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L'età della ragione
La vecchiaia è il compimento della vita, l'ultimo atto della commedia (Cicerone)
* * *
Il sorriso dell'infermiera annulla per un attimo la puzza di piscio che contraddistingue i cronicari per vecchi. Non è cattivo odore, è molto peggio. Un fetore che sa di morte. I pavimenti lucidi, le pareti bianchissime, la formica dei tavoli che brilla non fanno che accrescere il contrasto. Una tortura crudele che nemmeno l'affetto e la gentilezza riescono a mitigare. L'attesa del nulla, una dimensione sospesa dove c'è posto solo per la sofferenza.
Nessuno può davvero dire di conoscere quello che si prova se non ci è passato. Chi entra e esce non può immaginare, non può sapere. Solo la speranza che tutto finisca presto ti aiuta a sopportare. Eppure anche lì, convenzioni e meccanismi resistono stoicamente. Intorno al tavolo del salotto il posto d'onore spetta alla cariatide più carismatica. La sedia a rotelle non sconfigge la vanità: un filo di rossetto, una patina rossastra che invece di nascondere le rughe ottiene l'effetto contrario. Qualcuno apprezza o fa finta. Una botta di vita.
Filippo evita di farsi coinvolgere, all'inizio per non sembrare scostante aveva giocato a tombola, ascoltato l'animatrice leggere articoli di giornale. Il film: decine di sguardi vuoti puntati sullo schermo. Si era sentito soffocare. Soltanto le lunghe passeggiate nel parco riuscivano a dargli qualche sollievo.
Spesso si chiedeva quanto può essere crudele la vita ma subito abbandonava quel pensiero, troppa la vergogna per non aver mai notato prima queste tragedie. Quando ti senti invulnerabile guardi con fastidio tutto ciò che può scalfire le tue certezze.
E adesso perché gli altri dovrebbero tenderti una mano? Lo spettacolo deve continuare...
Lisetta si avvicina, gli porge un pacchetto e un bacio sulla guancia. Il calore di quelle labbra per un attimo lo riportano a una dimensione dimenticata. Una annotazione sull'agenda della segretaria del figlio, una commissione da sbrigare. I suoi figli. I lunghi silenzi. Ripensa a suo padre. Corsi e ricorsi. Adesso tutto era coperto da una pellicola opaca ma i rimpianti sopravvivono, al massimo si può tentare di ignorarli.
Il rito dello spago, il pacchetto aperto con uno strappo e un sorriso di apprezzamento. Nessuna sorpresa: il suo profumo preferito. Per la verità la sua attenzione più che al contenuto era rivolta all'involucro. Niente come le confezioni regalo rappresentano questa società: l'apparenza, lo sforzo di mostrarsi; l'inutilità dei regali è paragonabile soltanto all'impalpabilità della maggior parte delle cose che si fanno. Bisogna arrivare a questa età per accorgersi di tutto questo, per accorgerti che anche tu sei un numero, un'automa costruito per obbedire.
Poco importa se a impartire gli ordini sei tu.
Lisetta lo guarda premurosa, lui la ricambia recitando diligentemente la parte. Non gli dispiacevano queste parentesi, gli permettevano di rivivere istanti di vita, a volte nitidi a volte confusi. "Auguri". Un altro bacio stavolta più rumoroso.
Settantanove anni. Tanti, tantissimi eppure gli sembrano niente rispetto a tutte le vite che ha vissuto. Spesso si divertiva a ricostruirle: l'adolescenza, il matrimonio, la famiglia, la carriera. I suoi racconti. Le sue solitudini. Lei.
Era stata lei a regalargli quel profumo "Non è un regalo originale ma le cose pregiate non hanno bisogno di esserlo".
Difende quei ricordi, li ha perfino scritti per poterli rileggere in caso di emergenza. Il suo tempo. Un tempo troppo breve. Peccato averla conosciuta così tardi... quando la ragione non ti consente di scegliere.
Non ti permetterò di cercarmi dentro i miei vuoti, di perderti nella speranza di ritrovarmi.
L'aveva incrociata in uno dei rari sorrisi sfuggito al suo viso eternamente imbronciato. Aveva cercato di evitarla, quando le ricordava la differenza di età lei sorrideva. Una volta la sentì sussurrare "Carpe diem" ma non aveva replicato. Una filosofia che non gli apparteneva o almeno così credeva. Aveva resistito, per la verità aveva finto di farlo poi si era lasciato andare. L'aveva toccata delicatamente temendo di scoprire un'altra illusione, uno dei tanti amori finiti in niente. Aveva scoperto di non essere più solo. Lunghi silenzi, piccole cose. Una dimensione sconosciuta, silenziosa, semplice, fatta di quella normalità che aveva sempre scambiato per noia.
Non aveva dato importanza ai primi segnali, un nome dimenticato, qualche piccola amnesia, momenti di vuoto. "Sono sempre stato sbadato" pensava ma l'inquietudine cresceva. Non voleva prendere in considerazione l'idea di sottoporsi a un'indagine medica. Poi l'episodio: una tavola imbandita, persone che mangiano conversando amichevolmente "Dove sono? Perché sto pranzando con queste persone?"
"Nonno mi hai comprato il regalo"
Riuscì a malapena a trattenere le lacrime, stringendo la bimba al petto. Qualcuno scambiò quel momento per commozione.
Anche adesso era commosso.
Il piano l'aveva studiato nei minimi particolari, rilesse il foglio gelosamente custodito nel taschino della giacca. La sua assenza non sarebbe stata notata, era normale non vederlo a pranzo. Il pullman poteva rappresentare un problema ma nessuno scarica un vecchio nemmeno se non ha il biglietto. Poteva incontrare qualcuno ma aveva pronta la scusa, sperava solo di non avere un vuoto proprio in quel momento ma avrebbe ripiegato sul silenzio. Toccò ancora una volta il taschino per sentirsi rassicurato.
L'attesa non gli pesava, gli piaceva osservare, ascoltare i rumori. Si accorse che stava canticchiando... il carretto passava e quell'uomo gridava gelati. Sorrise. Lei lo avrebbe preso in giro.
Ecco il pullman.
Sale una ragazza, minigonna vertiginosa, canottiera e zainetto. Qualcuno armeggia con i bagagli, una donna aiuta il figlio a salire. Quell'attimo di incertezza che precede ogni partenza. L'autista guarda che tutto sia a posto e sale. Filippo osserva restando seduto sulla panchina.
Un altro viaggio mancato.
Un respiro lungo, deve prepararsi al rientro. Quante volte ha pensato al mare come soluzione finale, l'acqua tiepida, nuotare fino allo stremo. L'ultimo gesto di libertà. A frenarlo non è la paura, anzi ci vuole più coraggio a guardare quel pullman partire che non a salirci. A frenarlo sono i suoi pensieri. Non vuole rinunciarci, vuole continuare a vivere i suoi ricordi e poco importa quanto costa farlo.
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