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L'invito a pranzo
Oh, insomma basta! L'ho detto e lo ripeto: un perfetto ignorante. Sono un perfetto ignorante! Ma come fa la gente a non sentirsi ignorante? Oppure a sentirsi ignorante, ma a non soffrirne? Come se fosse cosa del tutto naturale camminare con un buco nello stomaco e non aver fame. Ma come fa la gente a dimenticare il buco? Chi può credere che facciano una cosa simile? Oh, no, lo so io quello che è. Sono io che mi son ridotto in questo stato pietoso, da far saltare le rane dal fosso, se solo ci fosse un fosso nelle vicinanze e se in questo fosso vi fossero rane abbastanza in salute da saltarne fuori.
Perché le rane? Perché le ho in abominio, Dio mio, con quella loro aria viscida e umidiccia, gli occhi deliquiescenti a palla, mostruosamente rotanti come lingue pettegole, e le zampe indecise tra il ragno, il coccodrillo e il buffone di corte, con quei poderosi muscoletti da mangiarsi fritti o saltati in padella.
Ché sono appunto quelli, i poderosi muscoletti, a farle così sgraziatamente saltare a tradimento.
Le rane son messe lì a salvaguardia dell'imperituro scioglilingua delle menti piccole. Infatti gracidano in continuazione, proprio come le suddette.
Oh, ma guardiamoci un po' in giro, vediamo che succede.. dev'esserci un errore, son qui per sbaglio o è questa cosa ad esser capitata qui per sbaglio, proprio in questo posto dove ho creduto di dover stare.
I convitati, non riuscendo a padroneggiar l'emozione d'esser stati prescelti a rappresentare la punta sgranocchiante della società, si danno un gran daffare, ciascuno a suo modo, per sembrare gentili come mazzi di fiori; nascondendo lo stato d'assedio dei loro spiriti sotto i soprabiti inamidati. Si raccontano dell'ultimo viaggio a Cuba, ma trepidano segretamente e violentemente al pensiero della macchia di sugo che di lì a poco si spiaccicherà sul candore immacolato del gilet nuovo, nel caso la padrona di casa abbia avuto la malaugurata idea di prepararlo; deplorano il dissesto economico senza averne mai incontrato uno, e dev'esserci anche uno scienziato nel gruppo, che scientizza su tutto, e un altro con tutta l'aria di un Raskolnijkoff subito dopo il delitto, che non fa che citare citazione famose per menti profonde.
E io, che cosa racconterò io in questo frangente, che frange contro la mia insipienza tutta la sua valanga di cose dette, di cose fatte, di cose da farsi?
Quanti sapienti vi sono in giro, quanti filosofi, quanti esploratori, quanti artisti... e io?
Che figura farò? Dove mai andrò a pescare una giustificazione per la mia infingardaggine? Che suggerimenti mi daranno per tirarmi fuori dalla mia oscillante, oziosa deriva? Ci sarà qualcuno così gentile da aiutarmi a mutar il corso delle cose? Non delle mie cose, ma delle loro, ché non avrei mai la forza di conformarmi alle squassanti abitudini della nevrotica combriccola, che pur dovrà avere un non so che di comune con uno della mia risma, visto che qualcuno o qualcosa ha avuto l'ardire di riunirci assieme, invitandoci allo stesso posto, nello stesso luogo, alla stessa ora a consumar il medesimo fiero pasto.
E così, mandando giù spaghetti ai viaggi di nozze, costatine di vitello alle sapienti smorfie e fritture di previsioni catastrofiche, mi pare di sentire la tensione allontanarsi e affondare in un delizioso oblìo, tanto che potrei perfino tentare di far buon viso a cattivo gioco e tirar via il velo di pudore che solitamente avvolge la coscienza delle mie mancanze.
Potrei giungere persino a dichiararmi innocente, raccontando una per una le cose che avrei dovuto fare e non ho fatto, quelle che dovrei fare e non farò... se solo sapessi quali esse sono o dovrebbero essere.
Tutti fanno qualcosa, e pare che questo qualcosa sia qualcosa da doversi scrivere a grandi lettere, pare che sia addirittura capace di far passare i suoi facitori, quantomeno alcuni di essi, alla storia, quelli che avranno avuto l'ardire di far qualcosa più qualcosa degli altri.
Io non faccio mai nulla, incappo persino sulle mie stesse scarpe e nelle lettere del mio nome, se mi si obbliga a pronunciarlo, non è terribilmente idiota? Ma è così. Tenendo conto che cammino sempre a piedi e che il nome è la prima cosa che si dice in pubblico, si può immaginare che meraviglia!
E cos'altro potrei dire, se non clamorose sciocchezze? Le bugie non fanno per me, son troppo faticose, bisogna inventarne una lì per lì, secondo l'argomento, e lavorarla, montarla, renderla soffice e spumosa, amabile al palato, e salire, arrampicandosi fino al luogo dove non ci son più piani da salire, tanto le gambe son diventate corte, allora si tenterà di salire con le unghie o si creeranno scalini inesistenti.
Dovrò tacere a tempo indeterminato, almeno fino a quando non smetterò di giocare all'eterna matricola, levarmi dal letto delle particelle elementari e immergermi in questa strada di grande traffico.
Ci sarà pure un giorno in cui la mia testa semivuota si trasformerà in una sontuosa testa d'uovo di Colombo? Allora anch'io trotterellerò sui sentieri incontaminati del futuro e su quelli lastricati male del passato, metterò da parte, chiudendoli nell'armadio a muro che mi farò costruire, tutti i pensieri a senso unico, l'evidenza delle cose evidenti, relegherò il presente nel passato dell'infanzia con le trottole e i trenini, ed allora tutti si scappelleranno dei loro berretti flosci dinanzi alle mie dichiarazioni parziali, ai miei incendi incompleti di mente eminente e attenderanno in sospensione, come sulle onde dell'aria, il pensiero che starò per finire.
Allora i convitati diranno: costui è vivo e vegeto, può senz'altro annoverarsi tra i venerabili. E a che pro? Diventerò forse più povero o più ricco, più bello o più brutto, più giovane o più vecchio? Il risultato non varrebbe lo sforzo.
Ce n'è già tanti sul cocuzzolo degli attributi e nelle profondità delle apposizioni, che la mia presenza non avrebbe neanche il pregio di disturbare l'equilibrio.
Comunque sia, siamo al dolce, che i profani si ostinano a chiamare dessert, nonostante siano in parecchi, ormai, sull'orlo madido della dissoluzione, coi visi rossi e i nasi che paion diventati più grossi a furia della triplice fatica di mangiare, parlare, sembrare intelligenti e rifornirsi di aria.
Siamo alla discussione dei massimi sistemi, divoratori, ingordi, rotoli di carne suina, ma come fate a saperla così lunga?
E io? Sono l'unica persona a rimaner fuor di squadra e ad esserne contenta.
Detto tra noi: tutta fatica sprecata! La vita è straordinariamente corta, tanto che non è assolutamente pensabile il pensare che alla fine, ci sia qualcuno che possa ragionevolmente ricordarsi di tanto diluviar di parole e accordargli un tal qual significato.
Così, succede di vivere senza presente, conservando ricordi di un passato fatto solo di direttive per il futuro, con azioni al condizionale e pensieri al congiuntivo.
Oh, è triste vivere senza l'oggi; proprio come questo oggi qua, così gentile così misericordioso, che dopo tanta calura s'è finalmente deciso a rovesciar giù un po' d'acqua, un po' tanta per la verità, e io me lo son perso, per venire qua me lo son perso. Mi son perso il suo tamburellare sulle giovani foglie del vecchio noce e il tacere ovattato delle garrule voci umane che strepitano come zolfanelli all'indirizzo di ragazzini garruli come cornacchie in furibonda gara con folleggianti giradischi; ché son tutti rintanati nelle loro tane come lucertole all'improvvisa brezza, a mangiar cibi rifatti, a non saper che fare.
Mi son perso una giornata di calma come ce n'è poche, per venir qui a non saper che dire.
Vediamo un pò, potrei parlare del sogno che ho fatto stanotte, se solo lo avessi sognato, o che stamani sono uscito presto ma le vie non erano pulite né deserte come ci si potrebbe aspettare,
che dando da mangiare al gatto un tale mi apostrofa severo, spiegandomi che con quel cibo potrei riempire lo stomaco di una famiglia del terzo mondo ed io ho risposto che lo farei volentieri se solo avessi imparato a tirare i piatti tanto lontano; che non ricordo nessuno dei nomi dei commensali, nonostante ne sia stata cortesemente informata, né quello delle loro invidiabili cariche, che tuttavia non servirebbero neanche a far funzionare una radio; che dubito persino che questi abbiano fatto le elementari, parendomi impossibile l'esserci stato un giorno in cui abbiano avuto bisogno di chi gli ponesse delicatamente la penna in mano e le parole in bocca.
A pensarci bene potrei anche raccontare che c'è uno accanto a me che non fa nulla di male ma non fa neanche nulla di bene, cercando di intrufolarsi a forza tra i miei sparuti pensieri, inconveniente della mia odierna situazione, ma come si fa a lasciarsi torturare così?
Potrei elencare tutte le cose di cui non ho bisogno, che supererebbero di gran lunga l'elenco di quelle di cui essi hanno bisogno, o più argutamente che tre più uno fa quattro e nonostante i reiterati sforzi di chi asserisce essere uguale a zero la somma dei due arabici glifi, non ha saputo costui trarne un qualche vantaggio che già non fosse supponendo la detta somma uguale a quattro; che a quest'ora il treno è affollato e leggermente acidulo per la gran massa di popolo che porta a casa la stanchezza di otto ore, e che quel miscuglio acidulato e sbuffante con le palpebre a tre quarti è indispensabile al proseguimento del loro conversar gustativo; che c'è uno che scende le scale come un aereo in picchiata perché è sempre in ritardo, perché s'addormenta tardi, perché legge troppo e questo gli ha rovinato la salute; che ho i piedi schiacciati nelle scarpe nuove; che quello due sedie più in là è uno che scrive per le scene, ma mi diverto più io che scrivo per le sceme; che una volta ho ingoiato un nocciolo di nespola e non sono morto; che il mal di denti e i calli sono fuori moda; che in questa casa non si sa in quale stagione si sia se non a costo di un doloroso sforzo di memoria, quanto mai antipatico, il termometro segna sul neutro, l'odore è neutro, e non ci sono nemmeno le mosche... vuoi vedere che siamo finiti in una saponetta?
Che la sapienza è peggio dell'insipienza, pur non essendo agevole distinguerle; che poiché l'acqua bolle a cento gradi c'è stato uno che l'ha versata sul goniometro per fare prima; che a quest'ora il mio gatto dorme con gli occhi semiaperti e la lingua di fuori perché si è accovacciato su "La sindrome logorroica nell'etica e nella politica"; che in questo istante, in questo preciso istante e non in un altro qualsiasi, mi viene chiaro in mente che non troverò mai una cosa importante da dire, non solo una cosa importante come una luna piena, ma nemmeno come un babà al rhum, perciò l'evidenza dei fatti è la sola che conti, bisogna arrendersi, è inutile prendere il coraggio a due mani e non salutarlo con cortesia, ci sarebbe solo da... gettar la spugna.
Ma l'ho comprata solo due settimane fa.
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