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Revenge
Jessie si svegliò e si accorse che stava sanguinando. Un rivolo cremisi scendeva dalla tempia destra fino alla guancia. Non provava dolore, era troppo stupita e stanca per badare alle ferite che le costellavano il corpo. Cosa le era successo? Non riusciva a ricordare niente. Teneva a fatica gli occhi aperti e cercava un punto di riferimento visivo nell'oscurità che la circondava. Sapeva solamente di essere seduta su un pavimento freddo e di avere le mani legate da una corda spessa e ben annodata. Chi l'aveva ridotta in quello stato?
Aveva i muscoli indolenziti dall'inoperosità forzata e dovette fare appello a tutte le sue energie residue per strisciare di qualche metro. Aveva riacquistato parzialmente la sensibilità e si rendeva conto solo adesso di avere ben più di un taglio superficiale. Avvertiva un bruciore vicino alla spalla destra e se provava a tendere il muscolo una fitta lancinante le toglieva il respiro. Di sicuro non sanguinava più copiosamente e sentiva solo un flusso discontinuo di liquido lungo il petto. Si meravigliò di non essere morta per questo, perché si rendeva conto anche nel buio in cui era immersa che le avrebbe potuto causare una emorragia letale. Continuando a trascinarsi lentamente riuscì ad individuare una parete e vi si appoggiò con la schiena e la nuca. Anche se si era spostata di poco dal punto in cui si era svegliata, era già troppo stanca per proseguire senza una piccola sosta. Prese fiato e scivolò lungo la parete fredda; quando cominciava ad essere di nuovo sfinita dallo sforzo, sbattè la testa contro una sporgenza nel muro. All'improvviso, eco che una luce al neon molto potente si accese ed invase la stanza. Jessie lanciò un gridolino di sorpresa e sbattè le palpebre per abituarsi alla nuova illuminazione. Quando fu in grado di posare lo sguardo su ciò che la circondava, scoprì di essere bloccata in un bagno pubblico.
Davanti a sé poteva vedere 3 gabinetti e alla sua destra c'erano dei lavandini con un grosso specchio sopra di essi. Vicino all'interruttore che aveva accidentalmente premuto con la testa si trovava invece la porta principale. Quando si voltò per guardarsi meglio intorno sentì ancora dolore alla spalla e decise di farsi coraggio per esaminare meglio la ferita. Era peggio di quanto avesse pensato : aveva la camicetta bianca completamente inzuppata di rosso e sangue rappreso sul collo e vicino al seno. Era stata ferita da un'arma da taglio con una lama certamente importante. Doveva assolutamente medicarsi per evitare di perdere altro sangue, e per farlo aveva bisogno di liberarsi e di cercare aiuto fuori di lì. Trascinò il proprio corpo 19 enne per qualche metro avvicinandosi all'uscita. Si ritrovò davanti a una porta a vetri semidistrutta la cui maniglia era appena sopra la sua testa. Provò a muovere le mani per liberarsi dalla stretta del nodo, ma chi l'aveva legata aveva fatto proprio un bel lavoro e rinunciò con uno sbuffo al suo proposito. Poi le venne una idea : la porta era costituita da pannelli di vetro e quello più grande si era frantumato. Poteva vedere una parte ancora attaccata agli stipiti in plastica e resina, ma molti frammenti erano sparsi a terra vicino alle gambe della ragazza. Allungò allora le gambe, strinse un coccio appuntito con i piedi nudi e con grande fatica cambiò posizione : da seduta si mise in ginocchio come un supplice davanti al suo Dio. In questo modo poteva agilmente avvicinare i polsi legati alla punta del vetro e muovendosi ritmicamente su e giù poteva tagliare la corda. La testa le pulsava e gli occhi vacillavano spesso nel vuoto, ma dubitava che questi sintomi fossero dovuti alla stanchezza o alla ferita. Si sentiva intontita e non completamente padrona del proprio corpo, e l'emicrania era terribile. Mentre continuava a tagliare, cercò di ricordare cosa le fosse accaduto. E ci riuscì. Purtroppo.
In verità non aveva un quadro preciso in testa. Alcuni giovani con dei passamontagna ( non avrebbe saputo dire quanti, ma sospettava che fossero 3 ) l'avevano presa con la forza mentre tornava a casa e l'avevano rinchiusa in un furgone. Era sera inoltrata e aveva viaggiato per qualche minuto sul retro del mezzo. Aveva l'immagine di un ragazzo che le agitava un coltello sotto gli occhi e rabbrividì al pensiero che quella stessa lama era probabilmente responsabile dello squarcio sulla sua spalla. Per il resto, aveva immagini confuse che le affollavano la mente : qualcuno che la tirava giù dal furgone ghignando e insultandola, le botte ricevute dal gruppo... e non solo. Abbassò lo sguardo e lo posò con orrore sulla camicetta. Le mancava qualche bottone e non aveva più il reggiseno, mentre la gonna non era allacciata ed era molto sporca. Riuscì a tagliare la parte di corda che le legava le mani e poteva finalmente rialzarsi senza problema. Ricordare altro poteva solo farle più male di quanto non né stesse già provando, ma si era sforzata di ricomporre uno schema degli avvenimenti della sera precedente e il suo cervello era un fiume in piena che la annegava con le immagini terrificanti della violenza subita. Si vedeva a terra circondata dal branco di selvaggi, sentiva ancora il loro fiato addosso e le loro mani avide che le esploravano perversamente il corpo. Iniziò a piangere e solo così, con le lacrime che le rigavano la faccia ed i singhiozzi che si perdevano nella solitudine di quella notte, ebbe la forza di smettere di pensare, alzarsi e uscire dal bagno. Una brezza piacevole le accarezzò la pelle e lei chiuse gli occhi per godersi l'aria fresca. Sperava che il venticello potesse anche far volare via i brutti ricordi che la stavano torturando, ma sapeva che avrebbe dovuto serbarli per sempre e che avrebbe avuto incubi terribili. Quegli uomini non si rendevano conto del male che avevano fatto : ucciderla sarebbe stato un gesto più nobile che farla vivere schiacciata dal peso della memoria e marchiata a vita dai segni indelebili della molestia. Smise di piangere : ora provava una grande ira nei loro confronti, avrebbe voluto distruggere tutto ciò che la circondava e scappare. Qualche volta la fuga è l'unica soluzione : correre nella notte senza una meta poteva sgombrarle la mente. Voleva stancarsi fino a cadere sfinita e svegliarsi il giorno seguente tra le braccia di suo padre. Voleva sentirsi dire che tutto sarebbe andato bene anche se non era vero, voleva farsi una doccia per sciacquarsi di dosso le sudice impronte dei bastardi che l'avevano aggredita. Voleva, cosa più importante, avere giustizia... e non pensava alla galera.
Comprese di trovarsi in una area di servizio con una pompa di benzina e annessa zona ristoro. I bagni erano a pochi metri dal ristorante. La strada era sulla destra rispetto all'uscita della toilette e Jessie constatò con grande dispiacere che era deserta : non era una autostrada, ma una provinciale con poco flusso automobilistico. Infatti, solo il canto dei grilli e il ronzio delle lampade al neon rompevano il silenzio. Dietro all'edificio principale c'era anche un parcheggio, ma dal punto in cui era lei non poteva vedere altro che qualche posto auto vuoto illuminato da un lampione. Decise che avrebbe fatto bene ad esplorare la zona in cerca di un'automobilista di passaggio che le potesse dare aiuto, ma prima doveva fare qualcosa per la ferita. Il dolore persisteva e il bruciore era insopportabile. Si guardò intorno e per sua fortuna ( pensò che dopo quello che le era accaduto fosse difficile parlare di fortuna e scacciò questo pensiero con una risata amara ) scorse una valigetta del pronto soccorso affissa a una parete. La staccò dal muro e corse subito in bagno per bendarsi con l'ausilio dello specchio. Alle superiori aveva preso qualche lezione di salvataggio e in poco tempo fu capace di applicarsi una vistosa fasciatura alla spalla. Pensò che, se era sopravvissuta qualche ora legata con quella ferita, voleva dire che non era molto profonda e che non aveva intaccato nessuna parte vitale. C'erano persone che erano morte per molto meno ed altre che sopravvivevano a lacerazioni incredibili, e lei stava nel mezzo. Soddisfatta della bendatura, sorrise alla sua immagine riflessa nello specchio. Era una ragazza più che carina, e anche in una circostanza simile la sua bellezza traspariva sotto le ferite e lo sporco. Aveva capelli nero corvino che le cadevano lisci fin poco sotto il collo, occhi scuri e profondo con un luccichio che li illuminava ogni volta che sorrideva e un fisico atletico ma formoso che le permetteva di essere regina della pista di atletica e della pista da ballo al contempo. Avrebbe avuto ancora la forza di sorridere come un tempo? Avrebbe potuto cancellare il ricordo più brutto della sua vita tanto perfetta prima? Sperava con tutto il cuore di si' . Mente applicava l'ultima benda, senti' un rumore di passi sempre più vicini. Ebbe un sussulto e striscio' lungo la parete fino a trovarsi vicino alla porta per vedere chi stesse arrivando attraverso la fenditura nel vetro. In lontananza, illuminato dall'insegna del benzinaio, si avvicinava un uomo robusto. Con un passamontagna.
- Cavolo ragazzi. Devo pisciare ancora. - si lamento' Bob, con tono infantile. Era grande e grosso ma non era mai versmente cresciuto. Kenny era spazientito. - Possibile che tu non riesca a trattenerti? - sbotto', ricordandosi che l'amico aveva orinato poco prima. Roland assisteva alla scena sorridendo e tossendo per il fumo : aveva ceduto al vizio della sigaretta da poco e non era ancora capace di tirare a dovere. Getto' il mozzicone ancora incandescente in strada e sputo' a terra per cercare di togliere dal palato il sapore della nicotina. A breve avrebbero messo in atto il loro colpo. Tutto era stato pianificato nei minimi dettagli e Roland era la mente, Kenny il braccio e Bob... beh, lui era solo Bob. il ragazzone tanto grosso quanto stupido che si faceva trascinare dai ragazzi più svegli di lui. E che non sapeva controllare la sua maledetta vescica. Kenny si senti' in dovere di fare un piccolo discorso, come un luogotenente romano ai suoi soldati - Allora ragazzi, niente errori. Indossate i passamontagna, entriamo e arraffiamo tutto quello che c'e di valore. Non c'e mai anima viva da queste parti, se non drogati. E adesso vai in bagno, ragazzone! - concluse in tono scherzoso. Una fragorosa risata corale spezzo' la quiete.
Bob si meraviglio' del freddo che avvertiva mentre camminava. Rabbrividì ed allungo' il passo fino al bagno. Stava per aprire la porta quando qualcosa attiro' la sua attenzione. Per terra vicino alla parete c'era una valigetta del pronto soccorso aperta e coperta di sangue.
Jessie si premette una mano sulla bocca per non far sentire il suo respiro affannoso. Si era chiusa in uno dei 3 bagni e si era raccolta in posizione fetale sulla tazza così che nessuno potesse vederla dall'esterno. Attese. Stringeva ancora nella mano libera la scheggia di vetro. Bob oltrepasso' la valigetta senza preoccuparsene. Non era il tipo che correva a gambe levate di fronte a un po' di sangue : penso' che qualche drogato o un ragazzino caduto dallo skateboard si fosse medicato da solo e avesse lasciato tutto per terra. Quando si e' in una situazione simile e' facile dimenticarsi delle buone maniere. Fece qualche passo e apri' la porta. il cigolio fece aumentare a dismisura il battito cardiaco della ragazza. Lui entro' nel bagno di fianco a quello in cui era nascosta e lei vide di sfuggita il passamontagna. Era tornato, penso' . Era tornato per liberarsi del suo corpo e se fosse stata ancora viva... avrebbe finito il lavoro.
Si slaccio' i pantaloni e urino'. Il rumore dello sciacquone fu un segnale per la ragazza : apri' lentamente la porta e usci' in punta di piedi. Il vetro riluceva nella luce artificiale come una sciabola alla luna. Bob usci' fischiettando dalla toilette e prima che potesse finire il motivetto si ritrovo' la scheggia trasparente nel collo. Annaspo' tentando di allontanare la ragazza, ma le forze lo avevano abbandonato e gli occhi si stavano arrossando, iniettati di linfa cremisi. Agito' ancora per qualche attimo le braccia nell'aria come se cercasse disperatamente di aggrapparsi alla vita che lo abbandonava. - Muori bastardo - sussurro' lei. Non aveva la forza di urlare e non ne sentiva il bisogno. Credeva che troncargli la vita fosse una punizione sufficiente.
Rimase in piedi per qualche attimo con il coccio di vetro ben stretto nella mano destra. Guardava la sua vittima dimenarsi a terra e poi lo vide morire. Come un pesce appena pescato che si ritrova agonizzante sulla sabbia. Si piego' sulle gambe ed esamino' il corpo esanime : trovo' un pacchetto di sigarette frugandogli nelle tasche della giacca e qualche banconota accartocciata nel taschino della camicia. Poi vide che aveva un coltello a serramanico ripiegato in una custodia attaccata alla cintura. Era la prova che le serviva : si era vendicata.
E non era che l'inizio.
- Ma quanto impiega a pisciare?- si chiese Kenny, furioso. Roland si era acceso un'altra sigaretta e questa volta tossiva un po' meno. La pratica rende perfetto. - Cominciamo il lavoro, capo. - propose, lasciando che un cerchio di fumo gli uscisse dalla bocca. Avevano parcheggiato vicino alla pompa di benzina per avere il mezzo sottomano in caso di fuga forzata. Era anche più agevole da raggiungere con il sacco stracolmo e pesante. Si era preoccupato anche di coprire con un telo la telecamera di sorveglianza. Avevano il passamontagna ben calcato sulla faccia e Kenny aveva una pistola. Roland era invece disarmato; non aveva un buon feeling con le armi e tremava solo all'idea di ammazzare qualcuno. Era un ladro, non un assassino. Ed era anche un esperto di sistemi d'allarme : in men che non si dica disattivo' l'antifurto. Kenny prese il piede di porco e forzo' la porta. Era davvero un gioco da ragazzi, avevano pianificato tutto nei dettagli e niente poteva andare storto...
Ma qualcosa era già andato storto. Bob non tornava più dal bagno e Roland era preoccupato. Kenny stava riempiendo un grosso sacco nero di denaro, preso direttamente dalla cassa del locale. Aveva scassinato la piccola serratura e il cassetto si era aperto automaticamente con un click metallico. Le mazzette erano legate con degli elastici e prelevandole Kenny le faceva scorrere con il dito, meravigliato dal numero quasi infinito di banconote su cui poteva posare le mani. Roland aveva le braccia incrociare e faceva da palo, ma in realtà con la coda dell'occhio controllava il bagno e aspettava che l'amico si rifacesse vivo. - Dammi una mano qui - gli propose Kenny, con un accenno di impazienza nella voce. Roland si guardo' un ultima volta alle spalle e poi andò ad aiutarlo. Riempito il sacco, Kenny corse a posare la refurtiva. Ora doveva solamente mettere in moto e ripartire... non appena Bob fosse ritornato. Approfitto' dell'attesa per arraffare qualche bottiglia di superalcolici; erano molto costosi da quelle parti e l'alcool era un suo grande vizio. Roland lo vide rientrare nel locale e dirigersi al frigorifero attraverso i corridoi stretti e bui dell'area di servizio : pi? che un vero e proprio ristorante era una tavola calda con scaffali ricolmi di dolciumi, libri e DVD. Il frigo era in fondo alla stanza e Roland urlo' all'amico che forse era il caso di controllare di persona cosa stesse combinando Bob. Dal buio arrivo' la voce di Kenny, attutita dalla distanza - Va bene, roccia. Ti aspetto qua. - . Roland si allontano' in direzione del bagno. Non sarebbe mai più ritornato.
L'emicrania era diminuita di intensità, e il dolore alla spalla era sopportabile. Jessie stacco' la custodia del coltello dai pantaloni di Bob ed estrasse l'arma. Era molto più efficace del coccio di vetro, penso' divertita. Raggiunse la porta a vetri ed abbasso' la maniglia.
- Ehi, tutto bene? - chiese Roland con un tremolio nella voce. Jessie si stacco' dalla porta come se avesse preso la scossa. Il cuore le prese a battere in gola e le torno' il mal di testa. Si mise seduta con la spalle contro la parete. Girando il collo poteva vedere all'esterno attraverso il pannello infranto : c'era un altro uomo con un passamontagna che camminava verso il bagno a passo svelto. Non era armato. Lei sì. Questo era già un grande vantaggio. Fece scattare la lama del coltello e indietreggio' lentamente. - Cavolo amico, vengo li' dentro adesso - decise allora Roland. La paura nella sua voce era ancora palpabile. Era notte inoltrata ( estrasse il cellulare e vide che erano le 3. 15 ) ed erano soli in quella zona abbandonata da tutti. L'intero paese si era riversato alla festa annuale a ridere e scherzare mangiando zucchero filato e chissà quale altra diavoleria per i bambini, che correvano stringendo palloncini colorati che presto o tardi sarebbero volati via per sempre. Ma lui non si stava divertendo. Spinse la porta e questa si apri' con un cigolio. Jessie alzo' la lama sopra la testa e si preparo' ad aggiungere un altro tassello al suo puzzle di morte. Rimase ferma qualche attimo con la lama sguainata, ma non entro' nessuno. Sentiva dei passi vicini, ma non vedeva che un'ombra indistinta muoversi all'esterno. Roland aveva notato la valigetta, quella con cui lei si era medicata e che Bob aveva scavalcato con noncuranza. Vide il sangue rappreso e una benda strappata intrisa di rosso. Ebbe l'impulso di chiamare Kenny, ma l'amico era ancora dentro all'area ristoro ed era meglio lasciargli finire il lavoro al più presto, così se ne sarebbero andati in men che non si dica. Si fece coraggio, fece un grande respiro e...
Jessie aveva fatto un enorme sbaglio. Non vedendo arrivare nessuno, aveva abbassato la lama e si era avvicinata incuriosita all'entrata dei bagni. Mai abbassare la guardia, mia cara. Ma in fondo, era solo una ragazzina.
... entro'. Fu allora che vide Jessie, in piedi di fianco alla porta, che presa dal panico cerco' in modo goffo di accoltellarlo. Prima che l'arma lo sfigurasse, lui ebbe un riflesso istintivo e schivo' la lama. Il colpo era potente e la giovane barcollo' nel buio. Agito' le braccia e mantenne l'equilibrio. Roland usci' dal bagno e chiuse la porta alle sue spalle. Jessie ando' a vuoto con un altro fendente e riapri' la porta per lanciarsi all'inseguimento. C' era qualche metro da percorrere per raggiungere il furgone e lei faceva una fatica enorme a stare in piedi, figurarsi a correre scalza. La testa riprese a pulsare come un treno in corsa e la spalla bruciava sotto la fasciatura, ma doveva resistere, non poteva rischiare che lui scappasse. Non dopo ciò che le aveva fatto. - Kenny! Esci di li' ! Aiutami! - grido' Roland con il fiato spezzato dalla corsa. Jessie concluse che i criminali stessero mettendo in atto un colpo : evidentemente non erano soddisfatti dello stupro e della violenza inflittale. Erano andati come se niente fosse a rubare e avevano deciso di lasciarla legata lì a morire... ma allora quanto tempo era rimasta a dormire? La confusione che la attanagliava non era certo aiutata dal dolore fisico e dall'emicrania. I pochi ricordi che aveva si stavano sbiadendo e non era più sicura di niente. Tornò in sé scrollando il capo, pensando all'unica cosa che le doveva importare. Kenny era ancora troppo lontano per sentire Roland che invocava il suo aiuto. Jessie fece uno scatto in avanti e raggiunse il fuggitivo : anni di atletica a scuola erano serviti e le sigarette non aiutavano certo l'uomo ad essere veloce. Lui provo' a divincolassi ma senti' la lama conficcassi nella carne della schiena. Jessie gli tappo' la bocca mentre cadeva per coprire le urla strazianti con cui avrebbe allarmato il capogruppo. Estrasse il coltello e colpi' ancora. E ancora. E ancora.
Il busto di Roland si era ridotto a un ammasso di carne sanguinolenta. Jessie aveva sentito il liquido rosso passarle attraverso le dita della mano mentre lo pugnalava : per farlo tacere era stata costretta a mantenerla premuta sulla bocca della vittima anche quando questi sputava sangue misto a vomito. Quando aveva smesso di menare fendenti lui si era accasciato a terra in preda a convulsioni terribili.
Kenny alzo' la testa dal frigo in cui stava prelevando una bottiglia di scotch. Gli pareva di avere sentito qualcuno urlare.
Jessie ricordava che i molestatori erano 3 e se non si sbagliava era oramai prossima al completamento del lavoro. Mancava solo Kenny. Constato' con grande dispiacere che Roland era disarmato; il coltello le sarebbe dovuto bastare. Temeva pero' che l'ultimo rimasto fosse armato ed ebbe paura. Era stata fredda come un esperto assassino e aveva lottato contro i postumi della violenza per non soccombere agli aggressori. Non poteva arrendersi adesso. Guardo' la luna alta nel cielo che si posava sul cadavere. I suoi occhi erano sbarrati e la bocca aperta gocciolava ancora sangue fresco. - Cosa cazzo state combinando laggiù ? - chiese Kenny. Era sull'uscio dell'area di ristoro e reggeva in mano la bottiglia. Jessie smise di guardarsi in giro e torno' a concentrarsi sul suo obiettivo.
Anche se non era molto vicino e la luce del lampione non era che un bagliore leggero, kenny scorse il cadavere dell'amico, con gli occhi rovesciati e bianchi. Vedeva il sangue ovunque e la marea di coltellate che avevano dilaniato il suo tronco. La bottiglia che stringeva gli scivolò di mano e si infranse con un ticchettio di vetri infranti. Il liquido si sparse sull'asfalto e lo avvertiva scorrere sotto le sue scarpe. - Ma che caz... - riuscì solo a mugugnare. Tremava, ma non per il freddo. Poi il suo sguardo fu attirato da una figura che si muoveva a grandi passi verso di lui. Era Jessie che stringeva un coltello e lo rivolgeva verso il ladro. Lui non esitò e asciugandosi il sudore con la manica le intimò di non avvicinarsi. Lei però lo ignorò. Non poteva sentire le sue parole, non sentiva niente che non fossero i suoi passi svelti. Guardò il coltello con un sorriso inquietante stampato sulla faccia; non aveva più paura di niente. L'adrenalina le scorreva nelle vene ed attutiva ogni dolore che altrimenti l'avrebbe immobilizzata. Kenny allora estrasse la pistola e stese le braccia davanti a sé per vedere la ragazza attraverso il mirino. Poi fece scattare la leva posta appena sopra il calcio dell'arma per caricarla. Un click lo avvertì che adesso era pronta a fare fuoco. Jessie non si fermava ed anzi proseguiva ancora più sicura di sé. Ancora qualche passo e... il rumore della pistola caricata la fece rinvenire. Si bloccò all'istante e richiuse la lama del coltello. Si vedeva vicina alla morte e non voleva fallire la sua vendetta proprio adesso. Kenny era convinto di averla in pugno. - Chi saresti tu? - chiese poi il criminale. - Lei dovette contenere un moto d'ira. Meglio non insultare un uomo armato, anche se era così sfacciato da chiederle chi fosse dopo averla seviziata. Cercava di arrampicarsi sugli specchi per evitare di essere scoperto. - Dovresti sapere bene chi sono. I tuoi amici sono già morti, ma tu li raggiungerai presto. Non avreste dovuto aggredirmi, non sapete il male che ho subito. Non avete nemmeno avuto la decenza di finirmi subito. - Parlava con coraggio, sicura che lui non le avrebbe sparato se si fosse mantenuta a distanza. Poi le venne in mente che non aveva più al collo il ciondolo con la foto dello zio morto giovane qualche anno prima, a cui era molto affezionata. - Bastardo! - urlò allora senza contenersi - riconsegnami la collana! Almeno quella, per Dio. Può sembrarti inutile, ma significa molto per me. Ti prego. - Dal tono furioso usato prima passò a uno più pacato. Era un ricordo troppo importante per lasciarlo nelle sudice mani dello stupratore. Lui disse di non conoscerla e di non avere mai visto quella collanina. - È impossibile che tu non la ricordi. È d'oro con dentro una foto. All'esterno ha inciso le iniziali C e F in oro rosso e bianco. Voglio riaverlo, se devo morire voglio stringerlo tra le mie mani. Non mi è rimasto niente a cui attaccarmi, non ho più la dignità e tutti mi guarderanno come se fossi io colpevole. Ho la vita rovinata e ti chiedo solo questo. Il ladro non fece una piega, ma era quasi commosso. Non poteva restare indifferente a un racconto simile. Eppure non parlò e non le restituì il ciondolo. Rimaneva in piedi con la pistola davanti agli occhi e Jessie rinunciò al proposito. Ora aveva solo bisogno di riflettere un po'. Non si sarebbe arresa e non si sarebbe lanciata con moto suicida verso il ladro : doveva pensare a una soluzione efficace... e la trovò
Kenny continuava a ribadire di non averla mai vista e che non era giusto che li punisse con la morte per così poco. Pensava che rubare fosse un crimine da punire con la galera. Lei era davvero spazientita ma aveva in testa un piano e non poteva metterlo a repentaglio per cedere alle provocazioni. In verità, lui pareva sincero quando parlava ; era bravo a mascherare la verità. Lei si chinò sul corpo di Roland per prendere dalla sua tasca l'accendino. Si chinò sulle gambe e lo infilò nella tasca della gonna. Non si preoccupava di essere vista e non ne aveva motivo. Iniziò a spostarsi lateralmente finchè non raggiunse la pompa di benzina, una pompa self - service aperta 24 ore su 24. Non poteva servirsi della benzina lì contenuta, ma c'era una tanica piena appena dietro il distributore e lei la avvicinò con il piede per averla sottomano. Kenny monitorava ogni sua azione e la teneva sottotiro, adesso più confuso che terrorizzato. Non capiva cosa stesse architettando. Lei non smetteva di parlare e di confonderlo con le sue lamentele. La pressione psicologica impediva a Kenny di ragionare a dovere. Poi ebbe la lucidità di capire che lei avrebbe incendiato tutto, non era difficile da capire ; ma perché agiva con lentezza e senza nascondersi? Avrebbe potuto sparare e ucciderla in ogni momento. Posizionò l'indice sul grilletto ipersensibile della magnum e attese di avere Jessie ben al centro del mirino. Non voleva sbagliare il colpo. Lei capiva che non c'era più tempo per scherzare. - Spara pure. Moriremo insieme. - Kenny pensava che lei volesse intimidirlo, ma non era così. - Se infatti premerai il grilletto, dovrai fare attenzione. Se il colpo sarà fuori bersaglio, colpirai la pompa e salteremo in aria. Sicuro di avere la freddezza per farlo? - . No, pensò lui con tristezza, non sono freddo abbastanza. Non era un tiratore scelto e non voleva suicidarsi facendo scoppiare l'intera area. Aveva le mani legate. Doveva stare al gioco e sperare di vivere ancora dopo quella serata.
Jessie alzò l'accendino per mostrarlo all'uomo di fronte a lei. Poi aprì la tanica e ne rovesciò il contenuto contro il furgone parcheggiato lì vicino : la benzina si infiltrò attraverso il finestrino aperto ed impregnò gli interni. Conservò parte del contenuto ed iniziò ad avvicinarsi a Kenny lasciando che parte del liquido cadesse, delineando una striscia sul terreno. Era una lunga miccia, perché se avesse fatto precipitare su di essa l'accendino in breve tempo il fuco avrebbe raggiunto il furgone e il motore sarebbe saltato in aria. Kenny lo sapeva e si sentiva sconfitto. Cosa poteva fare adesso? Qualsiasi azione lo avrebbe condotto alla morte : poteva restare immobile e aspettare che il coltello gli lambisse la gola, oppure sparare e vedere un muro di fuoco abbrustolirlo. Nel frattempo Jessie era davvero vicina e non c'era tempo per ragionare; piuttosto che farsi ammazzare come un cane dalla lama preferiva rischiare, sparando alla giovane. Urlò e premette il grilletto.
I ragazzi che avevano rapito Jessie mentre passeggiava lungo il ciglio della provinciale non erano ladri e non si trovavano alla stazione di servizio quella notte. Erano solo passati di li' qualche ora prima. Erano 3 ragazzoni di periferia che si erano immischiati in qualcosa di più grande di loro. Erano ubriachi e passavano da quella strada poco dopo l'ora di cena, dopo il tramonto. La strada era deserta. Avevano la radio a palla e sfrecciavano a 139 km orari dove il limite era 60. Uno di loro, Gordon, aveva visto Jessie che camminava da sola. Era splendida e lui lo aveva notato. Il guidatore aveva rallentato e abbassato il finestrino. Iniziarono a riempirla di complimenti e apprezzamenti per convincerla a salire, ammiccando e ridendo tra loro. Lei aveva cercato di ignorarli, aveva accelerato il passo e cercava con lo sguardo l'incrocio più vicino per darsela a gambe, ma loro non mollavano e iniziarono a insultatore e ad alterassi di fronte alla sua indifferenza. Gordon allora scese e la afferro' da dietro, ponendole una mano sulla bocca per farla tacere. Poi la butto' nel retro del furgone e la tenne ferma mentre il mezzo riprendeva velocità e si dirigeva verso il parco. Erano le 12 e sulle panchine c'era solo qualche ragazzino che fumava. Quando videro il furgone e la ragazza schiaffeggiata e derisa, decisero che era meglio cambiare aria e non immischiarsi. Uno di loro faceva un ultimo tiro mentre i 3 balordi spogliavano e violentavano una giovane la cui unica colpa era essere maledettamente carina.
Nel retro del veicoli avevano materiale da cantiere ( il ragazzo alla guida si chiamava Gerald ed era un muratore ) e trovarono una corda spessa con cui legare la ragazza. Lei era piena di graffi e sporca di terra, seminuda. Gemeva e rabbrividiva. Gordon propose di ucciderla : Gerald non era d'accordo perché non voleva finire ancora in galera. A ben pensarci pero' , fece notare Andrew, se lei avesse parlato sarebbero stati arrestati lo stesso. Mettendola a tacere per sempre c'era la remota speranza di passarla liscia. Gordon prese allora un grosso coltello dal retro e inizio' a passarlo lentamente sul collo della giovane, che sentiva la lama fredda accarezzarle morbosamente la pelle. In un raptus di follia, il ragazzo affondo' la lama nella spalla e la trascino' fino al collo. - Fermati, per Dio - sbraito' Andrew. Gordon poggio' sul sedile l'arma; era come se si fosse riavuto da uno stato di trance. - Ho una idea, fratelli - proruppe Andrew con entusiasmo. La sua idea era questa : considerando che avevano ancora un po' di coca appena acquistata, potevano farla sniffare alla ragazza e farle bere qualcosa per stordirla e farla addormentare. Poi potevano lasciarla li' e scappare. Nessuno ebbe niente da obiettare riguardo alla droga e all'alcool ma Gerard non voleva lasciare la ragazza nel parco : qualche ragazzino impiccione avrebbe potuto identificare il furgone ( c'era una grande scritta adesiva sul retro non difficile da ricordare ) e parlare alla mamma o peggio ancora alla polizia. Si decise infine di legare Jessie e la forzarono ad inalare la droga minacciandola con il coltello. Sanguinava ma non abbastanza da restarci secca. Avrebbero guidato per qualche metro e avrebbero pensato a dove lasciarla. Gerard si ricordo' che un suo amico pusher li aspettava per un affare a una stazione di servizio poco distante. L'appuntamento era per le 12. 30, poco dopo l'orario di chiusura. Il proprietario della pompa di benzina avrebbe chiuso il bar-ristorante e sarebbe sparito nella notte in sella alla sua harley. Quando passarono davanti alla stazione di servizio il loro amico era già davanti ai bagni esterni ad aspettarli. Sfruttavano il fatto che la porta in vetro fosse rotta per entrare e negoziare senza essere visti. In verita', quella sera non c'era anima viva : a pochi km dal paese c'era una grande festa popolare in campagna, con balli tradizionali e fuochi d'artificio finali. Tutti erano li'. O quasi.
Mentre Andrew chiudeva la trattativa per alcune buste di pasticche, gli venne l'idea che forse avrebbero potuto lasciare Jessie li' , legata e in stato di dormiveglia. Al mattino si sarebbe svegliata col mal si testa e avrebbe dimenticato tutto. Andrew propose addirittura di slegarla, ma Gerard intimo' prudenza : se si fosse svegliata durante la notte sarebbe potuta correre dalla polizia con la mente fresca e mettergli il bastone fra le ruote. Doveva rimanere bloccata li' abbastanza a lungo. - Non hai capito, amico. Se la sleghiamo si sveglierà e penserà di avere bevuto troppo e tornerà a casa facendosi una risata. Nessun problema. Gerard sembro' ragionare sulle sue parole. Gordon ripensava al taglio che aveva procurato sul suo collo : se anche si fosse svegliata credendo di avere solo passato una notte brava, come si sarebbe spiegata le ferite e lo sporco? E per di più si era ricordato solo allora di avere stupidamente lasciato il reggiseno sul prato del parco... Gerard e Andrew compresero la sua posizione e i rischi che correvano tutti per la loro azione. - Va bene, ragazzi. Lasciamola legata e speriamo che non ricordi niente. D'altronde e' imbottita di droga e non potrà identificarci. Legandola siamo sicuri almeno che starà qui abbastanza a lungo da dimenticarsi anche il suo stesso nome. - Furono finalmente tutti d'accordo. Non appena lo spacciatore si fu allontanato misero la roba nel furgone e tirarono giù Jessie. Andrew si era assicurato che non ci fosse una telecamera di sorveglianza ( l'unica in zona era installata a protezione del ristorante ) e dopo il suo cenno di via libera portarono la vittima nel bagno. La appoggiarono alla parete e spensero la luce. - Buonanotte, mia cara. - le sussurro' Gerard. Risero e montarono in auto. Nel giro di 3 ore si sarebbe svegliata.
L'esplosione fu terrificante. Un ragazzino che stava sorseggiando una coca mentre scherzava con una amichetta alla festa di paese vide il fuoco alzarsi nel buio della notte e lo indicò agli altri presenti. Gli adulti espressero il loro disappunto con un brusio generale di sorpresa. La polizia si precipitò sul posto. L'agente in servizio non poteva credere di avere finalmente un caso di cui occuparsi e chiamò con la ricetrasmittente le pattuglie dei paesi vicini per avere rinforzi. I pompieri e una ambulanza seguivano a ruota la volante che procedeva con le sirene assordanti accese. Giunti sul posto, la scena era raccapricciante
Cominciarono a transennare la zona con il nastro rosso e bianco ed allontanavano i numerosi curiosi lì accorsi reggendo ancora in mano orsetti e dolci provenienti dalla festa. Era stupefacente come bramassero la vista di morti e feriti, per rilasciare qualche intervista alla televisione locale o per raccontare agli amici ciò che avevano visto, con un enfasi morbosa. Si cercò di tracciare un quadro dell'accaduto : c'erano segni di scassinamento e dunque era stato compiuto un furto alla stazione di servizio, ma qualcosa doveva essere andato storto ed erano morti nell'esplosione. C'era un furgone annerito dal fuoco, il cui motore era esploso. Fin qui il caso pareva facile da inquadrare, ma c'erano elementi che insospettivano le autorità. Un cadavere fu rinvenuto nel bagno esterno, e quando furono riusciti ad estinguere l'incendio completamente trovarono un corpo martoriato da profonde coltellate e una ragazza carbonizzata che stringeva ancora un coltello a serramanico. Sorrideva. Vicino a lei c'era una tanica di benzina e una striscia bruciata la collegava al distributore. Ma cosa diavolo era successo?
La polizia stava raccogliendo campioni da analizzare e si preparava a levare le tende quando una agente sentì qualcosa cadere dall'interno dell'area ristoro. Estrasse l'arma di ordinanza e chiese chi ci fosse lì dentro, ma invano. Poi vide un uomo che si trascinava a fatica sulle gambe, con ustioni superficiali sulle gambe ma niente di serio. Era stato davvero fortunato a sopravvivere al disastro. - Vi... prego. Aiutatemi. - biascicò Kenny. Qualche minuto dopo era a bordo di una ambulanza che lo portò all'ospedale del paese, dal quale fu dimesso all'alba per ferite poco rilevanti. Era un miracolo, aveva detto il medico, che il suo corpo avesse reagito tanto bene al mantello di fiamme che lo aveva avvolto, ma probabilmente il corpo di Jessie lo aveva protetto; lei aveva tentato di ucciderlo e lui aveva sparato quando la giovane gli era addosso. Ricordava la lama gelida che gli sfiorava il collo e aveva avuto la sensazione di morire, ma poi tutto era saltato in aria e non ricordava niente di più. Sapeva solo di essere scampato a una morte terribile, e si ripromise di non rubare mai più. Se quella serata era stata un monito per redimerlo dalla sua vita peccaminosa, aveva funzionato. Ma era stato sincero quando aveva detto di non avere mai conosciuto quella giovane e gli dispiaceva veramente per il dolore da lei patito... non capiva ancora cosa fosse accaduto e sperava che le indagini facessero luce sull'equivoco letale di cui era stato vittima. Ripensava anche a Bob e Roland e alla loro morte ingiusta. Uscito dall'ospedale salì in macchina e ritornò a casa, finalmente. Aprì la porta di casa e riabbracciò sua madre.
-Tesoro, ero in pensiero. Ma dov'eri? - le chiese lei tra le lacrime. Lui la stringeva e avrebbe voluto chiederle scusa per tutte le cattive azioni che l'avevano fatta stare così male. Voleva confessare i crimini ed ottenere il suo perdono. Ma non ebbe il coraggio di dire niente. L'abbraccio era più importante di ogni parola. - Tuo fratello era preoccupato. - aggiunse lei. Lui si staccò dal suo corpo e la fissò. Sapeva benissimo che non erano in buoni rapporti, eppure si ostinava a cercare di riappacificarli. Lui evitò di discutere perché non voleva guai, dopo ciò che aveva passato. Le sorrise e si diresse verso la propria stanza. Passò davanti alla porta della stanza del fratello Gordon e vide che la porta era socchiusa. Lui dormiva ancora con il torso nudo parzialmente coperto dal lenzuolo. Fu allora che lo vide e, con estremo ribrezzo, fu tutto chiaro.
Il ciondolo con le lettere C ed F incise sul guscio dorato era appoggiato al comodino di Gordon e la catena pendeva verso il pavimento. Cosa aveva fatto il fratello? Possibile che avesse violentato una giovane? Possibile che l'avesse abbandonata in un bagno ancora ferita e che fosse scappato senza scrupoli? Kenny andò in cucina senza dire una parola e prese un coltello di grossa taglia. Lo infilò nella cintura e lo coprì con la maglietta; poi ritornò in salone come se niente fosse. Sua madre gli chiese se avesse qualcosa da chiederle e lui rispose che in effetti c'era qualcosa. Gli chiese quando Gordon fosse ritornato a casa la sera prima e lei rispose che era arrivato poco prima che lui uscisse con gli amici. Dunque era rincasato intorno all 1. 30 ed i conti tornavano. Aveva abusato di quella giovane innocente, Jessie ( aveva sentito il nome pronunciato da un agente il giorno prima ), e poi l'aveva lasciata a morire in quella stazione di servizio. Si congedò dalla madre e raggiunse la stanza di Andrew. Aprì la porta ed estrasse il coltello. -Per te, Jessie- sussurrò nel silenzio. Ci avrebbe pensato lui a placare la sua sete di sangue.
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- ciao a tutti, sono l'autore di questo racconto. Che lo abbiate apprezzato o meno, sarei felice di avere pareri al riguardo. Grazie !
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