scusa del mio gesto, non avrebbe alcun senso. Nel momento che ho deciso di farlo il mondo si è allontanato da me come una biglia schizzata via. Lascio questo biglietto per dirti la cosa più ovvia, così scontata da portarmi un passo avanti nella disperazione. Tu resti l' Amore della mia vita. Quello che nasce vergine una sola volta in noi. Da quando noi due non viviamo più assieme, diversi anni oramai, non ho mi cessato di pensarti. Ancora oggi sono stupita per la contentezza che mi dava incontrarti casualmente per le strade della nostra città! Vederti da lontano, mentre tu nemmeno sapevi che ti stavo osservando!. Magari mentre comperavi un giornale o bevevi un caffè , seduto al tavolino di un bar. La tua figura inconfondibile tra la gente... L'ultima volta che ci incontrammo e ti chiesi come stavi, mi rispondesti " mi sento vecchio", e mi sentii ferita da quella tua risposta... a me non sembravi affatto vecchio, era l'espressione del tuo viso che era cambiata, intristita.
Fosti tu a non voler più continuare la nostra vita in comune; dicesti che t'eri annoiato, assuefatto al matrimonio. Mi rifiutasti con il tempo, mi lasciasti dormire sola nel letto, vivevi solo per l'ufficio, per il tuo lavoro... Infine lasciasti casa nostra come un ladro. Ricordo un venerdì pomeriggio, rientrata dal lavoro, intuii che c'era qualche cosa di nuovo nell'aria di casa. Tutto era apparentemente al proprio posto, ma c'era un intruso nascosto da qualche parte. Qualcuno aveva mosso o spostato cose. Corsi in bagno, i tuoi oggetti da toilette non c'erano, la mensola era del tutto libera. Aprii l'armadio: una riga di attaccapanni vuoti dondolava come ossa nere : t'eri presi tutti i tuoi abiti e avevi svuotato i cassetti. Perlustrate le stanze, mi accorsi che mancavano solo alcuni piccoli oggetti tuoi, di famiglia... il bronzetto di Venere... una piccola icona che era stata di tua madre. Eri sparito del tutto. T'avrei rivisto una settimana dopo al bar di via Verdi : volevi restituirmi le chiavi di casa.
T'ho perduto Luciano e questo fatto si è preso i decenni che abbiamo vissuto assieme e li ha sbriciolati. Nessuna nostra storia comune mi sembra più esistere.. Sono pure io rimasta senza storia e senza passato. Continuare a vivere da sola mi è insopportabile. Il mondo mi si è ristretto come una maglia infeltrita, non riesco ad interessarmi a nulla, niente mi attrae. Ti ringrazio d'aver consentito a non definire in tribunale la nostra separazione. Non m' era rimasto che la formalità di sapermi ancora tua moglie. Le nostre esistenze unite da migliaia di fili, anche ora che non eri con me, sono state la mia unica consolazione e anche la mia ossessione. Ieri sera mi sono concessa una cena in città , nello splendido ristorante che dà sul Po, hai presente? Ho chiesto tutte le pietanze più raffinate e più costose; ero stanca delle code d'ogni giorno alla tavola calda assieme ai ferrovieri. C'eri pure tu con me, al tavolo e sorridevi felice come da tempo non ti avevo più visto fare. Il conto fu da capogiro e ne provai ebbrezza. Pagai io e tu non facesti nemmeno il gesto di mettere mano al portafoglio. Un bacio, tua Ada ".
Luciano rilesse il foglio altre due volte. " Sapevo che Ada non aveva mai rinunciato a noi due" , pensò. Gli vennero alla mente le discussioni che erano seguite, tra lui e Ada, dopo ch'egli era uscito dalla casa coniugale. Il fervore con il quale lei cercava di convincerlo, passando dall'ira carica di invettive al pianto sconsolato. Vedeva lei, scarmigliata ed arrossata in volto, il viso acceso; vedeva se stesso, muto e refrattario, seduto sul divano.
Il numero 52 arrivò pesante alla fermata. Luciano ne avvertì il sibilo dei freni. Si affacciò alla finestra e vide Rosa, la donna con cui aveva cominciato da poco una relazione, scendere dal bus. Ella alzò lo sguardo alla finestra e, avendolo scorto, gli lanciò un sorriso carico di promesse.
Piero aveva da poco lacerato la busta della lettera, quando cominciò ad avvertire il ticchettio della pioggia sul tetto dell' autovettura. Un picchiettare di piccole dita. La pioggia cadeva fitta e perpendicolare.
Prese dalla tasca una sigaretta e l'accese. Aspirò con avidità e sentì l'emozione salirgli alla gola.
Si decise a leggere la lettera di Ada:
" Caro Piero, oramai da tempo non ti sentivo . Tu non mi hai più cercata ed io non ho avuto il coraggio di farlo. Però t'ho pensato sempre e molte volte ho avuto la tentazione di prendere il treno per venire alla tua città, poter telefonare per dirti " sono qua, incontriamoci per pochi minuti ". Ma penso non avresti accettato. Tu sei comparso nella mia vita all'acme della mia solitudine e amarti è stata per me una grande scoperta, poiché ritenevo di non esserne più capace, né di meritare l'amore, dopo gli anni d'indifferenza trascorsi con mio marito. Tu Piero sei stata la passione, quell'amore che ogni donna avrebbe voluto conoscere almeno una sola volta nella vita. Noi ci piacemmo subito, te lo ricordi? Credo che nel giro di pochi minuti ci rendemmo conto di quanto eravamo attratti l'uno dall'altra. Fu un incontro casuale, il nostro. Io ero nella tua città, in vacanza. Ci conoscemmo nel giardino della trattoria " All'Orto ". Avevo appena finito di pranzare sotto un vecchio olmo. Non c'era posto all'interno del locale ed il padrone mi aveva apparecchiato un tavolino fuori, nel giardino. Tu passeggiavi fumando una sigaretta. Te n'eri uscito perché all'interno c'era un rumoroso pranzo di nozze e la confusione della gente di aveva infastidito. Ci conoscemmo così, chiacchierando sotto quell'olmo. Vennero a cercarti dopo tre ore, faceva quasi buio e noi due stavamo ancora chiacchierando. Ricordo che stavo seduta sulla panchina in ferro e nella penombra vedevo il bianco della tua camicia e la brace della tua sigaretta.
Prima di salutarci, tu mi dicesti semplicemente che volevi rivedermi ed io con altrettanta semplicità ti dissi di sì, che volevo rivederti anch' io. Non girammo attorno alle parole. Io ero addirittura confusa con me stessa per una disinvoltura che non mi conoscevo. Fummo così presi da una attrazione talmente forte che nemmeno ci faceva ragionare, eppure avevamo già cinquant' anni! Ricordo che quando stavo ad attenderti, ero in prenda ad un'ansia che spariva solo non appena ti vedessi arrivare dal fondo della strada dove solitamente ci davamo appuntamento. Finimmo a letto carichi di una tensione che era cresciuta in noi con l'andare dei giorni. Quante cose mi dicevi mentre stavamo abbracciati stretti e tu mi facevi complimenti amorosi come fossi una ragazza: ammiravi i miei capelli, la mia pelle... mi sussurravi cose che nemmeno credo d'aver mai udito. Ed io mi chiedevo " sono io la donna cui sta parlando?". L'amore con te accompagnava ogni minuto del nostro stare assieme. Mi abbracciavi e mi dicevi " "Scusa se ti tocco, ma io ti vedo anche con le mani"... Poi ti rabbuiavi ed esclamavi nel tuo schietto toscano : " Proprio non lo capisco tuo marito... lasciare una donna come te..." Ma è pur vero che anche tu mi hai lasciato, dopo due anni e non per stanchezza. Tu mi lasciasti con dolore, perché mi amavi ancora. Questo lo so bene, decidesti di tornare con tua moglie perché la vedevi preoccupata e tesa, avendo ella intuito che avevi un'altra donna. Lei aveva iniziato a farti delle scenate in casa e tu non te la sentivi di affrontare la rottura da lei. Me lo preannunciasti una sera, durante una lunga passeggiata. E per me, che avevo ripreso a vivere, attraverso te, mi si spense daccapo ogni luce. Tornavo sola e sola oggi ho deciso di partire Voglio solo che tu sappia e per sempre che ti ho amato per quello che hai saputo suscitare in me, nella mia piena femminilità e per tuo amore, dopo anni di muto dolore.
Vorrei davvero riabbracciarti come la prima volta che ci incontrammo. Tua Ada".
Piero guardò davanti a sé, oltre al tergicristallo. Vide una donna correre sotto la pioggia senza ombrello e già con gli abiti fradici. Si era accostata ad una vettura e tentava freneticamente di aprirla. Era un vecchio modello , di quelli che si aprivano ancora con la chiave. La chiave le cadde a terra e la donna si chinò in una pozzanghera a raccattarla. Finalmente riuscì ad entrare nell'auto. Dopo pochi secondi, Piero vide l'accensione delle luci posteriori.
Rimase stupito di come la lettera non gli sembrasse che un pezzo di carta. " Forse ancora non mi sto rendendo conto" si disse. Pensava che gli sarebbero venuti alla mente tutti i momenti passati con Ada, ma si accorgeva che non era affatto così. La sua mente non registrava assolutamente nulla. " Sono ancora troppo turbato dalla notizia", concluse. Piegò con cura la lettera e la pose nella tasca. Guardò davanti a sé e mise in moto. La macchina della donna bagnata di pioggia s'era già allontanata.
La terza lettera. Non venne mai aperta. Lorusso insistette più volte presso il notaio affinchè gliela spedisse, ma il dottor Barberis fu irremovibile. Nacque una violenta discussione telefonica tra i due. Lorusso opponeva che non poteva fare un viaggio così lungo, dalla Sicilia, per ritirare soltanto una lettera. Il notaio, per suo conto, non voleva assumersi responsabilità per discostarsi dalle istruzioni ricevute. " Allora - gli ringhiò contro Lorusso - le invierò una raccomandata con firma autenticata, con la quale la informerò che rinuncio al ritiro del plico, faccia quello che le aggrada..." e chiuse seccamente la comunicazione.
La lettera rimase giacente nella cassetta di sicurezza per circa un mese ancora, poi il notaio ritenne prudente consultarsi con un suo amico magistrato. A costui parve eccessivo l'impuntarsi del professionista e gli suggerì di spedire la lettera con tutte le cautele del caso.
Un mattino, quindi, la segretaria di fiducia, signorina Carla, fu incaricata dal notaio di recarsi alle poste centrali per inviare una raccomandata assicurata, sigillata in un bustone giallo paglierino, all'indirizzo di Lorusso.
La donna prese il plico e lo infilò nella borsa a tracolla, con altri documenti.
Era giorno di mercato rionale , la strada sulla quale si affacciava lo studio del notaio appariva trafficata, intenso il via vai di gente affaccendata.
La signorina Carla , per affrettarsi, scese dal marciapiedi e cominciò a camminare sulla strada a filo del bordo in cemento. Ogni tanto qualche passante le urtava la spalla. La tracolla della borsa, tenuta verso l'interno, cominciò a scivolare più volte, cadendole sull'avambraccio. Senza pensarci troppo, l'impiegata con un gesto deciso spostò la borsa sulla spalla esterna e riprese la camminata veloce.
Fu questione di secondi. Giunta all'incrocio sul ponte che attraversava il Po, la donna venne avvicinata da una motocicletta, che sopraggiungeva alle sue spalle. Lo strattone fu deciso. L'impiegata sentì una mano violenta spingerla contro il muro del palazzo d'angolo e contemporaneamente strapparle la borsa. Perse l'equilibrio senza nemmeno il tempo di lanciare un grido e si trovò a terra, mentre avvertiva un dolore lancinante al femore.
Solo dopo, già riversa su se stessa, la signorina Carla cominciò a gridare disperata, non sapendo se per il male o per lo scippo della borsa. Mentre invocava aiuto, cercando pure a malapena di tirarsi giù le gonne, in un residuo di meccanico pudore, ella vide la motocicletta, montata da due persone, sbandare ai limiti della caduta e poi rimettersi diritta, grazie ad un colpo di reni del conducente. La donna udì un colpo potente di acelleratore e scorse la borsa nera, impugnata dal passeggero sul sellino posteriore, volteggiare nella trancolla stretta dalla mano dell'uomo. La moto sparì a tutta velocità, oltre il ponte, dopo aver effettuato due rischiosi sorpassi di vetture che inchiodarono i freni con consunzione di gomme.
La signorina Carla finì all'ospedale per frattura del femore ; il notaio Barberis le rese visita più volte, anche per le formalità necessarie ai fini della denuncia dello scippo. Pur dispiacendosi moltissimo di quanto accaduto alla sua migliore impiegata, egli rimase convinto che quella lettera non poteva contenere che messaggi di malaugurio e davvero era destino che non dovesse essere mai consegnata. Non ebbe mai notizie del ritrovamento della borsa dell'impiegata né del suo contenuto. Dalla Sicilia , Lorusso, non diede più notizie di sé.
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l'autore mariateresa morry ha riportato queste note sull'opera
Per quanti volessero davvero addentrarsi nella lettura di questo racconto, consiglio anche di leggere le parti precedenti, per avere una visione d'insieme del testo. Grazie.
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3 recensioni:
Anonimo il 29/07/2012 12:17
Indubbiamente un racconto scritto egregiamente e soprattutto che ci fa riflettere su diversi aspetti, in particolar modo su quanto la semplicità e l'essenzialità proprie dell'intelligenza umana sia la chiave di molte cose. COmplimenti.
- L'anonimo è Edmond Dantes
Anonimo il 26/07/2012 18:21
Mi scuso per il colpevole ritardo con cui commento il tuo racconto. Ho voluto rileggere l'intera storia fin dall'inizio, ed ho potuto farlo solo oggi. La prima parte mi aveva dato la sensazione di trovarmi di fronte ad un mistero, come se la morte di Ada fosse potesse essere il prologo di una serie di eventi enigmatici. Non è stato così, e ne sono contento. Perché la storia di Ada, delle tre lettere non spedite ma in attesa di essere raggiunte dai destinatari, è una storia bellissima, pur nella sua, tutto sommato, normalità. Il fulcro della storia chiaramente sono le tre lettere, ma più che il loro contenuto, che potremmo definire finanche scontato, fondamentale è la loro staticità, costringendo gli uomini della sua vita finalmente, e definitivamente visto la sua scomparsa, a cercarla, a provare a raggiungerla, senza riuscirci, in virtù della morte che Ada si è voluta dare. Una vendetta morale sottilmente perfida, che di sicuro lascerà tutto l'amaro vissuto da Ada negli anni, in bocca agli unici due uomini che ha veramente amato. Il terzo, sinceramente, visto l'epilogo, non lo inquadro per bene, nel senso non riesco a capire se la sua progressiva perdita di importanza letteraria è frutto di un pentimento tardivo dell'autrice, o una sua chiara volontà di infierire su una figura di spessore morale prossima allo zero.
Una bellissima storia, comunque la si guardi. La storia di una donna che ha deciso di morire lasciare un segno.
N
- Un finale davvero molto bello... mi domando cosa pensi Mariateresa di Ada, della sua creatura così forte e fragile allo stesso tempo.
- To Piero: grazie mille del tuo commento. Hai colto un aspetto molto importante del mio racconto, almeno quelle erano le intenzioni... descrivere un certo modo di affrontare il sentimento amoroso.. certamente da parte di Ada la paura profonda della solitudine, che la porta a " scendere" nella scala del modo di vivere l'amore... da parte dei tre uomini una concezione in buona sostanza egoistica ( sia chiaro che mi riferisco ai tre protagonisti e non è un discorso in generale...). Non sono stata severa con Lorusso, io non lo sono mai con le mie " creature" ...
PIERO il 23/07/2012 10:30
Questo finale è stato ben preparato, lasciandoci nell'ansia di scoprire qualche colpo di scena di tipo "tecnico".
Invece la cosa che salta all'occhio (del resto l'autrice l'aveva preannunciato nei commenti alla prima puntata) è la psicologia dei personaggi; in particolare - almeno io ho notato questo - il contrasto tra un modo "leggero" di affrontare un rapporto di coppia, tipicamente maschile, un po' "usa e getta", da parte dei tre uomini, e quello ponderato, sofferto, inconsapevolmente un po' oppressivo di Ada.
Comprensibile la severità dell'autrice nei confronti di Lorusso, il più affascinante ma anche il più "leggero" dei tre, che non è ritenuto degno neanche di sapere che cosa Ada gli aveva scritto.
Spero di non aver travisato le intenzioni di Mariateresa, in ogni caso questa è la mia interpretazion
Anonimo il 23/07/2012 10:13
Visto il contenuto delle prime due lettere la terza sicuramente sarebbe stata anch'essa un semplice saluto... Ada si è accomiatata dagli uomini della sua vita con amore, come era stata con loro in vita, anche se con sfumature diverse. Il terzo uomo ancora una volta avrà perso qualcosa...
- Infatti la lettera non consegnata non conteneva alcun messaggio infausto, è stato il notaio a pensarlo... grazie d'avermi letto ragazzi!
- Un racconto molto bello nella sua triste realtà. Mi ha toccato molto, è come vedere un film in cui ci si può sentire protagonisti.
Non mi viene di scrivere altro, per il momento. Complimenti all'autrice per come è riuscita a trasmettere certe sensazioni.
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